martedì 8 febbraio 2022

Sotto il segno della pecora

Titolo
: Nel segno della pecora // Sotto il segno della pecora
Autore: Haruki Murakami
Editore: Einaudi
Genere: narrativa
Pagine: 298

La trama in breve:
"In una semplicissima newsletter, un giovane agente pubblicitario inserisce la fotografia, in apparenza banale, di un gregge: uno degli animali, una pecora bianca con una macchia color caffè sulla schiena, suscita tuttavia l'interesse di un inquietante uomo vestito di nero, stretto collaboratore del Maestro, un politico molto potente i cui esordi si perdono nel torbido passato coloniale giapponese. Al giovanotto viene affidato l'incarico - ma si tratta in sostanza di un ordine - di ritrovare proprio quella pecora: unico indizio, la foto in questione, ricevuta per posta dal Sorcio, un amico scomparso da anni. Accompagnato da una ragazza con le orecchie bellissime e dotata di poteri sovrannaturali, attraverserà tutto il Giappone sino a raggiungere la gelida regione dello Hokkaido, vivendo una vicenda mirabolante e al tempo stesso realistica nella descrizione di luoghi e circostanze.  (fonte ibs)

Il mio commento:
Ho letto questo libro per curiosità in quanto, sinora, non avevo mai letto un romanzo di alcun autore giapponese. Di manga e testi ispirati o relativi a fumetti e manga ne ho letti molti (e tuttora persevero, anche se con tempistiche e quantitativi ridotti...), ma di romanzi no.
Motivo per cui, avendo avuto l'occasione, ho provato a cimentarmi nella lettura di questo testo, non per particolare conoscenza o raccomandazione ma perché la sinossi mi pareva interessante. Inoltre, googlando, avevo anche appurato che Murakami è considerato un valido autore.
Indubbiamente sa scrivere e ha una buona prosa, efficace e capace di rendere bene sia le situazioni che i paesaggi ma capace anche di gestire molto bene i dialoghi tra i suoi personaggi. Però...mi aspettavo qualcosa di diverso.
La storia proposta viaggia tra alti e bassi, per i miei gusti, con momenti più attivi e altri più monotoni. Ma è un effetto voluto, considerando sia la personalità giapponese sia il fatto che aspetti quali la solitudine e la routine sono tematiche tipiche di Murakami, da quel che ho capito.
In cuor mio speravo in un testo un po' più brioso e vivace, più pulp, anche per via di certi dialoghi e per la piega che, all'inizio, stavano prendendo le vicende. Invece nel complesso l'atmosfera non è delle più felici e, anzi, insiste molto sulle routine e sul rendicontare le azioni fatte, sulla meccanicità del vivere. Forse anche per creare un certo parallelo verso la vita del gregge o degli ovini... 
Nemmeno l'epilogo è particolarmente solare, anzi, mi ha lasciato spiaciuto per il protagonista. 
Mi ha lasciato anche un po' stranito, a metabolizzare la solitudine e la tristezza provata dal personaggio centrale del libro, nonché voce narrante, che, alla fine, conclusa la "missione" e il suo viaggio può finalmente concentrarsi su se stesso e liberarsi e sfogare i propri sentimenti. Anche perché, di fatto, pur con la sua verve e il suo cinismo, il protagonista non se la passa poi benissimo. In un certo senso avrebbe anche guadagnato una certa somma, con la quale magari sistemarsi e viver felice, ma dall'altro lato è ben consapevole che non sono i soldi a determinare la propria realizzazione. Nemmeno per un uomo poco più che trentenne come lui, sebbene ogni tanto venga da pensare che sia ben più vecchio, ma forse è anche l'effetto dovuto al fatto che non siamo di fronte a un testo recente bensì a un romanzo del 1982. 
Il protagonista - e mi scuso se ripeto in continuazione questo termine - per altro non ha manco un nome, come non ce l'hanno gli altri personaggi del romanzo, siano essi persone comuni siano esse persone "surreali", come il professore delle pecore o l'uomo pecora che compare negli ultimi capitoli del libro e che parlaamodosuoovveroconparoletutteattaccate. E che non si sa bene se sia proprio reale o meno, d'altra parte non c'è proprio interesse a voler tratteggiare confini ben marcati tra ciò che è reale e ordinario da ciò che non lo è. Ogni cosa viene accettata e vissuta per come si presenta e si offre, sia questo un edificio fatiscente o la bellezza sovrannaturale che irradia la ragazza del protagonista quando rivela le proprie orecchie, quasi sempre nascoste dai capelli.
Un altro aspetto particolare è anche il viaggio in sé che viene compiuto alla ricerca di quella benedetta pecora, che porta il protagonista dalla città ad un eremo abbandonato tra i monti, dove solo le (banali) azioni quotidiane sembrano dare un senso all'esistenza e al trascorrere del tempo. Un forte contrasto con le abitudini metropolitane che portano alla frenesia e all'annullamento dell'individuo nella massa. Anche se, come un po' ci insegna Shining, non sono così convinto che la solitudine faccia poi molto bene alla sanità mentale delle persone. Soprattutto se stanno affrontando un momento difficile e, causa condizioni climatiche avverse, rimangono isolate nel nulla.
Per cui ecco, il testo offre vari spunti, sa coinvolgere il lettore offrendo, come già detto, sia situazioni ordinarie sia dinamiche più surreali e talvolta oniriche, che ognuno può interpretare come meglio crede o sente. La stessa "pecora", animale mite ma che al contempo può ossessionare, condizionare o elargire strane capacità, può rappresentare qualcosa di diverso per ciascuno. O forse non rappresenta nulla, chi lo sa, e magari sono solo i personaggi ad avere qualche rotella fuori posto o a voler vedere significati nascosti dietro ad eventi spiegabili anche diversamente rispetto alla possessione di uno spirito ovino. E personalmente, nemmeno io ho ben deciso cosa possa rappresentare o se il viaggio compiuto dal protagonista gli abbia fatto realmente bene o no. Di certo, a modo suo, è stato dirompente e ha permesso di mettersi nuovamente in gioco, portandolo a fare i conti soprattutto con la solitudine che, volente o nolente, gli è compagna e che non necessariamente è un male ma una delle tante sfaccettature dell'esistenza.

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