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domenica 6 settembre 2020

Tao - La legge universale della natura

Titolo
: Tao - La legge universale della natura
Autore: Silvia Canevaro
Editore: KeyBook
Genere: divulgativo, saggio
Pagine: 95

Descrizione:
Il Tao è un'astrazione metafisica che indica la legge universale della natura. In tal senso esso è indicibile, ineffabile e indeterminato e può essere spiegato solo allusivamente.
Il termine Tao che letteralmente significa la "Via" o il "Sentiero" e si pronuncia Dao è uno dei concetti fondamentali della tradizione culturale, filosofica e religiosa cinese.
Secondo la filosofia taoista, l'uomo si deve lasciare trasportare dalla corrente indicata dal Tao indispensabile per sviluppare le proprie qualità innate e compiere così la missione della propria esistenza.
Va da sé che la religione e la filosofia taoista attribuiscono massimo valore alla vita individuale.
L'uomo percorre il sentiero cercando di equilibrare i due princi dinamici fondamentali del Tao: lo Yin (il polo negativo, collegato alla femminilità, alla passività, al freddo e all'oscurità) e lo Yang (il polo positivo, collegato alla mascolinità, al movimento, al calore e alla luce).  (fonte macrolibrarsi)


Il mio commento:
Avevo adocchiato questo libro in una chat quindi, incuriosito, l'ho recuperato e letto in pochi giorni.
Non si tratta infatti di un testo corposo né pesante tuttavia risulta interessante e accattivante nel suo presentare concetti legati al Tao, al taoismo e alla cultura cinese. La presenza di focus di approfondimento e l'organizzazione per aree tematiche, che coprono ambiti quali il benessere, la meditazione, le arti marziali, l'ecologia, l'alimentazione, la sessualità, il management, l'economia permette di farsi un'idea generale su concetti che magari ci sono vagamente noti e che vengono analizzati anche in ottica taoista, ovvero con rimandi alla ricerca di un equilibrio e a una profondità universale ben lontane dalle logiche e dall'artificiosità frutto frutto dell'azione umana. 
Non ci sono velleità di imporre o propinare verità al lettore: si avverte l'intento di insegnare e di condividere, ma in modo rispettoso e sereno. 

lunedì 31 agosto 2020

The Sword Polisher's Record: The Way of Kung-Fu

Titolo:
 The Sword Polisher's Record: The Way of Kung-Fu
Autore: Adam Hsu
Editore: Tuttle Publishing
Genere: arti marziali
Pagine: 204

Il mio commento:
Questo libro raccoglie gli articoli in lingua inglese scritti dal maestro Adam Hsu e pubblicati con cadenza mensile in alcune riviste di kung fu (ad esempio Black belt) con l'intenzione di ripristinare e chiarire da fraintendimenti e derive quelli che sono i principi e lo spirito originario del kung fu 功夫, inteso come pratica marziale per acquisire abilità e ottenere il miglioramento di sé. Per riferirsi all'arte marziale di per sè sarebbe infatti preferibile il termine wu shu 武术, tuttavia, soprattutto nel contesto occidentale, il termine kung fu viene quasi sempre usato come sinonimo di wushu.
L'idea del pulire la spada, ripresa sia nella copertina che all'inizio di ogni macro sessione rende bene l'idea dell'opera e del suo intento, che mira a prendersi cura di uno strumento elegante e nobile, ma anche pericoloso e letale, per ridonargli splendore e pulirlo da impurità e difetti.
La lettura di questo testo, che mi è stato regalato da un amico, si è rivelata decisamente interessante e scorrevole: mi sento di consigliarvela, a patto che abbiate interesse per l'argomento marziale o per la cultura cinese. 
L'organizzazione in brevi capitoli, ovvero gli articoli a cui accennavo poc'anzi, senza dubbio facilità la fruizione del libro e ne permette una lettura a puntate: non c'è infatti una trama che si sviluppa man mano né si tratta di una biografia o di un saggio su di un unico argomento, ma da una raccolta di riflessioni e approfondimenti che riguardano diversi aspetti dell'ambito marziale cinese. Si comincia quindi con brani dedicati alle origini delle arti marziali cinesi, allo scopo di quest'ultime e alla loro contestualizzazione nel mondo moderno. Si continua con riferimenti alle differenze tra stili interni ed esterni e alcuni miti legati al wushu. Quindi si procede con articoli legati allo studio delle forme tradizionali (taolu 套路), all'allenamento fisico e mentale che deve procedere di pari passo, al rapporto maestro e allievi fino ai pezzi conclusivi dedicati al futuro del wushu.
Probabilmente il libro può essere utile e risultare interessante anche a chi non è necessariamente coinvolto nelle arti marziali cinesi (a patto di conoscere l'inglese...), tuttavia è innegabile che il pubblico di riferimento sia proprio quello della totalità di praticanti che, a livello internazionale, fuori dai confini cinesi, si dedicano al kung fu in generale e che potrebbero non essere così allineati su concetti e modi di approcciare quest'arte.

venerdì 28 febbraio 2020

Vincere senza combattere

Titolo: Vincere senza combattere
Sottotitolo:  Da Sun Tzu ai 36 stratagemmi: l'arte della strategia secondo l'antico pensiero cinese
Autore: Pierre Fayard
Editore: Ponte Delle Grazie
Genere: saggio
Pagine: 188

La trama in breve:
Capacità di analizzare situazioni e contesti, uso dell'astuzia e della creatività, decifrazione dei segnali che annunciano il cambiamento, attenzione a non sprecare energie e ricerca dell'armonia: queste le doti dello stratega come emergono da due grandi libri sapienziali cinesi, «L'arte della guerra» di Sun Tzu e «I 36 stratagemmi». Fedele all'essenza profondamente pragmatica dell'antico pensiero cinese, Pierre Fayard ha scritto questo libro con il proposito di rendere espliciti all'orecchio e alla mente di noi occidentali i contenuti originariamente espressi in formule poetiche e metaforiche, creando così un ponte tra mentalità orientale e sensibilità occidentale. Utilizzando storie esemplari, antiche o modernissime, lontanissime vicine alla nostra quotidianità, questo libro spiega, chiarisce, approfondisce le massime alle quali sempre più, nel nostro mondo complesso e globalizzato, si ispirano coloro che vogliono coglierne le sfide, nelle decisioni che riguardano la propria vita di tutti giorni, o che hanno a che fare con i massimi sistemi della politica e dell'economia. (fonte www.libraccio.it)

Il mio commento: 
Approfittando di un po' di tempo libero, son riuscito a completare la lettura di questo testo acquistato tempo fa su Libraccio, un testo che mi interessava dal punto di vista dello studio della cultura orientale anche nell'ambito delle arti marziali. Oltre che per quel riferimento ai 36 stratagemmi, argomento che Alessandro, amico e maestro di Qi Xing Tang Lang Quan presso la Kyu Shin Ryu, più volte ha citato negli ultimi anni.
Stando alle premesse della quarta di copertina mi aspettavo un testo molto più articolato, lungo e complesso di quello che mi son ritrovato per le mani, senza contare che dei 36 stratagemmi in realtà ne cita solo una parte, ovvero 25, per scelta dell'autore. Almeno, così è nell'edizione che ho recuperato io, non l'ultima.
Dopo una prima parte dedicata a chiarire aspetti legati a strategia, saggezza, astuzia, cultura occidentale e orientale, l'autore propone riflessioni ed esempi legati ai vari stratagemmi proposti.
Si concentra, in realtà, solo sui primi 4 macro-blocchi - gli stratagemmi in situazioni di dominio (battaglie già vinte), gli stratagemmi sul filo del rasoio (battaglie indecise), stratagemmi d'attacco, stratagemmi degli estremi rimedi (battaglie dalle molteplici possibilità) - e infine sullo stratagemma per eccellenza, ossia la fuga. Da non intendersi come vigliaccheria, sia chiaro, ma come occasione di rinascita e di ripartenza: ostinarsi di fronte a una situazione non porta a nulla, meglio quindi conservare le forze, attendere tempi migliori e affidarsi alla creatività per gettare le basi per una futura occasione di vittoria. 
Il libro, sia per stile per che per impostazione e registro, non risulta pesante o noioso, anzi si legge più che volentieri e mantiene un tono piuttosto discorsivo e non prolisso. Ho trovato interessante il modo in cui l'autore si è soffermato su ciascuno degli argomenti proponendo storie, applicazioni ed esempi generali che un po' si rifanno (suppongo) ai testi originali un po' a dinamiche di vita attuale. Ci sono casi legati alla politica, all'economia, alla "natura" (se così si può dire), e questo è molto utile e interessante per il lettore che riesce a rimappare quanto proposto in un contesto a lui vicino e con risvolti ben comprensibili. 

domenica 8 settembre 2019

Parliamo di Tang Lang Quan

Ne approfitto questa volta per proporvi un video dedicato alle arti marziali, nello specifico si tratta di un video realizzato in Cina, presso il monastero Hua Yan a Laoshan, dal maestro Angelo D'Aria e dal maestro Federico Andrenacci:


Probabilmente non tutti conoscono il Tang Lang Quan (螳螂拳 - Boxe della mantide religiosa), tuttavia credo che questo video possa risultare interessante e affascinante sia per quanti sono appassionati di Oriente, sia per i praticanti di arti marziali sia per quanti, complice il periodo, magari si stanno guardando attorno alla ricerca di sport, discipline, attività da praticare nel tempo libero e che, mossi dalla curiosità, potrebbero voler concedere una possibilità anche al Tang Lang Quan. 
Non ho mai ben compreso fino in fondo il motivo ma, spesso, le arti marziali vengono praticamente ignorate da chi è alla ricerca, appunto, di qualche attività da praticare: vuoi per poca conoscenza delle stesse, vuoi perché si pensa a queste discipline come a qualcosa esclusivamente per giovanissimi, vuoi per pigrizia, vuoi perché si immaginano allenamenti in stile "Matrix".... invece, rappresentano una proposta molto valida e interessante per tutte le età e alla portata di molti, con innegabili benefici per il proprio benessere psico-fisico.
Se poi si considera che sul territorio nazionale sono molte le scuole che propongono corsi di arti marziali di varia natura - karate, jiu jistu, aikido, wing chun, shaolin ... - perché non provare quanto meno ad informarsi o assistere a qualche lezione? ^_^
Tra queste, probabilmente, quelle che propongono uno degli stili di Tang Lang Quan (Qi Xing Tang Lang Quan, Mei Hua Tang Lang Quan, Liu He Tang Lang Quan...) sono un po' meno diffuse e note tuttavia non meno valide o ricche in termini di proposte e di materiale con cui confrontarsi per una crescita sia dal punto di vista fisico ma anche dal punto di vista culturale, mentale e spirituale.
Pertanto, colgo l'occasione con questo post, per segnalare le scuole distribuite sul territorio italiano che fanno riferimento al maestro Angelo D'Aria e che, se interessati, potete provare a contattare: link
In particolare, su territorio padovano, segnalo l'associazione sportiva dilettantistica Kyu Shin Ryu che propone corsi di Qi Xing Tang Lang Quan presso Camposampiero (PD)

domenica 4 agosto 2013

..:: Viaggio a Qingdao, Cina (5) ::..

Ebbene, l'ultimo post relativa al mio viaggio in Cina risale a più di un mese fa, eppure non rappresentava la conclusione del mio resoconto. Già, perchè in fondo avevo sparlato di cosa avevo visto, di cosa avevo mangiato e delle persone conosciute ma, fondamentalmente, al di là dei meri aspetti turistici, mancava ancora il punto focale, i motivi per i quali è stato intrapreso il viaggio.

Kung fu: allenamento, esperienze e un po' di storia
L'esperienza vissuta a Qingdao ha avuto per lo più lo scopo di permetterci di recarci a conoscere le origini della nostra scuola, ripercorrendo in parte le orme che già a suo tempo il maestro Angelo D'Aria ha più e più volte percorso negli anni.
Ecco allora che siamo stati ospiti nella palestra del maestro Chen Le Ping per apprendere, sotto la sua supervisione, nuove taolu (forme, sequenze codificate di movimenti concatenati) e allenarci nella pratica del kung fu insieme ai suoi allievi. E in un certo senso, tramite il maestro D'Aria, anche noi siamo suoi allievi se non "nipoti marziali".
Qui infatti il rispetto della tradizione e della gerarchia è stato mantenuto e, in tal senso, i rapporti tra allievi, istruttori e maestri rispetta tutto un insieme di norme al quale ci si deve attenere. 
La non conoscenza del cinese non ha rappresentato un limite ma, lo ammetto, la presenza del maestro Angelo ha agevolato non poco la comprensione. Per lo più l'insegnamento è avvenuto mediante emulazione, correzioni e lezioni impartite "fisicamente" (compresa la dimostrazione pratica di certe leve...): seguendone i movimenti e ripetendoli fino all'esaurimento, alla fine abbiamo appreso ben più di quello che era stato pattuito.
Oltre alle forme Hei Hu Jiao Cha e Si Lu Ben Da, il maestro Chen Le Ping ci ha insegnato anche una forma da lui codificata (Duan Lan Quan) oltre ad una di livello base per favorire l'apprendimento delle posizioni (ChuJi Quan).
C'è da dire che, rispetto al modo di vivere le arti marziali che coltiviamo qui in occidente, lì in Cina ho percepito un altro stile. Il Kung fu, per i veri praticanti, è parte integrante del quotidiano e non c'è un vero e proprio stacco da dentro e fuori la palestra. Poi, per carità, sarà anche il modo di essere e di fare dei cinesi, sarà dipeso anche dal fatto che eravamo con Angelo, però, al di là delle occasioni ufficiali, coloro che si allenano non indossano "abiti marziali", ovvero kimono o tuniche o chi più ne ha più ne metta. Anche l'ambiente in cui abbiamo praticato era piuttosto spartano e per certi aspetti, mi spiace dirlo, ai limiti del tollerabile (il bagno poteva essere usato interamente come set per un film horror).
Ma è anche vero che si trattava di una sistemazione provvisoria in attesa che la vecchia palestra tornasse agibile a causa di problemi occorsi qualche mese prima, dovuti a frane e smottamenti. E poi, come di tanto in tanto ci viene ricordato, bisogna esser disposti a fare sacrifici, a impegnarsi, perseverare e mangiare amaro.
Fatto sta che, sebbene in modo più informale e in un ambiente decisamente più spartano rispetto a quelli che si possono trovare qui in Italia, ci siamo allenati piuttosto di frequente durante la nostra permanenza a Qingdao, dando al contempo inizio al processo di accettazione presso la famiglia marziale di Chen Le Ping. Durante questa prima nostra esperienza, io e Ale siamo infatti entrati in contatto con gli allievi più piccoli e una manciata di allievi adulti, nel rispetto dell'iter e delle tradizioni di cui accennavo prima. 
E considerando talune dinamiche "difficili da gestire" occorse con gli allievi più adulti, che poi sono i ragazzi presenti nelle foto pubblicate nel post "Viaggio a Qingdao, Cina (2), credo sia stato un bene non esser capitati nelle mani di allievi ben più avanzati. Niente di grave, per carità, ma gli scambi di tecniche son difficili da gestire se si eseguono movenze nuove e, soprattutto, non c'è reciproca comunicazione. Un ulteriore motivo per impegnarmi nello studio della lingua cinese in vista di futuri viaggi, se non altro per sopravvivere.
Anche perché, a parer mio, il livello medio lì in Cina è più alto di quello che si registra qui da noi, probabilmente per il tipo di impegno investito e del modo diverso di vivere le arti marziali.

domenica 30 giugno 2013

..:: Viaggio a Qingdao, Cina (4) ::..

Foto di gruppo al Shangri-La hotel,
con il maestro Angelo, Chen Le Ping,
la maestra Lin e due fratelli,
quelli a sinistra, rispettivamente
grande imprenditore ed ex-politico
Puntata numero quattro relativa alle mie dissertazioni, più o meno affidabili, sull'esperienza cinese di maggio. Questa volta parliamo di...

Cinesi doc
Oramai siamo abituati a vederli praticamente dappertutto visto che, seppur in misura diversa, cittadini di nazionalità cinese sono presenti nella maggior parte delle città italiane e piccole ChinaTown crescono in ogni dove. Gente che ci appare schiva, in merito a cui circolano i pregiudizi più disparati, e che solitamente tende a ghetizzarsi, palesando difficoltà di integrazion.
In realtà, quanto sappiamo di loro? Quanto conosciamo la cultura cinese? Dopotutto si tratta di una civiltà millenaria, che ha contribuito notevolmente allo sviluppo della vita su questa Terra ma che a scuola non studiamo per niente... mentre sappiamo almeno qualcosa della jihad tra nordisti e sudisti svoltasi negli Stati Uniti d'America...
Dissertazioni a parte, non è infatti molto facile e agevole il contatto con i cinesi, sia per lo scoglio della lingua che per certi modi di fare e di essere che, magari, differiscono assai da quelli squisitamente italiani. Una dinamica che ovviamente ha valenza biunivoca, ovvero anche da parte dei cinesi nei confronti nostri.
Per cui, diciamo, son partito alla volta della Cina un po' prevenuto, con alcune idee in mente su cosa aspettarmi da parte della popolazione indigena. La lettura di qualche articolo on-line e di un manualetto fornitomi da Ale mi hanno poi aiutato a prepararmi un poco alle public relations e alle dinamiche sociali di Qingdao, giusto per evitare gaffe ed esser sintonizzato sui loro modi di fare (il saluto, i regali, le gararchie, usanze spicciole, la numerologia...mai invocare il numero 4, mai!!!)
In realtà, mi son dovuto ricredere assai e in questo ha giocato a "mio" favore l'esser stato in Cina assieme al maestro Angelo: senza di lui infatti l'interazione con gli altri, sia per questioni complesse che per le più semplici, sarebbe stata molto più ardua e complessa e, soprattutto, non avrei avuto l'occasione di partecipare a cene, pranzi ed eventi assieme a persone cinesi. C'è stata cioè la possibilità di venir coinvolto e vivere l'esperienza cinese in modo più personale e coinvolto, meno distaccato e da turista.
Foto di gruppo con il maestro
Chen Le Ping e alcuni suoi allievi
Ecco allora che vengo a scoprire che i cinesi non si vestono come nei film wuxia e che, in realtà, sono piuttosto chiacchieroni e cordiali, al limite dell'invadente, e che nonostante siano consapevoli di essere dinnanzi a una persona che di cinese non parla niente continuano imperterriti nella propria mission di comunicazione, tentando di veicolare concetti e pensieri in tutti i modi, con smorfie o mimiche. Per fare un esempio, quando ho preso una regalino per Silvia, la commessa si è messa a mimare azioni tipo lavaggio mani, doccia, asciugatura, nel tentativo di farmi comprendere che la collanina era water-proof.
Un po' più tragica e complicata invece è stata la disquisizione (DA! DA! DA!) con tanto di scambi di tecniche avuta con alcuni compagni di kung fu, presso la palestra di Chen Le Ping...

mercoledì 12 giugno 2013

..:: Viaggio a Qingdao, Cina (3) ::..

Proseguiamo, io e voi intendo, con le mie dissertazioni in merito al recente viaggio in Cina. Questa volta parliamo di...

Cibo, ovvero cosa e come si mangia in Cina:
Malgrado il titoletto, rimarrò volutamente (anche perché, in fin dei conti, sono 'gnurant) vago e generico e ne approfitterò solamente per spendere qualche parola sulle mie esperienze gastronomiche in quel di Qingdao. Ovviamente, essendo stata la mia permanenza in terra cinese limitata alla sola zona dell' "isola verde", quello che ho potuto assaggiare rappresenta una piccola parte del patrimonio culinario cinese e, per di più, circoscritto alle sole sfumature e ricette della zona. Un po' come accade qui da noi, ogni regione ha le sue peculiarità e preferenze in fatto di sapori e accostamenti e una persona che sa se ne accorge.
Comunque sia, la cucina cinese si è rivelata una continua scoperta, niente a che vedere con quella dei ristoranti e wok-sushi che proliferano qui (che però non mi spiacciono affatto). 
In primis, mi spiace darvi questa delusione, il riso non è l'unica pietanza che i cinesi servono o di cui si nutrono. C'è, per carità, viene proposto sia come piatto a sé che come surrogato del pane, così come l'acqua di cottura viene utilizzata come bevanda, ma non di solo riso vivono in Cina. Il pane pure esiste e viene proposto in forme e gusti diversi: ho ancora in mente le mega-pagnotte di pane bianco che ci son state servite in un ristorante di Laoshan. Già ero satollo e per un attimo ho temuto che si trattasse di porzioni (da kg) individuali...
In secondo luogo, il riuscire a maneggiare le bacchette risulta essere gradito, un buon segnale di apertura che un occidentale può dimostrare nei confronti dei commensali cinesi che, magari, l'hanno invitato a tavola. E sì, anche loro certe cose (tipo i ravioloni) le infilzano per agevolare il viaggio piatto-bocca tuttavia, per le pietanze più insidiose, esiste un antico e letale strumento di morte che nessun occidentale immagina ogni qualvolta chiude gli occhi e pensa a come, di solito, mangiano in Cina. Mi riferisco al temibile cucchiaio!!!
Altri aspetti che mi hanno piacevolmente colpito sono poi la comunione del cibo, nel senso che a tavola il concetto di "pietanza privata" viene sospeso a favore di una più cordiale condivisione del cibo che viene quindi posto al centro della tavola e messo a disposizione dei vari commensali. E badate bene ad assaggiare un po' di tutto e a porre attenzione a ciò di cui farete incetta: loro vi osservano...
Succo di banana...dolcissimo...
Tanto più che, se siete ospiti a pranzo, mangerete fino a esplodere. Ospitalità, per loro, significa anche questo, portare in tavola 10-15 portate e invitarvi a nutrirvi fino a raggiungere la sazietà cosmica. Dopodiché ci si alza e si prosegue con le altre attività in programma, senza caffè, digestivi o pennichella...attivi, su su!!! 
Questa condivisione, dicevo, si estende pure all'abbeveraggio, ma solamente per la parte alcolica. Mentre la bevanda analcolica rimane a disposizione e accessibile durante tutto il pasto, e ciascuno può ricorrervi quando gli pare, per birra (sì, esiste la birra!) e vino (ed esiste pure il vino, anche italiano se volete!) invece ci sono regole da rispettare. Fondamentalmente, o si beve tutti assieme prodigandosi in brindisi più o meno all'ultimo goccio di alcol (gan-bei!) o non si beve affatto. Per cui, e mi rivolgo al notoriamente astemio popolo veneto, che aspettate a introdurre una simile tradizione pure qui da noi? Importiamo un sacco di cose dall'estero, perché questa no?
Ah, e non pensiate che a centro tavola ci stiano succhi di frutta, Coca-cola, Fanta o simili bevande edulcorate con conservanti e coloranti dai dubbi effetti collaterali. No, no, semmai ci stanno delle teiere e nella tazza di cui ogni commensale è munito vi ritroverete solo acqua calda o thé. Liquidi serviti a una temperatura media pari a quella di fusione del palladio. Ma tranquilli, non appena ne avrete bevuto anche solo un sorso, qualche baldo commensale o cameriere provvederà a rabboccarvi la tazza così che abbiate sempre qualcosa di caldissimo a portata di mano. E occhio alle mani, perché qualche volta spandono....e urlare a tavola non sta bene...

domenica 26 maggio 2013

..:: Viaggio a Qingdao, Cina (2) ::..

Proseguendo con il mio resoconto dell'esperienza in Cina, dopo le divagazioni in merito al viaggio in sé, direi che è d'uopo parlare un po' dell'amena cittadina in cui sono stato.

Qingdao, la città

Fin da subito, da quando cioè abbiamo abbandonato l'aeroporto e, a bordo dell'auto del maestro Chen Le Ping, ci siamo diretti verso il centro di Qingdao ho iniziato a realizzare quanto fosse da rivedere il mio concetto di "Cina". Saranno stati i film wuxia e di arti marziali, saranno certi preconcetti che riguardano i paesi orientali ma mi aspettavo abitazioni basse, magari in legno e pietra, che richiamassero l'idea dei templi, dei dojo, o di costruzioni tipo quella dell'immagine qui a lato.

Ebbene, stoltamente, mi sbagliavo assai.
Già il fatto di trovarsi a percorrere strade a due o tre corsie, ampie e popolate da auto di grossa cilindrata, lungo quartieri popolati da schiere e schiere e schiere e schiere di imponenti palazzoni ha fatto sorgere in me qualche legittimo sospetto.
Va comunque detto che Qingdao non è esattamente una piccola cittadina, bensì un'amena città il cui territorio si estende per circa 11 mila km quadrati (e se consideriamo che il Veneto ne occupa 18 mila...) e che  conta più o meno 12 milioni di abitanti (anche se qualcuno parlava di 20 milioni, probabilmente considerando lavoratori, turisti, abusivi, zone limitrofe e chi più ne ha più ne metta). Per di più nel passato, a inizio del secolo scorso, ha avuto dominazione tedesca cosa che, indubbiamente, ha lasciato il segno in termini di edilizia e, soprattutto, in fatto di birra. Non a caso, tra i prodotti tipici si annovera la birra tsingtao ^_^
Veduta, dal basso, della
banca in cui siamo stati
a cambiare euro in yuan
Nella zona centrale, il numero di palazzi che sfidano il cielo è impressionante e, nel complesso, l'immagine che ne emerge è quella di una città molto "occidentale" e moderna. Le costruzioni sono piuttosto recenti e continuamente si scorgono operai e cantieri all'opera per realizzare ulteriori edifici, sempre più alti, sempre più imponenti. E che, spero, vengano un giorno abitati: la sensazione è che, un po' come accade(va) qui in Veneto e in altre zone italiane, la pulsione all'edilizia e alla cementificazione sia troppo forte rispetto all'effettiva necessità della popolazione con il rischio di arrivare all'esagerazione e ad avere numerose aree edificate ma, fondamentalmente, vuote. 
Tra banche, centri commerciali, librerie, hotel, ristoranti, negozi e chi più ne ha più ne metta, Qingdao offre una vastissima gamma di soluzioni e di certo la sensazione di esseri piccoli-piccoli si acuisce. In breve tempo la considerazione di immane grandezza che associavo alla nazione Italia si è leggermente ridimensionata...
E di notte, la maggior parte dei palazzoni risulta piuttosto illuminata (il che mi induce a pensare che la corrente elettrica non costi poi molto) mentre, percorrendo le strade del centro a piedi o in taxi, il numero di insegne luminose cresce a dismisura contribuendo a creare l'effetto "Las Vegas" tante volte visto nei film hollywoodiani. 
Ma, come direbbero i Negrita, qui non è Hollywood.
La famigerata trottola
Già, perché da un lato vi sono questi imponenti edifici di recente costruzione e dall'altro ci sono anche numerose costruzioni che mostrano segni di cedimento e di erosione. Qingdao è infatti una città costiera - il cui porto è il quarto della Cina e dove, nel 2008, si sono svolte le discipline "nautiche" delle olimpiadi - e la vicinanza del mare contribuisce a rovinare le strutture più vicine alla costa. Probabilmente i materiali impiegati non sono dei migliori e il concetto stesso di manutenzione sembra piuttosto alieno alla popolazione cinese.
D'altro canto, la medesima vicinanza col mare permette di avere un clima mite e abbastanza ventilato per cui senza quella simpatica cappa di smog che altrimenti ci si aspetterebbe visto l'elevato numero di veicoli in circolazione a tutte le ore. Solo un giorno abbiam "subito" la presenza della nebbia, più che altro umidità condensata. O almeno credo.
Oltre alle costruzioni moderne, di stampo europeo-occidentale, che attestano la potenza economica del Paese, vi sono però numerosi quartieri che contrastano con tale immagine e che, anzi, mostrano come fuori dal centro (ma è sufficiente anche inoltrarsi nelle zone interne del centro) la popolazione viva ancora in case "old-style", nel peggior dei casi fatiscenti e non propriamente a norma.

martedì 21 maggio 2013

..:: Viaggio a Qingdao, Cina ::..

In viaggio tra le nuvole...
Recentemente, dal 2 al 14 maggio sono stato in vacanza, un'esperienza a metà tra turismo ed approfondimento di kung-fu a Qingdao, Cina, assieme ad Alessandro e al maestro Angelo D'Aria.
E ora che sono tornato e pian pianino sto facendo ordine tra le foto e i video realizzati, ne approfitterò per spendere qualche riflessione e per rendicontare su ciò che questa esperienza mi ha lasciato o permesso di scoprire.
Ma andiamo con ordine...

Il viaggio da e verso Qingdao
Di per sè, anzi, di per me non sono mai stato un grande viaggiatore: il mio primo volo risale all'anno scorso, e si trattava di lavoro. In verità, vuoi per un motivo o per un altro, son sempre stato in vacanza in zone non "troppo" lontane da casa come la Croazia, il Trentino Alto Adige o il centro Italia. Non avevo mai sperimentato viaggi intercontinentali e devo dire che come prima esperienza non è stata affatto male a parte per il jet lag e la stanchezza accumulata.
La soluzione scelta ha visto una combinazione di treno e aereo ma fortunatamente tutto è filato liscio liscio. E ci siamo pure risparmiati le scocciature di guidare e di sborsare quattrini per il parcheggio dell'auto.
Da bravi patrioti, ci siamo appoggiati a Trenitalia per raggiungere Milano e poi, dalla stazione centrale, il bus navetta per raggiungere Malpensa; idem per il ritorno. Da segnalare che grazie alla prontezza di Ale, il biglietto del FrecciaBianca da Cittadella a Milano ci è venuto a costare l'assurda cifra di 9 euro, contro i 16 (A+R) del bus navetta. Capitolo diverso per il ritorno, dove l'interregionale scelto, con cambio a Vicenza (con circa 10 minuti di lasco per cambiare treno e fare pure i biglietti), ci è costato un po' di più ma ci ha regalato grandi soddisfazioni su cui mi dilungherò più avanti. 
Confesso comunque che, nonostante i 9000 km circa di viaggio, la tratta ferroviaria è stata quella che ritenevo più "critica" per l'innata fiducia che riservo a Trenitalia e per le tempistiche piuttosto risicate. 
Comunque sia, siamo arrivati a Malpensa in perfetto orario, giusti giusti per sorbirci un po' di coda ai varchi sicurezza ma nulla di più. Non ero più stato nello scalo lombardo e, a prima impressione, mi è parso molto grande e dignitoso. Magari inferiore in termini di estetica e modernità rispetto a uno scalo come quello di Venezia (per non parlare del FIDS...vuoi mettere quello di Catania???) ma l'impatto è stato positivo. 
I monitor dei sedili Cathay Pacific
e alcuni simpatici animaletti
Da qui, in perfetto orario, abbiam preso il nostro Boeing 777 per Hong Kong. Cathay Pacific si è rivelata un'ottima scelta ad un prezzo più che accettabile. Certo, a ragion veduta, e se ne avessi avuto la possibilità, non sarebbe stato male aver speso qualche euro in più (tipo il doppio...) per viaggiare un po' più comodi, non dico in Business ma quanto meno in Premium Economy, che almeno è situata sulle ali e risparmia ai passeggeri tutto il caos dei motori. 
Non che in Economy si sia viaggiati scomodi, sia chiaro, però lo spazio vitale era un po' risicato e il fatto di aver i posti praticamente tutti occupati non ci ha permesso di stravaccarci o di espanderci. 
Per il resto, ci hanno servito due pranzi più che discreti, le hostess erano carine e disponibili (!!!) nel fornire snack e bibite, e pure l'offerta in termini di intrattenimento mediatico fornito dal display touch-screen ha permesso di affrontare in modo soddisfacente la prima tratta del volo, fino a Hong Kong. Purtroppo, sia per il cielo coperto che per le tendine dei finestrini abbassate per "ingannarci", nel corso delle circa 11 ore di viaggio non ho visto molto del mondo di fuori. Qualche sbirciatina l'ho lanciata qua e là, ma la visibilità era limitata come pure la mattinata che ci ha accolto allo scalo di Hong Kong si è rivelata piuttosto uggiosa e non ci ha permesso di vedere poi molto di ciò che circondava l'isola artificiale. 
Una volta messo piede al Chek Lap Kok Airport, il punteggio precedentemente totalizzato da Malpensa è stato notevolmente ridimensionato: per qualche motivo mi sembrava di esser finalmente approdato alla civiltà, in un mondo moderno, pulito, ordinato e immenso. I dipendenti della sicurezza, dello scalo, dei negozi, tutti erano in divisa; ovunque si estendevano pavimenti e moquette linde e pulite. E negozi a perdita d'occhio. Probabilmente l'effetto "futuro" che ho sperimentato è stato indotto dai nastri trasportatori orizzontali che hanno richiamato alla mia mente alcuni passaggi di qualche opera di Asimov.