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sabato 15 luglio 2017

Trasferta in Senegal - seconda puntata

Probabilmente avrei dovuto/potuto scrivere questo post qualche tempo fa ma, tra una cosa e l'altra non ne ho avuto l'occasione: prima c'è stato un weekend dedicato a lavori a casa e un minimo di festeggiamento compleannoso, quindi un altro in cui c'è stato un mix tra concerto Aerosmith a Firenze e ritrovo parentale mentre il weekend scorso ero al primo ritiro estivo organizzato con l'asd Kyu Shin Ryu...per poi ripartire verso Olbia per qualche giorno di sana trasferta lavorativa... 
Ad ogni modo, se ricordate, in marzo mi sono recato in Senegal, tra Dakar e Saly (vicino a Mbour) per una trasferta di lavoro. 
Ecco, tra fine maggio e la prima metà di giugno ci sono ritornato per dare seguito alle attività iniziate, in particolar modo dedicandomi alla formazione del personale che si occuperà di usare i nostri software quando l'aeroporto Blaise Diagne entrerà in funzione al posto di quello Internazionale di Dakar. Una trasferta di due settimane in cui ho avuto l'occasione di stare maggiormente a contatto con gente del luogo e, quindi, conoscere meglio quella parte d'Africa. Parte d'Africa che tutto sommato non se la passa male ("Best of Africa", come l'ha chiamata qualcuno del team di Summa Limak) e che, sospetto, rivedrò ancora.



Rispetto a marzo, considerando anche l'effettiva presenza di ospiti in hotel - lo stesso hotel Royam che già aveva regalato qualche emozione nella precedente esperienza - si nota che la stagione turistica è virata verso la bassa stagione, aspetto per altro confermato dall'autista dalla pelle d'ebano che mi ha accompagnato avanti e indietro lungo le strade senegalesi. Stavolta, complici anche le traversate trascorse in reciproca compagnia, c'è stata l'occasione per scambiare qualche parola con Bassirou, anche se talvolta l'impressione è stata quella di instaurare un dialogo del tipo:
Io: « Sembra che stiano costruendo parecchio nei dintorni »
Lui: « Sì, il mango è molto buono »
Io: « Penso anch'io che i pneumatici four season vadano più che bene»
Ora esagero ma, tra inglese, wolof, dialetto veneto e gestualità varie, bene o male, ci si capiva ma ogni tanto mi pareva che fossimo del tutto sfasati. 
Tuttavia gli sono grato per la pazienza e la disponibilità, e anche per come ha gestito la situazione quel sabato mattina in cui, complice un camion che ha preso fuoco autonomamente bloccando per decine di chilometri l'unica strada asfaltata che collega Saly a Diass, ha spostato i pneumatici della sua ruggente Toyota Avensis sulle strade...beh, strade...sul terreno accidentato e sabbioso che costeggia la strada, si inoltra su campi e discariche, perdendosi poi dentro ai paesetti, praticamente a ridosso delle case, della gente e del bestiame. 
E' stata una piacevole esperienza: lui si dimostrava sicuro di sé e della sua vettura mentre io temevo che ci piantassimo e rimanessimo con il veicolo in panne. Cosa che per altro capita quotidianamente ad almeno un paio di camion e di auto che percorrono quella medesima strada.
A lui va anche la mia riconoscenza per il sollievo provato nel trovarlo all'uscita dell'aeroporto d Dakar: conquistare l'uscita di quel posto, alla sera, è sempre una bella prova...ma la consapevolezza di uscire e di trovare qualcuno di conosciuto ha un potere decisamente rassicurante. Soprattutto se poi devi farti tipo 60 km di notte lungo le strade non così illuminate del Senegal per raggiungere l'hotel...

domenica 21 maggio 2017

Divagazioni di maggio

Mentre in una galassia lontana lontana procedono i lavori per un nuovo episodio della saga di Star Wars, ho avuto occasione di andare a vedere I Guardiani della Galassia 2. Si parla, praticamente, del mese scorso :-(
Questo vi fa capire come sia leggermente a corto di tempo libero per riuscire a coltivare e a portare avanti hobbies e svaghi vari.
Devo dire che, seppur la trama non brillasse dal punto di vista della coerenza e della solidità, è stata una piacevole visione, mi ha divertito e mi ha affascinato dal punto di vista visivo, con molte scene dal forte impatto. Mi sarebbe piaciuto ritagliarmi del tempo per parlarne qui, ma per forza di causa maggiore mi sa che ormai sono fuori tempo massimo: ho una discreta memoria (per lo meno per questo genere di cose) ma rischierei di proporre qualcosa di miserrimo. Al contempo, ne approfitto per segnalarvi qualche appunto di Nebo che ho trovato particolarmente interessante e profondo.
Sempre in termini di film, ho avuto anche l'occasione di vedermi Punisher War Zone e i primi due episodi si Sense 8, ma con l'internet pazzerella che Cheapnet mi sta regalando in questi giorni ho avuto difficoltà nel continuare l'impresa via netflix. Diciamo che mentre sul film con Ray Stevenson non ho molto da riferire (ma siamo molto vicini al commento che, al tempo, Fantozzi espresse sulla corazzata Potemkin), sulla serie firmata da Lana e Lilly Wachowski e J. Michael Straczynski credo che ci tornerò. Certo, non appena riuscirò ad avere una connessione stabile, energie mentali a livelli accettabili e un briciolo di tempo libero.
Cose, le ultime due, che oltre a venir maciullate dagli impegni di lavoro e dagli allenamenti, son messe a repentaglio anche da altre dinamiche. Infatti, a breve ritornerò in Senegal, per un'altra trasferta - Now with more vaccines, oserei dire - per cui tornerò a postare sul blog più avanti. Che poi, quando si parla di trasferte lavorative con la gente, tutti quanti sono per il "wow", "fai tante foto", "portati il costume"... difficile trasferire il concetto che vado a lavorare e non in villeggiatura. Per di più in una nazione che, vista la precedente esperienza, vede nella connettività internet uno dei suoi punti di forza.

sabato 1 aprile 2017

Trasferta in Senegal

Recentemente ho avuto l'occasione di recarmi in Senegal, per motivi lavorativi, in particolar modo per attività di configurazione e installazione di sistemi software nel nuovo aeroporto (ancora in costruzione) situato presso Diass, a circa 60 km da Dakar.
Diciamo che l'inizio del viaggio nonché l'impatto con il Senegal non sono stati dei migliori: l'aeroporto di Dakar è infatti vecchio e limitato e l'ordine resta un concetto alieno. Non è stato facilissimo recuperare il bagaglio e guadagnarsi l'uscita visto il caos e la ressa da parte dei locali, che tra l'altro sono mediamente fisicati e di stazza rilevante. Oltretutto, c'è anche il rischio di vedersi sottrarre la propria roba visto il modo disordinato in cui si svolge il tutto e considerando che si procede a spintoni fino ai macchinari a raggi X e che, ancora, ci si urta amichevolmente per recuperare le proprie cose dall'altro lato.
Decisamente un'altra cosa rispetto al terminal 4 di Madrid...




Al di là di questo, la prima notte l'abbiamo trascorsa al Novotel di Dakar, una struttura decisamente moderna e quasi fuori luogo considerando gli stralci di periferia che si possono notare mentre ci si sposta dall'aeroporto Léopold Sedar Senghor fino all'hotel, a bordo di un "bus" navetta d'altri tempi che - probabilmente è stata solo una sensazione dettata dalla stanchezza - ogni tanto procede a fanali spenti, con le sole luci di posizione mentre scivola nel buio della notte. Mi ha invece un po' inquietato il momento dell'ispezione prima di entrare nella proprietà dell'hotel, come se il rischio di manomissioni o di clandestini fosse elevato. Anche perché, fino a quel momento, la maggior parte delle mie paure e paranoie erano legate a dinamiche di natura sanitaria, sia per potenziali rischi dovuti all'alimentazione che per potenziali rischi infettivi, merito anche delle consulenze effettuate presso l'ospedale in sede di vaccinazioni. Col sennò di poi, mi vien da pensare che gli avvertimenti e le precauzioni fossero un po' eccessive, considerando come è andata e dove son stato, anche se rimane pur vero che di rischi ce ne sono. 
Ad ogni modo, trascorsa ben una notte nella capitale, il mattino seguente siamo partiti alla volta di Saly, propaggine di Mbour, verso l'hotel Royam dove ho soggiornato per 10 giorni: la struttura non è male (ne ho lasciato anche un discreto commento su tripadvisor) ma ha i suoi limiti. Soprattutto se non ci si sta da turisti ma da lavoratori che alle 8 partono e alle 18.45/19 rientrano, stanchi, e che quindi lo vivono praticamente come un b&b. Tutto sommato il cibo è discreto e sufficientemente vario, c'è un minimo di animazione, ogni giorno lasciano due bottigliette d'acqua a disposizione degli ospiti e la pulizia risulta abbastanza garantita. A patto di non osservare, come nel mio caso, sotto la scrivania (sotto al letto non ho guardato e sono convinto che fosse immacolato) o di non pretendere che lo sciacquone del water funzionasse senza intoppi. Che sarebbe stato gradito soprattutto in orari notturni. In ogni caso, la mia era una camera standard e, considerando il fatto di esser in Africa, credo che di più non si potesse pretendere dal Royam.

domenica 26 febbraio 2017

Febbraio, divagazioni e pensieri vari

Complice una domenica un po' pigra e un telefono aziendale che mi ricorda i miei doveri in termini di reperibilità, ne approfitto per popolare un po' il blog con qualche scorcio di vita reale e qualche riflessione. Forse.
Questo mese si è giocato all'insegna della salute e degli acquisti.
Da un lato, c'è un televisore nuovo che finalmente è approdato in casa e che porterà me e Silvia nell'era moderna. Certo il caro buon vecchio Sony "tubo catodico" Trinitron funge ancora bene, sebbene il decoder per il satellitare metta a dura prova la mia pazienza e capacità di sintonizzarmi sul canale che voglio, ma è anche necessario guardare al presente e accettare il fatto che le smart tv esistono e sono qui, ora, adesso.
L'altro grosso investimento è stata invece in ambito automobilistico, con il rientro della fidata Peugeot 207 che, superati i 212.000 km, dava segni di cedimento e prospettava manutenzioni non più così vantaggiose in termini di longevità ed efficacia della spesa. Motivo per cui, complice una tempestiva occasione presso il concessionario Simionato di Resana, ho fatto l'upgrade con una Renault Megane. E per ora devo dire che ne sono pienamente soddisfatto.
Sul fronte salute invece avevo iniziato con visite e responsi in merito ad allergie che ho scoperto di avere e ho concluso con vaccinazioni e approvvigionamenti di medicinali in vista della mia prossima tappa in Senegal. Eh già, con N-aitec il lavoro sta diventando sempre più un'occasione per scoprire il mondo. Parafrasando una nota pubblicità di ingenui bonari che risparmiano 3 euro e se li spendono subito per farsi vacanze a destra e a manca, potrei affermare "Prima a Singapore, poi in Senegal...ma hai vinto il superenalotto?" "No, mi ci mandano a lavorare".
Che poi, ogni volta che si parla di viaggi con amici e parenti tutti pensano a quest trasferte con una reazione del tipo: "Wow, che figo! Vorrei andarci io! Che fortuna!" 
Non nego che in effetti ci sono dei vantaggi e delle ottime occasioni, però ci vado a lavorare, mica a sollazzarmi. Senza contare che finché si parlava di Singapore - di cui non ho praticamente parlato qui perché al tempo ho ritenuto così - c'era, da parte mia, una certa consapevolezza e percezione della trasferta, questa qui in Senegal è un po' più "impegnativa" e ricca di incognite. Basta solo considerare che mentre il Changi Airport è considerato uno dei migliori al mondo, l'Aéroport International Blaise Diagne lo stanno ancora finendo di costruire...Al netto di ciò, e del fatto che telefonia e internet non saranno proprio così scontate, c'è tutta una questione di vaccinazioni e medicinali che mi ha mandato un po' in paranoia. Vedremo come andrà comunque, male che vada vivrò simpatiche esperienze allucinatorie date dagli effetti indesiderati dei farmaci...
Pratiche sanitarie necessarie per la salvaguardia dei viaggiatori che mi dan molto da pensare a come, tuttora, ci siano queste grandi disparità tra le nazioni in termini di sicurezza e sanità e occasioni di vita. Immagino comunque che ora laggiù la situazione sia indubbiamente migliore rispetto ai decenni scorsi, però fa un po' riflettere sugli sforzi che, come umanità, compiamo per il nostro futuro e sulle velocità che ciascuna nazione ha nel muoversi verso un miglioramento generale. Pensare che era non son nemmeno trascorsi millenni dall'ultimo Expo anche se, in effetti, allora si parlava di cibo con Mc Donald's e Coca Cola.

domenica 4 agosto 2013

..:: Viaggio a Qingdao, Cina (5) ::..

Ebbene, l'ultimo post relativa al mio viaggio in Cina risale a più di un mese fa, eppure non rappresentava la conclusione del mio resoconto. Già, perchè in fondo avevo sparlato di cosa avevo visto, di cosa avevo mangiato e delle persone conosciute ma, fondamentalmente, al di là dei meri aspetti turistici, mancava ancora il punto focale, i motivi per i quali è stato intrapreso il viaggio.

Kung fu: allenamento, esperienze e un po' di storia
L'esperienza vissuta a Qingdao ha avuto per lo più lo scopo di permetterci di recarci a conoscere le origini della nostra scuola, ripercorrendo in parte le orme che già a suo tempo il maestro Angelo D'Aria ha più e più volte percorso negli anni.
Ecco allora che siamo stati ospiti nella palestra del maestro Chen Le Ping per apprendere, sotto la sua supervisione, nuove taolu (forme, sequenze codificate di movimenti concatenati) e allenarci nella pratica del kung fu insieme ai suoi allievi. E in un certo senso, tramite il maestro D'Aria, anche noi siamo suoi allievi se non "nipoti marziali".
Qui infatti il rispetto della tradizione e della gerarchia è stato mantenuto e, in tal senso, i rapporti tra allievi, istruttori e maestri rispetta tutto un insieme di norme al quale ci si deve attenere. 
La non conoscenza del cinese non ha rappresentato un limite ma, lo ammetto, la presenza del maestro Angelo ha agevolato non poco la comprensione. Per lo più l'insegnamento è avvenuto mediante emulazione, correzioni e lezioni impartite "fisicamente" (compresa la dimostrazione pratica di certe leve...): seguendone i movimenti e ripetendoli fino all'esaurimento, alla fine abbiamo appreso ben più di quello che era stato pattuito.
Oltre alle forme Hei Hu Jiao Cha e Si Lu Ben Da, il maestro Chen Le Ping ci ha insegnato anche una forma da lui codificata (Duan Lan Quan) oltre ad una di livello base per favorire l'apprendimento delle posizioni (ChuJi Quan).
C'è da dire che, rispetto al modo di vivere le arti marziali che coltiviamo qui in occidente, lì in Cina ho percepito un altro stile. Il Kung fu, per i veri praticanti, è parte integrante del quotidiano e non c'è un vero e proprio stacco da dentro e fuori la palestra. Poi, per carità, sarà anche il modo di essere e di fare dei cinesi, sarà dipeso anche dal fatto che eravamo con Angelo, però, al di là delle occasioni ufficiali, coloro che si allenano non indossano "abiti marziali", ovvero kimono o tuniche o chi più ne ha più ne metta. Anche l'ambiente in cui abbiamo praticato era piuttosto spartano e per certi aspetti, mi spiace dirlo, ai limiti del tollerabile (il bagno poteva essere usato interamente come set per un film horror).
Ma è anche vero che si trattava di una sistemazione provvisoria in attesa che la vecchia palestra tornasse agibile a causa di problemi occorsi qualche mese prima, dovuti a frane e smottamenti. E poi, come di tanto in tanto ci viene ricordato, bisogna esser disposti a fare sacrifici, a impegnarsi, perseverare e mangiare amaro.
Fatto sta che, sebbene in modo più informale e in un ambiente decisamente più spartano rispetto a quelli che si possono trovare qui in Italia, ci siamo allenati piuttosto di frequente durante la nostra permanenza a Qingdao, dando al contempo inizio al processo di accettazione presso la famiglia marziale di Chen Le Ping. Durante questa prima nostra esperienza, io e Ale siamo infatti entrati in contatto con gli allievi più piccoli e una manciata di allievi adulti, nel rispetto dell'iter e delle tradizioni di cui accennavo prima. 
E considerando talune dinamiche "difficili da gestire" occorse con gli allievi più adulti, che poi sono i ragazzi presenti nelle foto pubblicate nel post "Viaggio a Qingdao, Cina (2), credo sia stato un bene non esser capitati nelle mani di allievi ben più avanzati. Niente di grave, per carità, ma gli scambi di tecniche son difficili da gestire se si eseguono movenze nuove e, soprattutto, non c'è reciproca comunicazione. Un ulteriore motivo per impegnarmi nello studio della lingua cinese in vista di futuri viaggi, se non altro per sopravvivere.
Anche perché, a parer mio, il livello medio lì in Cina è più alto di quello che si registra qui da noi, probabilmente per il tipo di impegno investito e del modo diverso di vivere le arti marziali.

domenica 30 giugno 2013

..:: Viaggio a Qingdao, Cina (4) ::..

Foto di gruppo al Shangri-La hotel,
con il maestro Angelo, Chen Le Ping,
la maestra Lin e due fratelli,
quelli a sinistra, rispettivamente
grande imprenditore ed ex-politico
Puntata numero quattro relativa alle mie dissertazioni, più o meno affidabili, sull'esperienza cinese di maggio. Questa volta parliamo di...

Cinesi doc
Oramai siamo abituati a vederli praticamente dappertutto visto che, seppur in misura diversa, cittadini di nazionalità cinese sono presenti nella maggior parte delle città italiane e piccole ChinaTown crescono in ogni dove. Gente che ci appare schiva, in merito a cui circolano i pregiudizi più disparati, e che solitamente tende a ghetizzarsi, palesando difficoltà di integrazion.
In realtà, quanto sappiamo di loro? Quanto conosciamo la cultura cinese? Dopotutto si tratta di una civiltà millenaria, che ha contribuito notevolmente allo sviluppo della vita su questa Terra ma che a scuola non studiamo per niente... mentre sappiamo almeno qualcosa della jihad tra nordisti e sudisti svoltasi negli Stati Uniti d'America...
Dissertazioni a parte, non è infatti molto facile e agevole il contatto con i cinesi, sia per lo scoglio della lingua che per certi modi di fare e di essere che, magari, differiscono assai da quelli squisitamente italiani. Una dinamica che ovviamente ha valenza biunivoca, ovvero anche da parte dei cinesi nei confronti nostri.
Per cui, diciamo, son partito alla volta della Cina un po' prevenuto, con alcune idee in mente su cosa aspettarmi da parte della popolazione indigena. La lettura di qualche articolo on-line e di un manualetto fornitomi da Ale mi hanno poi aiutato a prepararmi un poco alle public relations e alle dinamiche sociali di Qingdao, giusto per evitare gaffe ed esser sintonizzato sui loro modi di fare (il saluto, i regali, le gararchie, usanze spicciole, la numerologia...mai invocare il numero 4, mai!!!)
In realtà, mi son dovuto ricredere assai e in questo ha giocato a "mio" favore l'esser stato in Cina assieme al maestro Angelo: senza di lui infatti l'interazione con gli altri, sia per questioni complesse che per le più semplici, sarebbe stata molto più ardua e complessa e, soprattutto, non avrei avuto l'occasione di partecipare a cene, pranzi ed eventi assieme a persone cinesi. C'è stata cioè la possibilità di venir coinvolto e vivere l'esperienza cinese in modo più personale e coinvolto, meno distaccato e da turista.
Foto di gruppo con il maestro
Chen Le Ping e alcuni suoi allievi
Ecco allora che vengo a scoprire che i cinesi non si vestono come nei film wuxia e che, in realtà, sono piuttosto chiacchieroni e cordiali, al limite dell'invadente, e che nonostante siano consapevoli di essere dinnanzi a una persona che di cinese non parla niente continuano imperterriti nella propria mission di comunicazione, tentando di veicolare concetti e pensieri in tutti i modi, con smorfie o mimiche. Per fare un esempio, quando ho preso una regalino per Silvia, la commessa si è messa a mimare azioni tipo lavaggio mani, doccia, asciugatura, nel tentativo di farmi comprendere che la collanina era water-proof.
Un po' più tragica e complicata invece è stata la disquisizione (DA! DA! DA!) con tanto di scambi di tecniche avuta con alcuni compagni di kung fu, presso la palestra di Chen Le Ping...

mercoledì 12 giugno 2013

..:: Viaggio a Qingdao, Cina (3) ::..

Proseguiamo, io e voi intendo, con le mie dissertazioni in merito al recente viaggio in Cina. Questa volta parliamo di...

Cibo, ovvero cosa e come si mangia in Cina:
Malgrado il titoletto, rimarrò volutamente (anche perché, in fin dei conti, sono 'gnurant) vago e generico e ne approfitterò solamente per spendere qualche parola sulle mie esperienze gastronomiche in quel di Qingdao. Ovviamente, essendo stata la mia permanenza in terra cinese limitata alla sola zona dell' "isola verde", quello che ho potuto assaggiare rappresenta una piccola parte del patrimonio culinario cinese e, per di più, circoscritto alle sole sfumature e ricette della zona. Un po' come accade qui da noi, ogni regione ha le sue peculiarità e preferenze in fatto di sapori e accostamenti e una persona che sa se ne accorge.
Comunque sia, la cucina cinese si è rivelata una continua scoperta, niente a che vedere con quella dei ristoranti e wok-sushi che proliferano qui (che però non mi spiacciono affatto). 
In primis, mi spiace darvi questa delusione, il riso non è l'unica pietanza che i cinesi servono o di cui si nutrono. C'è, per carità, viene proposto sia come piatto a sé che come surrogato del pane, così come l'acqua di cottura viene utilizzata come bevanda, ma non di solo riso vivono in Cina. Il pane pure esiste e viene proposto in forme e gusti diversi: ho ancora in mente le mega-pagnotte di pane bianco che ci son state servite in un ristorante di Laoshan. Già ero satollo e per un attimo ho temuto che si trattasse di porzioni (da kg) individuali...
In secondo luogo, il riuscire a maneggiare le bacchette risulta essere gradito, un buon segnale di apertura che un occidentale può dimostrare nei confronti dei commensali cinesi che, magari, l'hanno invitato a tavola. E sì, anche loro certe cose (tipo i ravioloni) le infilzano per agevolare il viaggio piatto-bocca tuttavia, per le pietanze più insidiose, esiste un antico e letale strumento di morte che nessun occidentale immagina ogni qualvolta chiude gli occhi e pensa a come, di solito, mangiano in Cina. Mi riferisco al temibile cucchiaio!!!
Altri aspetti che mi hanno piacevolmente colpito sono poi la comunione del cibo, nel senso che a tavola il concetto di "pietanza privata" viene sospeso a favore di una più cordiale condivisione del cibo che viene quindi posto al centro della tavola e messo a disposizione dei vari commensali. E badate bene ad assaggiare un po' di tutto e a porre attenzione a ciò di cui farete incetta: loro vi osservano...
Succo di banana...dolcissimo...
Tanto più che, se siete ospiti a pranzo, mangerete fino a esplodere. Ospitalità, per loro, significa anche questo, portare in tavola 10-15 portate e invitarvi a nutrirvi fino a raggiungere la sazietà cosmica. Dopodiché ci si alza e si prosegue con le altre attività in programma, senza caffè, digestivi o pennichella...attivi, su su!!! 
Questa condivisione, dicevo, si estende pure all'abbeveraggio, ma solamente per la parte alcolica. Mentre la bevanda analcolica rimane a disposizione e accessibile durante tutto il pasto, e ciascuno può ricorrervi quando gli pare, per birra (sì, esiste la birra!) e vino (ed esiste pure il vino, anche italiano se volete!) invece ci sono regole da rispettare. Fondamentalmente, o si beve tutti assieme prodigandosi in brindisi più o meno all'ultimo goccio di alcol (gan-bei!) o non si beve affatto. Per cui, e mi rivolgo al notoriamente astemio popolo veneto, che aspettate a introdurre una simile tradizione pure qui da noi? Importiamo un sacco di cose dall'estero, perché questa no?
Ah, e non pensiate che a centro tavola ci stiano succhi di frutta, Coca-cola, Fanta o simili bevande edulcorate con conservanti e coloranti dai dubbi effetti collaterali. No, no, semmai ci stanno delle teiere e nella tazza di cui ogni commensale è munito vi ritroverete solo acqua calda o thé. Liquidi serviti a una temperatura media pari a quella di fusione del palladio. Ma tranquilli, non appena ne avrete bevuto anche solo un sorso, qualche baldo commensale o cameriere provvederà a rabboccarvi la tazza così che abbiate sempre qualcosa di caldissimo a portata di mano. E occhio alle mani, perché qualche volta spandono....e urlare a tavola non sta bene...

domenica 26 maggio 2013

..:: Viaggio a Qingdao, Cina (2) ::..

Proseguendo con il mio resoconto dell'esperienza in Cina, dopo le divagazioni in merito al viaggio in sé, direi che è d'uopo parlare un po' dell'amena cittadina in cui sono stato.

Qingdao, la città

Fin da subito, da quando cioè abbiamo abbandonato l'aeroporto e, a bordo dell'auto del maestro Chen Le Ping, ci siamo diretti verso il centro di Qingdao ho iniziato a realizzare quanto fosse da rivedere il mio concetto di "Cina". Saranno stati i film wuxia e di arti marziali, saranno certi preconcetti che riguardano i paesi orientali ma mi aspettavo abitazioni basse, magari in legno e pietra, che richiamassero l'idea dei templi, dei dojo, o di costruzioni tipo quella dell'immagine qui a lato.

Ebbene, stoltamente, mi sbagliavo assai.
Già il fatto di trovarsi a percorrere strade a due o tre corsie, ampie e popolate da auto di grossa cilindrata, lungo quartieri popolati da schiere e schiere e schiere e schiere di imponenti palazzoni ha fatto sorgere in me qualche legittimo sospetto.
Va comunque detto che Qingdao non è esattamente una piccola cittadina, bensì un'amena città il cui territorio si estende per circa 11 mila km quadrati (e se consideriamo che il Veneto ne occupa 18 mila...) e che  conta più o meno 12 milioni di abitanti (anche se qualcuno parlava di 20 milioni, probabilmente considerando lavoratori, turisti, abusivi, zone limitrofe e chi più ne ha più ne metta). Per di più nel passato, a inizio del secolo scorso, ha avuto dominazione tedesca cosa che, indubbiamente, ha lasciato il segno in termini di edilizia e, soprattutto, in fatto di birra. Non a caso, tra i prodotti tipici si annovera la birra tsingtao ^_^
Veduta, dal basso, della
banca in cui siamo stati
a cambiare euro in yuan
Nella zona centrale, il numero di palazzi che sfidano il cielo è impressionante e, nel complesso, l'immagine che ne emerge è quella di una città molto "occidentale" e moderna. Le costruzioni sono piuttosto recenti e continuamente si scorgono operai e cantieri all'opera per realizzare ulteriori edifici, sempre più alti, sempre più imponenti. E che, spero, vengano un giorno abitati: la sensazione è che, un po' come accade(va) qui in Veneto e in altre zone italiane, la pulsione all'edilizia e alla cementificazione sia troppo forte rispetto all'effettiva necessità della popolazione con il rischio di arrivare all'esagerazione e ad avere numerose aree edificate ma, fondamentalmente, vuote. 
Tra banche, centri commerciali, librerie, hotel, ristoranti, negozi e chi più ne ha più ne metta, Qingdao offre una vastissima gamma di soluzioni e di certo la sensazione di esseri piccoli-piccoli si acuisce. In breve tempo la considerazione di immane grandezza che associavo alla nazione Italia si è leggermente ridimensionata...
E di notte, la maggior parte dei palazzoni risulta piuttosto illuminata (il che mi induce a pensare che la corrente elettrica non costi poi molto) mentre, percorrendo le strade del centro a piedi o in taxi, il numero di insegne luminose cresce a dismisura contribuendo a creare l'effetto "Las Vegas" tante volte visto nei film hollywoodiani. 
Ma, come direbbero i Negrita, qui non è Hollywood.
La famigerata trottola
Già, perché da un lato vi sono questi imponenti edifici di recente costruzione e dall'altro ci sono anche numerose costruzioni che mostrano segni di cedimento e di erosione. Qingdao è infatti una città costiera - il cui porto è il quarto della Cina e dove, nel 2008, si sono svolte le discipline "nautiche" delle olimpiadi - e la vicinanza del mare contribuisce a rovinare le strutture più vicine alla costa. Probabilmente i materiali impiegati non sono dei migliori e il concetto stesso di manutenzione sembra piuttosto alieno alla popolazione cinese.
D'altro canto, la medesima vicinanza col mare permette di avere un clima mite e abbastanza ventilato per cui senza quella simpatica cappa di smog che altrimenti ci si aspetterebbe visto l'elevato numero di veicoli in circolazione a tutte le ore. Solo un giorno abbiam "subito" la presenza della nebbia, più che altro umidità condensata. O almeno credo.
Oltre alle costruzioni moderne, di stampo europeo-occidentale, che attestano la potenza economica del Paese, vi sono però numerosi quartieri che contrastano con tale immagine e che, anzi, mostrano come fuori dal centro (ma è sufficiente anche inoltrarsi nelle zone interne del centro) la popolazione viva ancora in case "old-style", nel peggior dei casi fatiscenti e non propriamente a norma.

martedì 21 maggio 2013

..:: Viaggio a Qingdao, Cina ::..

In viaggio tra le nuvole...
Recentemente, dal 2 al 14 maggio sono stato in vacanza, un'esperienza a metà tra turismo ed approfondimento di kung-fu a Qingdao, Cina, assieme ad Alessandro e al maestro Angelo D'Aria.
E ora che sono tornato e pian pianino sto facendo ordine tra le foto e i video realizzati, ne approfitterò per spendere qualche riflessione e per rendicontare su ciò che questa esperienza mi ha lasciato o permesso di scoprire.
Ma andiamo con ordine...

Il viaggio da e verso Qingdao
Di per sè, anzi, di per me non sono mai stato un grande viaggiatore: il mio primo volo risale all'anno scorso, e si trattava di lavoro. In verità, vuoi per un motivo o per un altro, son sempre stato in vacanza in zone non "troppo" lontane da casa come la Croazia, il Trentino Alto Adige o il centro Italia. Non avevo mai sperimentato viaggi intercontinentali e devo dire che come prima esperienza non è stata affatto male a parte per il jet lag e la stanchezza accumulata.
La soluzione scelta ha visto una combinazione di treno e aereo ma fortunatamente tutto è filato liscio liscio. E ci siamo pure risparmiati le scocciature di guidare e di sborsare quattrini per il parcheggio dell'auto.
Da bravi patrioti, ci siamo appoggiati a Trenitalia per raggiungere Milano e poi, dalla stazione centrale, il bus navetta per raggiungere Malpensa; idem per il ritorno. Da segnalare che grazie alla prontezza di Ale, il biglietto del FrecciaBianca da Cittadella a Milano ci è venuto a costare l'assurda cifra di 9 euro, contro i 16 (A+R) del bus navetta. Capitolo diverso per il ritorno, dove l'interregionale scelto, con cambio a Vicenza (con circa 10 minuti di lasco per cambiare treno e fare pure i biglietti), ci è costato un po' di più ma ci ha regalato grandi soddisfazioni su cui mi dilungherò più avanti. 
Confesso comunque che, nonostante i 9000 km circa di viaggio, la tratta ferroviaria è stata quella che ritenevo più "critica" per l'innata fiducia che riservo a Trenitalia e per le tempistiche piuttosto risicate. 
Comunque sia, siamo arrivati a Malpensa in perfetto orario, giusti giusti per sorbirci un po' di coda ai varchi sicurezza ma nulla di più. Non ero più stato nello scalo lombardo e, a prima impressione, mi è parso molto grande e dignitoso. Magari inferiore in termini di estetica e modernità rispetto a uno scalo come quello di Venezia (per non parlare del FIDS...vuoi mettere quello di Catania???) ma l'impatto è stato positivo. 
I monitor dei sedili Cathay Pacific
e alcuni simpatici animaletti
Da qui, in perfetto orario, abbiam preso il nostro Boeing 777 per Hong Kong. Cathay Pacific si è rivelata un'ottima scelta ad un prezzo più che accettabile. Certo, a ragion veduta, e se ne avessi avuto la possibilità, non sarebbe stato male aver speso qualche euro in più (tipo il doppio...) per viaggiare un po' più comodi, non dico in Business ma quanto meno in Premium Economy, che almeno è situata sulle ali e risparmia ai passeggeri tutto il caos dei motori. 
Non che in Economy si sia viaggiati scomodi, sia chiaro, però lo spazio vitale era un po' risicato e il fatto di aver i posti praticamente tutti occupati non ci ha permesso di stravaccarci o di espanderci. 
Per il resto, ci hanno servito due pranzi più che discreti, le hostess erano carine e disponibili (!!!) nel fornire snack e bibite, e pure l'offerta in termini di intrattenimento mediatico fornito dal display touch-screen ha permesso di affrontare in modo soddisfacente la prima tratta del volo, fino a Hong Kong. Purtroppo, sia per il cielo coperto che per le tendine dei finestrini abbassate per "ingannarci", nel corso delle circa 11 ore di viaggio non ho visto molto del mondo di fuori. Qualche sbirciatina l'ho lanciata qua e là, ma la visibilità era limitata come pure la mattinata che ci ha accolto allo scalo di Hong Kong si è rivelata piuttosto uggiosa e non ci ha permesso di vedere poi molto di ciò che circondava l'isola artificiale. 
Una volta messo piede al Chek Lap Kok Airport, il punteggio precedentemente totalizzato da Malpensa è stato notevolmente ridimensionato: per qualche motivo mi sembrava di esser finalmente approdato alla civiltà, in un mondo moderno, pulito, ordinato e immenso. I dipendenti della sicurezza, dello scalo, dei negozi, tutti erano in divisa; ovunque si estendevano pavimenti e moquette linde e pulite. E negozi a perdita d'occhio. Probabilmente l'effetto "futuro" che ho sperimentato è stato indotto dai nastri trasportatori orizzontali che hanno richiamato alla mia mente alcuni passaggi di qualche opera di Asimov.