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domenica 7 giugno 2020

Ready Player One

Titolo: Ready Player One
Anno: 2018
Regia: Steven Spielberg
Genere: fantascienza, azione
Cast: Tye Sheridan, Olivia Cooke, Ben Mendelsohn, T.J. Miller, Simon Pegg, Mark Rylance

La trama in breve:
Nel 2045 la terra è diventata un luogo inquinato, funestato da guerre, povertà e crisi energetica. Gli abitanti versano in condizioni precarie, stipati in grossi container spogli, senz'altra evasione che il nostalgico mondo virtuale di OASIS. L'universo ispirato ai ruggenti anni ottanta, creato dal milionario James Donovan Halliday (Mark Rylance), conta milioni di login al giorno per la facilità d'accesso (sono sufficienti un visore e un paio di guanti aptici) e gli scenari iperrealistici in cui sfuggire al mondo tetro e pericoloso. La notizia della morte di Halliday arriva insieme con l'ultima, stimolante sfida lanciata dall'eccentrico creatore: una caccia al tesoro da miliardi di dollari.
L'adolescente Wade (Tye Sheridan), da sempre affascinato dalla figura del programmatore, ha collezionato informazioni sulla sua vita e il suo lavoro. Attraverso l'avatar Parzival proverà ad aggiudicarsi il premio in palio, contro i potenti nemici di una malvagia multinazionale (la IOI) e un nutrito gruppo di concorrenti senza scrupoli. (fonte comingsoon)

Il mio commento:
Questo film mi sarebbe piaciuto vederlo al cinema, su maxi schermo e con il il dolby surround a diffondere le giuste vibrazioni in sala...sono convinto che sarebbe stata un'esperienza senz'altro più forte e significativa. Fermo restando che siamo comunque di fronte a un ottimo film, un concentrato di citazioni e riferimenti pop e video-ludici senza pari. Una produzione che si percepisce anche nostalgica e liberatoria, focalizzata sullo stupire lo spettatore con effetti speciali all'avanguardia, tanta azione e tanti richiami nerd. Difficile, immagino, contare tutti i riferimenti e le citazioni che compaiono o dalle somiglianza di situazioni e personaggi con altre "storie". Si intravedono qua e là molti richiami e citazioni a produzioni targate Spielberg (vedasi la DeLorean DMC di Ritorno al Futuro o al robot de Il gigante di Ferro), a videogame (Goro di Mortal Kombat, Sonic, Carmageddon, Halo, World of warcraft, shot'em up vari della Id Software, Final Fantasy...), a fumetti/manga/anime (Batman, Superman, Gundam, X-men), a film (Robocop, Alien, Nightmare, Jurassic Park, King Kong, Shining...tra l'altro stupefacente come abbiano ricreato i vari ambienti del film di Kubrik), insomma, chi più ne ha più ne metta. Per fortuna, son riusciti a gestire abbastanza bene tutta la faccenda dei diritti e dei copyright, modificando quelli di cui non si poteva disporre (vedi Star wars o Blade Runner...)
Pure la caccia al tesoro, usata come pretesto per smuovere la trama, fa venire in mente l'incipit di One Piece, con le ultime parole di Gol D. Roger a innescare una nuova era della pirateria. Qui siamo su Oasis ma poco cambia: orde e orde di giocatori si lanciano nella ricerca delle chiavi che possono dare una decisa svolta al proprio futuro.




Oasis stesso, il mega MMORPG definitivo a cui tutti si connettono rimanda a dinamiche stile Matrix, solo che in questo caso la fuga dalla realtà è voluta e cercata. In fondo, i pochi scorci del mondo reale che vengono offerti allo spettatore, mostrano una situazione deprimente e irrecuperabile assai. E forse nessuno nemmeno ci prova a cambiare il presente, tutti persi a giocare o a cercare un miglior futuro altrove. Non sono molto esplorate dinamiche legate a procreazione, sanità, religione, agricoltura e allevamenti, ma mi auguro che, per bilanciare e mantenere le infinite schiere di videogiocatori incalliti che rimangono connessi per lunghissime sessioni, ci siano anche numerosi lavoratori che si preoccupano di gestire aspetti concreti dell'esistenza. In ogni caso, decisamente, non erano questi gli aspetti cardine che agli autori importava spiegare o mostrare agli spettatori.

venerdì 15 maggio 2020

Black Mirror (Quinta Stagione)


Titolo: Black Mirror (quinta stagione)
Episodi: 3
Anno: 2019
Genere: fantascienza

La trama in breve:
Come per le precedenti, anche quest'ultima stagione di Black Mirror è costituita da episodi non collegati tra loro e focalizzati sulla deriva tecnologia e i relativi impatti sociali, politici, etici... sulla società.
Gli episodi che compongono la quinta stagione sono solamente 3:
  • Striking Vipers
  • Smithereens
  • Rachel, Jack and Ashley Too


Il mio commento:
Sinceramente, mi aspettavo molto di più. Sono consapevole che non sia facile proporre storie originali o c'entrare sempre le attese degli spettatori ma, rispetto alle precedenti stagioni, questa l'ho trovata molto sotto tono. Probabilmente si salva solo la prima delle tre puntate, Striking Vipers.
Per carità, si tratta comunque di episodi che presentano spunti interessanti su cui si possono innescare varie riflessioni e considerazioni ed è innegabile che a livello di recitazione, regia e fotografia il risultato sia più che buono, però manca quel non so che, quella verve e forza che episodi di altre stagioni hanno saputo proporre per spiazzare o comunque scuotere lo spettatore.
Non so se possa c'entrare il fatto che, tutto sommato, si tratta di episodi poco "fantascientifici" e magari più vicini a dinamiche già presenti nella vita reale. 
Comunque sia, partendo dal terzo episodio, "Rachel, Jack and Ashley Too" si concentra per lo più su dinamiche incentrate sulla figura di Ashley O, popstar / idol che sta attraversando un momento di ribellione ma di cui i fan sono innamorati, tanto che ne è stata fabbricata anche una versione "robot tascabile" perché ognuno possa averla con sé, in casa. La scelta di Miley Cyrus non so se fosse dovuta a una richiesta della stessa attrice o se per evidenti paralleli con la sua carriera, inizialmente sotto la protezione della Disney. Ad ogni modo, al netto di portare in scena il contrasto tra identità di un vip e la sua costruzione a tavolino, condizionata dalla necessità di far prevalere esigenze di marketing e di immagine alla vita reale, troviamo spunti sulla mercificazione delle star, che va ben oltre i limiti della vita - un po' come quando vengono realizzati e proposti video o brani musicali anche dopo la loro dipartita. E ancora qualche spunto sugli show live, mettendo a confronto esperienze più fisiche e personali con esperienze virtuali, con avatar e riproduzioni senza la reale presenza delle star in questione, artifici che la tecnologia ci consente di adottare e che fanno leva su ciò che il pubblico effettivamente vuole o accetta. Spunti interessanti, per carità, attuali anche, però che a mio avviso non vengono trattati in modo particolarmente provocatorio o di impatto...anche se, a dirla tutta, una certa scena poteva portare ad epiloghi ben diversi e, forse, per questo, rivelarsi più incisiva.
Fatto sta, non ho però capito se questa mia insoddisfazione dipende dalla storia proposta o se, invece, perché si tratta di dinamiche con cui già facciamo i conti e a cui siamo abituati, complici gli effetti speciali al cinema o campionature musicali rielaborate, o che magari richiamano anche altre storie (ad esempio Simone, ma solo per la parte di costruzione e virtualizzazione dei "vip")

martedì 31 dicembre 2019

Black Mirror (Quarta Stagione)


Titolo: Black Mirror (quarta stagione)
Episodi: 6
Anno: 2017
Genere: fantascienza

La trama in breve:
Anche in questa stagione, Black Mirror propone alcuni episodi slegati l'uno dall'altro ma incentrati sulla tecnologia e sugli impatti sociali, politici, etici, insomma sugli effetti collaterali ed esasperazioni connesse ad essa.
Gli episodi della quarta stagione sono 6:
  • USS Callister
  • Arkangel
  • Crocodile
  • Hang the DJ
  • Metalhead
  • Black Museum

Il mio commento:
In realtà ho concluso la visione di questa quarta stagione qualche settimana fa ma tra una cosa e l'altra ho tergiversato. In fondo, avrei potuto dedicare questo post anche ad altri argomenti o ad altri film o serie tv (ad esempio La casa di Carta) ma ho pensato che tutto sommato qualche parola su Black Mirror valga la pena spenderle. Come già accennato in altri post, si tratta di una serie molto intelligente, che fa riflettere o comunque che cerca di scuotere un po' la coscienza dello spettatore su dinamiche tecnologiche e mediatiche già in corso.
Rispetto alle precedenti questa quarta stagione l'ho trovata meno memorabile e meno originale, anche se è andata migliorando verso la fine.
Il primo episodio strizza l'occhio ai fan di Star Trek e agli appassionati (maniaci?) di videogame e a come possano trovare nella realtà virtuale un surrogato della vita vera, una realizzazione che altrimenti non vivrebbero. Certo, il tutto raccontato in modo fantascientifico, con tanto di clonazione "virtuale" delle persone, fenomeno cui pian piano ci stiamo abituando se pensiamo ai vari avatar o comunque alle presenze ricostruite al pc all'interno di film. Tuttavia, considerando storie come quelle narrate in Matrix o Tron o quelle di altre produzioni in cui reale e virtuale si mescolano, USS Callister non introduce chissà quali riflessioni se non esasperazioni di quelle che possono essere dinamiche legate alla clonazione e alla virtualizzazione.
Anche la storia vista in Arkangel non mi si è impressa più di tanto, giocata attorno al controllo remoto e al limite della privacy, in questo caso nella gestione familiare. Dinamiche attuali, dettate dall'esigenza di tutelare e proteggere, o comunque dalla paura di perdere un proprio consanguineo, comprensibili e giustificabili per carità, ma che tutto sommato già erano state esplorate, più o meno direttamente, anche in altri episodi della serie. Qui si va un po' oltre, in quanto la volontà di protezione e controllo sulla propria figlia, spinge una madre a condizionarla, a privarla di esperienze, a manipolarne le percezioni del mondo circostante di fato togliendole la possibilità di crescere appieno. 
Tematica del controllo e dell'accesso a memoria e i ricordi dell'individuo che torna pure in Crocodile, dove le esperienze personali sono estraibili ed esaminabili, un po' come accade con le scatole nere degli aerei. Dinamica utile per accertamenti vari ed eventuali ma che getta profonde riflessioni su quelli che sono i limiti della privacy. Interessante comunque, in questo episodio, il contrasto che si crea tra interiorità ed esteriorità dell'individuo, nonché il gioco tra gli ampi spazi di location e paesaggi di contro alla sensazione di essere braccati e, inevitabilmente, senza scampo, come sperimenta la protagonista.


domenica 28 ottobre 2018

Black Mirror (Terza Stagione)

Titolo: Black Mirror (terza stagione)
Episodi: 6
Anno: 2016
Genere: fantascienza

La trama in breve:
Come per le precedenti stagioni si tratta di episodi slegati l'uno dall'altro ma collegati per "tematica", ovvero la tecnologia, effetti collaterali ed esasperazioni connesse ad essa. 
Nel caso della terza stagione, gli episodi sono 6:

- Nosedive (titolo italiano: Caduta libera)
- Playtest (titolo italiano: Giochi pericolosi)
- Shut Up and Dance (titolo italiano: Zitto e balla)
- San Junipero
- Men Against Fire (titolo italiano: Gli uomini e il fuoco)
- Hated in the Nation (titolo italiano: Odio universale) 


Il mio commento:
"Recentemente" ho terminato la visione della terza stagione di Black Mirror. Tempo fa avevo pubblicato un post sulla prima mentre per la seconda mi ero limitato ad un accenno in quest'altro post. Tra la seconda e la terza a dire il vero ci sarebbe uno speciale, White Christmas, uscito in Italia nel 2015 che meriterebbe una trattazione a parte e che, a mio avviso, sarebbe benissimo potuto uscire al cinema dando una piacevole scossa al panorama sci-fi a cui il grande pubblico è oramai abituato. Prima o poi, tempo permettendo, vedrò di dedicarci un post.
Per quanto riguarda la terza stagione, invece, mi permetto di dire qualcosa ora, visto che ho finalmente un po' di tempo libero da dedicare a questo mio blog che purtroppo trascuro sempre più.
Di tutte le puntate, personalmente, quella che mi ha convinto meno è stata "Hated in the nation", seppure la considero molto buona come realizzazione e, al contempo, interessante e provocatoria. Tuttavia la vedo più simile a produzioni canoniche, con indagini e complotti basate sulla tecnologia (in questo caso mini automi a forma di ape usati in sostituzione ai comuni insetti, ormai estinti, e utilizzati per esecuzioni), per cui forse meno originale rispetto alle altre proposte. Certo, rimane comunque un episodio forte perché di fatto mette in discussione la sicurezza di chi sfrutta social, chat, o il web in generale per emettere sentenze e/o condannare gli altri ma con la tranquillità di esser protetto da nickname e una certa "intoccabilità" che la virtualità della rete offre. 










Negli altri episodi, dicevo, ho trovato altri spunti che mi hanno, probabilmente, coinvolto o stimolato di più.
San Junipero mi è piaciuto assai, anche perché fino alla parte finale non riuscivo bene a capire dove stesse andando a parare la storia, poiché le protagoniste sembravano "viaggiare nel tempo", cosa che mi faceva propendere per una sorta di simulazione virtuale o videogame...il fatto poi che l'atmosfera fosse più malinconica e sdolcinata, con un'ambientazione anni '80 e minor presenza "tecnologica", oltre al fatto che ci fossero tematiche legate all'identità sessuale e all'omosessualità mi stava portando fuori pista rispetto alla rivelazione del finale, dove si scopre che in realtà "san Junipero" non è che una specie di "aldilà virtuale", un luogo immobile nel tempo in cui portare le menti/anime di malati terminali, anziani e, chissà, di chiunque in un surrogato di vita. Qualcosa che potremmo considerare l'alba di Matrix, ma che ci porta a riflettere su come percepiamo e consideriamo il reale e l'individuo in sé, e su come, forse, in un contesto in cui tutto è virtualizzato e modificabile, possiamo considerare aspetti legati a identità, crescita, declino, diritti personali. Di certo, per un malato terminale o una persona ridotta a vegetale la prospettiva di veder se stesso "vivo" e abile può essere rassicurante ma, probabilmente, sarebbe solo una menzogna, una finzione che tuttavia ha in sé qualcosa che dal punto di vista etico, religioso e filosofico potrebbe scatenare discussioni e interrogativi a cui non è facile dare una risposta.   
Ma anche lo spazio e il tempo stesso vengono messi in discussione, come un po' accade nel folgorante "Playtest", che potremmo considerare un episodio strutturato a matrioska, un po' alla Inception per i vari "risvegli" e livelli di profondità, un po' alla Matrix per dinamiche di "virtualità indotta". Personalmente mi è piaciuto assai, anche per il velato humor che c'è nel considerare tutta la situazione e come certi piccoli imprevisti possano fare la differenza tra la vita e, beh, la morte. 

venerdì 3 agosto 2018

The signal

Titolo: The signal
Regia: Will Eubank
Anno: 2014
Genere: sci-fi
Cast: Laurence Fishburne, Olivia Cooke, Beau Knapp, Sarah Clarke, Lin Shaye, Robert Longstreet

La trama in breve:
Tre studenti di college in viaggio attraverso il sud-ovest degli Stati Uniti sono costretti ad una deviazione per andare sulle tracce di un misterioso e geniale hacker che è entrato nei sistemi del MIT ed ha evidenzato falle nel sistema di sicurezza. Nella loro ricerca, i tre amici finiscono in un'area strana e isolata del Nevada, dove all'improvviso tutto diventa scuro. Quando uno di loro, Nic, riprende conoscenza, si ritrova dentro un incubo ad occhi aperti...  (fonte ComingSoon)

Il mio commento:
Se guardo alla data dell'ultimo post su questo blog provo un po' di vergogna...davvero non mi capacito di quanto sia trascorso e di quanta poca energia mi riesca di ritagliarmi per portare avanti questi miei progetti personali. Avrei anche un libro, un mini romanzo, che prima o poi vorrei concludere ma che invece continuo a guardare solo da distante...
In ogni caso, sono qui ora, e ne approfitto per una segnalazione lampo di un film visto recentemente su Rai 4 e che, sinceramente, mi ha sorpreso. Per cui ve ne parlo, sperando di suscitare anche in voi un po' di curiosità per questa pellicola già presentata al Sundance Film Festival nel 2014.
All'inizio, The Signal mi ha incuriosito per il tono che aveva, per l'atmosfera che da subito il regista è riuscito a creare grazie alla fotografia e alla presentazione dei personaggi. Qualcosa che mi richiamava opere di autori blasonati, qualcosa tipo Tree Of Life per dire.
Assieme ad un amico, il protagonista, Nic, affetto da distrofia muscolare, sta accompagnando la sua amica/ragazza in California: per cui entrano subito in gioco sentimentalismi, romanticismo, possibilità di qualche lacrimuccia...e invece no. Ben presto la storia prende una piega inattesa, con la caccia a un hacker con cui i tre avevano un conto in sospeso e che sembra perseguitarli fino ad approdare al luogo da cui proviene "il segnale", l'origine della comunicazione di tale NOMAD.
E fino a qui, tutto sommato, il film mi stava attirando più per il tono, per la drammaticità della situazione che per la trama in sé: la narrazione in sé è discretamente coinvolgente e impreziosita da scelte di regia e di fotografia che enfatizzano la sensazione di perdita imminente, la nostalgia per un legame che si sta "troncando".Insomma, c'è sofferenza e c'è sentimento, ma c'è anche voglia di rivalsa, di fare qualcosa di forte, di sconfiggere un avversario... o quanto meno di capire che sta accadendo. Che poi sarà un po' tutta la spinta del film, che alla base vede proprio la determinazione di Nic, già bastonato dalla vita per via della propria condizione fisica, ma che ciononostante va avanti e cerca di essere una persona attiva e positiva, non tanto nel senso di gioviale ma di fare qualcosa per gli altri.

domenica 3 dicembre 2017

Black Mirror (Prima Stagione)

Titolo: Black Mirror (prima stagione)
Episodi: 3
Anno: 2011
Genere: thriller, fantascienza

La trama in breve:
Trattandosi di una serie antologia, ogni episodio rappresenta un nucleo narrativo a sé, indipendente dagli altri: riporto stralci di trama recuperati da wikipedia.

Messaggio al Primo Ministro / The National Anthem: L'episodio pilota della serie è un thriller politico durante il quale il primo ministro del Regno Unito, Michael Callow, affronta un enorme dilemma scioccante, quando la principessa Susannah, duchessa di Beaumont e membro molto amato della famiglia reale, viene rapita: affinché ella ritorni a casa sana e salva, il primo ministro deve avere un rapporto sessuale con un maiale in diretta nazionale alle ore 16 del giorno stesso. Callow si oppone con forza al soddisfacimento di tale richiesta e fa tutto il possibile per catturare il rapitore prima della scadenza dell'ultimatum. Callow ordina inoltre che la notizia non raggiunga la gente, ma il video della richiesta di riscatto è stato caricato su YouTube e, nei soli 9 minuti in cui è stato online prima della rimozione, è stato visualizzato e scaricato da parecchi cittadini britannici. Anche se i media inglesi inizialmente concordano sul fatto di non riportare la notizia, essa raggiunge presto i canali d'informazione stranieri, che iniziano subito a divulgarla, e i media inglesi fanno altrettanto. La popolazione inizia a vedere positivamente il primo ministro, disposto a sacrificarsi per il bene della principessa. 

15 milioni di celebrità / 15 Million Merits: Quest'episodio è ambientato in una versione distopica di una realtà futura, in cui tutti devono pedalare su delle cyclette per poter dare energia a ciò che li circonda e in cambio ottenere una valuta chiamata Merito. Tutti indossano una tuta da ginnastica grigia e possiedono un avatar virtuale che si può personalizzare con vestiti per pochi Meriti. In questo mondo le persone sono costantemente circondate da schermi con programmi televisivi e pubblicità e, se si tenta di chiudere gli occhi, un rumore fastidioso e un avviso obbligano a tornare alla visione. Gli obesi vengono considerati cittadini di serie B, e lavorano, vestiti con una tuta gialla, come spazzini attorno alle macchine (dove subiscono abusi verbali) o vengono umiliati nei giochi a premi. Le persone dormono in cubicoli cosparsi di schermi: spendendo dei Meriti è possibile saltare le pubblicità, e i Meriti servono per qualsiasi servizio quotidiano, dal dentifricio al cibo. Due tra i programmi che vanno per la maggiore sono "Wraith Babes", una trasmissione pornografica, e "Hot Shots", un seguitissimo talent show.

Ricordi pericolosi / The Entire History Of You: Il terzo ed ultimo episodio della prima stagione è ambientato in una realtà alternativa, dove la maggior parte delle persone ha un "grain" impiantato dietro l'orecchio, che registra tutto ciò che si fa, vede o sente. Ciò permette ai ricordi di essere riprodotti davanti agli occhi del proprietario o su uno schermo attraverso un processo conosciuto come "re-do", esattamente come dei video. Sembra che questo grain venga impiantato fin da neonati, ma che una persona possa decidere di farselo rimuovere. Liam Foxwell, un giovane avvocato, partecipa ad un colloquio di lavoro che, secondo lui, non è andato bene. Dopo esser andato via dall'incontro, egli ne riproduce il ricordo e si sofferma su una frase apparentemente non sincera usata dal suo datore di lavoro. Raggiunge la moglie Ffion ad una cena organizzata da alcuni amici e conoscenti e la vede parlare con un uomo, che non riconosce, e che lei presenta come Jonas. A cena, Jonas si palesa come un uomo single e sciupafemmine, e parla sempre più francamente della propria vita privata e dice apertamente di masturbarsi mentre rivede i rapporti sessuali avuti nelle proprie relazioni precedenti, anche mentre il suo flirt della serata lo aspetta in camera. Durante il pasto, Liam diventa sospettoso di quanto amorevolmente Ffion sembri guardare Jonas e lo diventa in special modo quando lei ride ad una battuta di Jonas, non così divertente.

Il mio commento:
Era da un po' che sentivo parlare di questa serie ma, per un motivo e per un altro, l'avevo lasciata perdere. Recentemente ho però avuto l'occasione di vederla, confortato dal fatto che, una volta selezionata su Netflix, mi son reso conto che era composta da solo 3 episodi. "Solo" per modo di dire visto che si tratta, fondamentalmente, di tre film ben realizzati, tosti e densi sotto più punti di vista.

martedì 26 settembre 2017

La caduta di Hyperion

Titolo: La caduta di Hyperion
Autore: Dan Simmons   
Traduttore: G. L. Staffilano 
Editore: Fanucci Editore
Genere: Fantascienza
Pagine: 545

La trama in breve:
I sette pellegrini hanno raggiunto le Tombe del Tempo di Hyperion e sono al cospetto dello Shrike; intorno a loro divampa lo scontro tra gli Ouster e le forze dell’Egemonia. John Keats, una macchina umana costruita dalle Intelligenze Artificiali in cui è stata ricreata la coscienza del poeta, riesce a scoprire dove risiede il loro nucleo operativo, ma il fatto che si trovi all’interno dei teleporter comporta conseguenze inquietanti: bisognerebbe riportare indietro l’orologio dell’evoluzione umana, evitando così di soccombere alle Intelligenze attraverso la distruzione della Rete su cui si fonda l’Egemonia. Mentre i capi dell’Egemonia si trovano di fronte a una scelta di vita o di morte, il destino dei pellegrini si unisce inesorabilmente con quello dell’intera umanità.
Con La caduta di Hyperion, Dan Simmons descrive un mondo decadente e profondo, dove la fantascienza trova la sua massima espressione e ci regala un romanzo indimenticabile.

Il mio commento:
Ordunque, è da più di un mese che non aggiorno il blog ma, prima che anche settembre scivoli via, ho deciso di postare qualcosa. Non che di cose che avrei potuto raccontarvi non ce ne siano state - vacanze con Silvia in Val di Sole e dintorni, corsi e uscite col gruppo di salsa, pure un paio di lezioni di yoga fitness all'aperto, corso maestri di Qi Xing Tang Lang Quan, ripresa corsi di Qi Xing Tang Lang Quan a Camposampiero con annesso e imprevisto ma graditissimo arrivo di numerosi nuovi allievi ... per non parlare di serie televisive o film visti oppure persi... - ma il tempo che riesco a ritagliarmi per codesto blog ormai è sempre più risicato. 
Tuttavia, visto che son riuscito a completare la lettura di un libro (se, capirai che grande passo per l'umanità, direte voi...), complice un weekend all'insegna del raffreddore e di un accenno di influenza, ne approfitto per raccontarvi qualcosa proprio di questo.
Del libro, intendo.
Quasi un anno fa, parlai in questa sede di Hyperion, primo libro della tetralogia fantascientifica I canti di Hyperion di Dan Simmons. Orbene, ieri sono finalmente riuscito a concludere il secondo capitolo di questa saga, una lettura iniziata in terra africana durante la trasferta di maggio-giugno e protrattasi finora.
Analogamente a quanto sperimentato con il primo libro della serie, non posso fare a meno di genuflettermi dinnanzi a questo autore strabiliante e replicare i gesti visti in Fusi di Testa.
La lettura è stata senza dubbio un'esperienza ardua e faticosa, complessa e nient'affatto banale, pregna e ricca di tantissimi elementi e rimandi e commistioni di generi. Diversamente dal primo libro, qui non ci troviamo di fronte a n mini romanzi differenziati per generi e intervallati da episodi di storia presente vissuta dai protagonisti. La narrazione procede invece su più livelli, su più dimensioni spazio temporali in contemporanea, in alcuni punti avanti nel tempo in altri nel mondo tecnologico delle Intelligenze Artificiali (il TecnoNucleo). Ecco allora che il lettore si troverà a girovagare in contesti e situazioni differenti, pressanti, sofferte, con la minaccia di una guerra globale che incombe, con misteri da svelare, con le enigmatiche Tombe del tempo ormai aperte, con drammatiche decisioni nelle mani dei protagonisti. Personaggi ritrovati e che, ciascuno a modo suo, contribuirà a sbrogliare la situazione, personale e non. Chi, ad esempio, nei panni del Primo Funzionario Esecutivo del Senato dell'Egemonia dell'Uomo, Meina Gladstone, alle prese con un disastroso tentativo di difesa contro la dilagante minaccia Ouster; chi nei panni di un essere a metà tra creatura vivente e cibernetica, come il cibrido di John Keats che, sognando, riesce a stabilire un contatto al di là di ogni comprensione con quanto sperimentano i pellegrini su Hyperion; chi ancora come pellegrino, alle prese con i misteri di Hyperion e la terribile presenza dello Shrike...c'è davvero tanto, troppo oserei dire, eppure in questo libro l'autore è riuscito a condensare qualcosa di epico, di biblico addirittura. Difficile, anche perché lo stesso autore ce lo suggerisce attraverso le parole e gli studi di Sol Weintraub, uno dei pellegrini, che "sacrifica" la propria figlia cedendola allo Shrike, un sacrificio fatto con amore, come atto di fede e disperazione e che, al contempo, rimanda al gesto di un certo Abramo verso il Dio del Vecchio Testamento. Così come biblici sono i riferimenti verso l'attesa di una promessa "intelligenza finale" e il parallelo tra il cibrido John Keats e Giovanni Battista, entrambi anticipatori del messia che porterà la salvezza.

domenica 23 ottobre 2016

Una caduta accidentale

Una manovra ordinaria, normale, come infilarsi il giubbotto.
Un gesto banale, compiuto innumerevoli volte.
Ma lui non è d'accordo: scorge la tasca aperta, intona "I believe I can fly" e spicca il volo atterrando però sul pavimento maledicendo la forza di gravità.
Un impatto duro, imbarazzante, ma non così grave.
Almeno in apparenza.
E invece... ko tecnico... display incosciente, renderizzazione video assente, solo qualche accenno di colore.
Fondamentalmente il mio Sony Xperia Sp è crepato.
Cioè, sarebbe anche vivo, riceve telefonate e notifiche, ma non ci posso praticamente far nulla perché il display è passato a miglior vita. E forse non solo quello.
Poco male, mi son detto quando ancora non avevo realizzato il destino del device Sony, che sarà mai tornare ai bei vecchi tempi quando il mondo viveva di cellulari senza touch-screen, senza perenne connessione a social e app di messaggistica istantanea. Un'epoca, neanche così lontana, in cui il browser manco era integrato nel cellulare, in cui gli sms imperavano e il navigatore era solo quello che, nel rally, se ne stava seduto accanto al pilota.
Che sarà mai, mi dicevo.
Invece, a distanza di 2 giorni, ben 2 giorni, mi sento un paria, un essere immondo e vergognoso.
Tagliato fuori dal mondo e da tutte quelle dinamiche che, fino a giovedì, erano scontate, immediate.
Ma è soprattutto la consapevolezza di non aver accesso immediato al web e alle sue risorse così come la non certezza che gli "altri" sappiano o riescano a contattarmi.
Già il fatto di non avere un account su Facebook genera sorpresa e al contempo ribrezzo nelle persone, che ti guardano come fossi un alieno, anzi, un paria. In ogni caso, e poi chiudo parentesi, "Si può fare!". Vivere senza FB, intendo. Chiusa parentesi.
Se a questo si aggiunge la mancanza di Whatsapp e compagnia bella...
In ogni caso, con mia sorpresa, superato lo smarrimento iniziale, sto scoprendo che si può vivere anche senza smartphone.
Addirittura ci son vantaggi insospettabili come l'affrancatura dall'assillo di aver sufficiente carica nel cellulare, l'assenza di una certa dipendenza da controllo compulsivo di presenza messaggi e notifiche, pure la guida - ahem - in un certo senso è più tranquilla e priva di distrazioni....ma non vorrei approfondire troppo questo argomento visto cosa mi combina la Peugeot...
Certo, è vero che si nota la mancanza di altre cose, però questo cambio forzato mi ha dato da pensare a quanto, volenti o nolenti, si sia dipendenti dalla tecnologia o, meglio, di quanto si sia dipendenti da un modo di vivere fortemente vincolato alla tecnologia e alla comunicazione.
C'è da meravigliarsi nel riflettere su come, in pochi anni, si sia arrivati a questo e a quanto il nostro modo di essere e di vivere sia fortemente condizionato e libero solo in parte. Non una dinamica nuova, per carità, né solo di appannaggio alla popolazione italiana. Nemmeno - me ne rendo conto - sto rivelando al mondo qualcosa di nuovo, però in effetti in questi due giorni mi son reso conto di quale "mutilazione" si avverte nell'aver perduto il contatto, la chiave verso un contesto social-tecnologico, che non si cura di chi rimane fuori o indietro. 
Tranquillo amore: il droide
del centro assistenza ha detto
che nel giro di due giorni al massimo
riavrai il tuo occhio bionico
con i sensori per la augmented
reality perfettamente riparati.
Su, stai sereno e non ti preoccupare
Certo, magari sto iperbolizzando il tutto come mio solito, ma la sensazione è proprio questa, di restare relegati in una dimensione altra, parallela a quella reale in cui tutto avviene alla velocità della luce e immediatamente, mentre con l'arcaic device di cui alla prima diapositiva, nonostante il vantaggio di una comoda e pratica tastiera fisica, ci si sente un po' fuori luogo, disconnessi, in vista di un miraggio che si sa esser reale ma incapaci di poterlo raggiungere. E tutto questo è molto triste, esser consapevoli di questa sorta di dipendenza, intendo. Vien da chiedersi come sarà in futuro, quando magari saremo attorniati da droidi o da GoogleCar e ci troveremo, magari anche solo per un giorno, sconnessi, tagliati fuori dalla normalità in cui, con un gesto o un tap, sveliamo mondi o scateniamo vagonate di interazioni remote.
Anzi, nell'ipotesi che nel futuro si vada verso i chip sottocutanei e l'integrazione di device nei tessuti biologici, mi vien male solo a pensare a quel che potrebbe capitare in caso di guasto di qualche device o sostituzione di essi...  

domenica 18 settembre 2016

Ex Machina

Titolo: Ex Machina
Regia: Alex Garland
Anno: 2015
Genere: sci-fi
Cast: Domhnall Gleeson, Oscar Isaac, Alicia Vikander, Sonoya Mizuno, Chelsea Li.

La storia in breve:
Tra tutti gli impiegati del grande motore di ricerca per cui lavora, Caleb è stato scelto per il prestigioso invito nella residenza del mitologico fondatore della società e inventore dell'algoritmo di ricerca. Arrivato in una zona a metà tra la magione irraggiungibile (lo porta un elicottero privato che si ferma diversi chilometri prima del primo edificio) e il rifugio zen, Caleb comprende di essere stato scelto da Nathan per un importante esperimento. Da decenni infatti Nathan è al lavoro sulla costruzione di un'intelligenza artificiale e Caleb deve testarla per capire se abbia raggiunto o meno il suo obiettivo.  (fonte mymovie)

Il mio commento:
Finalmente ho un po' di tempo per dedicarmi a questo blog, ormai praticamente alla deriva.
Avevo intenzione di parlare di The Wolf of Wall Street, visto qualche settimana fa, tra l'altro concluso la sera prima della visita alla filiale di Banca Etica (giusto per eventuali rapidi raffronti), piaciuto e apprezzato assai, ma poi l'occasione è venuta meno.
Piuttosto, visto che l'ho recentemente recuperato, preferisco spendere due parole per segnalare, a chi ancora non lo conoscesse, questo piccolo gioiellino che è Ex machina, uscito nelle sale italiane nell'anno domini 2015.
Il film potrebbe richiamare alla mente, per certi versi, testi come Frankenstein oppure ri-allacciarsi ad altre opere cinematografiche che hanno affrontato il rapporto uomo-macchina anzi, meglio, il rapporto uomo-IA. Ed è bello notare che, come quasi sempre accade, se c'è di mezzo l'invenzione di qualcosa di sensazionale non c'è mai un team ma un unico uomo, uno che da solo si smazza dinamiche fisiche, elettroniche, software, psicologiche, scelta di materiali... mah...
Al di là di queste piccolezze, a mio avviso, Ex machina è un film ben realizzato e ben orchestrato, che procede gradualmente nello sviluppo della propria trama e nell'analisi di AVA, cercando di depistare anche lo spettatore sulla reale "verità" e sulle motivazioni dei personaggi.
Non sono così convinto che il test eseguito da Caleb sia esattamente un test di turing (in teoria, non avrebbe dovuto avere evidenza che AVA è un'IA/macchina, cosa che invece viene immediatamente spiattellata) né condotto in modo esattamente scientifico (mi pare molto improvvisato e lasciato a sensazioni e intuizioni, che a prove concrete), però ai fini dello spettacolo funziona e permette di intessere una serie di dialoghi utili a inquadrare i personaggi, oltre ad essere funzionale per creare sospetti e creare complicità. Tutto funziona perchè fondamentalmente il cast è valido e perché l'attenzione dello spettatore è solleticata da dinamiche psicologiche ora assimilabili a quelle di un interrogatorio ora da visioni di spettacolari location e spazi liberi. 

lunedì 22 agosto 2016

Hyperion

Titolo: Hyperion
Autore: Dan Simmons   
Traduttore: G. L. Staffilano 
Editore: Fanucci Editore
Genere: Fantascienza
Pagine: 455

La trama in breve:
Nel 2700 gli esseri umani, grazie allo sviluppo della tecnologia dei teleporter, si spostano istantaneamente nella galassia, ma un terribile esperimento, il Grande Errore, ha causato la distruzione della Terra e la diaspora dell’uomo nello spazio, dando vita così a una nuova federazione che unisce tutti i mondi abitati: l’Egemonia dell’Uomo. Alla vigilia dell’Armageddon, sette pellegrini affrontano un ultimo viaggio verso Hyperion, in cerca delle risposte agli enigmi della loro vita. Ognuno di loro deve raccontare agli altri la propria storia, per farsi conoscere e dimostrare di non essere una spia. I racconti dei sette ruotano intorno ai mondi e alle difficoltà che circondano lo spazio: dalla minaccia degli Ouster, discendenti dei primi coloni che fanno a meno della tecnologia, al ruolo della Chiesa Shrike, temuta da tutti. E in questi racconti, di una bellezza sfolgorante, sta la chiave che permetterebbe loro di salvare l’umanità. Torna in libreria un grande classico della fantascienza, definito una delle letture fondamentali per gli amanti del genere e non solo. (fonte Fanucci Editore)

Il mio commento:
Ho letto questo libro in formato ebook, recuperato grazie alle offerte periodiche che Amazon lancia e totalmente ignaro, come sempre, dell'esperienza di lettura cui mi stavo avviando.
Ammetto che non è stato un percorso semplice quello che mi ha condotto fino alla conclusione di questo primo capitolo de I Canti di Hyperion (The Hyperion Cantos) sia per il tipo di narrazione che per il lessico adottato, ricco di neologismi e termini presi direttamente dalla realtà futuristica che funge da ambientazione alle vicende del romanzo. Procedendo nella lettura ho comunque preso la misura della stile dell'autore e mi son lasciato avvincere dalla storia, anzi, dalle storie dei partecipanti all'ultimo Pellegrinaggio allo Shrike.
Fondamentalmente, le sensazioni che ho sperimentato e il rispetto che ora provo verso Dan Simmons credo si possano riassumere in questa gif presa dal mitico Wayne's world (Fusi di testa) di Mike Myers:


Il romanzo ruota attorno al pellegrinaggio che sette particolari persone effettuano verso le Tombe del Tempo situate sul pianeta Hyperion, una spedizione concordata dalla Chiesa Shrike e dalla Totalità (praticamente il governo). Le Tombe del Tempo rappresentano un mistero da svelare: poiché circondate da un campo antientropico, si muovono a ritroso nel tempo per cui si suppone che provengano dal futuro. Oltre a ciò, la zona è controllata da una misteriosa entità, lo Shrike, una sorta di brutale divinità cibernetica.
Ma il viaggio costituisce solo una parte della narrazione proposta dall'autore in quanto nello sviluppo del romanzo ciascuno dei pellegrini, a turno, narra della propria esperienza e del motivo per cui è collegato a Hyperion e/o allo Shrike. Ciascuna di queste parti costituisce una sorta di mini-romanzo a sé, differenziato per narratore, stile e genere, rispecchiando la personalità, la voce e le caratteristiche del protagonista delle vicende.
In prima battuta facciamo la conoscenza dell'ombroso ed emaciato padre Lenar Hoyt ne "Il racconto del prete: l'uomo che si lamentò di Dio", una storia che ha i contorni del diario e che racconta della spedizione nella comunità dei Bikura e della scoperta del crucimorfo, una sorta di parassita alieno in forma di croce che lo Shrike impiantò nel corpo di padre Durè, gesuita mentore di Hoyt, e che preserva gli stessi Bikura dalla "vera" morte. 
Quindi conosciamo il granitico colonnello Kassad e la sua storia - "Il racconto del soldato: Gli amanti di guerra" - giocata tra esercitazioni di guerra realizzate tramite realtà virtuale e la relazione intessuta con Moneta, forse anche'essa un'entità virtuale, che finisce per trasfigurarsi in quello che potrebbe essere lo Shrike. La narrazione procede alternando realtà e ricostruzioni virtuali, giocando tra azione, passione e descrizioni dipanate tra presente e il passato cui le esercitazioni si rifanno.
Ne "Il racconto del poeta: Canti di Hyperion" conosciamo invece il poeta Martin Sileno, satiro e letterato, nobile decaduto, avvinazzato e dedito al vizio nonché a comporre opere poetiche, la cui storia narra di cadute e di rinascite fino all'insediamento su Hyperion, nella Città dei Poeti voluta da Re Billy il Triste, e alla mattanza della comunità da parte dello Shrike. Tra i vari racconti probabilmente è quello che, come preferenza, collocherei tra il primo e il secondo posto, assieme a quello del Console, soprattutto per l'originalità della dialettica di Sileno nonché per il turpiloquio con cui è costretto a esprimersi a causa di una momentanea regressione mentale.

domenica 26 giugno 2016

Lei (Her)

Titolo: Lei - Titolo originale: Her
Regia: Spike Jonze
Anno: 2013
Genere: commedia, sci-fi
Cast: Joaquin Phoenix, Scarlett Johansson, Amy Adams, Rooney Mara, Olivia Wilde, Chris Pratt, Portia Doubleday

La trama in breve:
Theodore è impiegato di una compagnia che attraverso internet scrive lettere personali per conto di altri, un lavoro grottesco che esegue con grande abilità e a tratti con passione. Da quando si è lasciato con la ragazza che aveva sposato però non riesce a rifarsi una vita, pensa sempre a lei e si rifiuta di firmare le carte del divorzio. Quando una nuova generazione di sistemi operativi, animati da un'intelligenza artificiale sorprendentemente "umana", arriva sul mercato, Theodore comincia a sviluppare con essa, che si chiama Samantha, una relazione complessa oltre ogni immaginazione. (fonte mymovies)

Il mio commento:
A me pareva che "her" volesse dire "suo (di lei)".
E visto il film (almeno 10 giorni fa...) e quello che narra, credo che "suo" poteva funzionare benissimo. Mentre la scritta "lei" che campeggia sul volto in primo piano di un Joaquin Phoenix con i baffi può generare qualche fraintendimento, soprattutto in questi anni di sessualità promiscua e incerta.
Ad ogni modo, già regista di "Essere John Malkovich", Spike Jonze confeziona una discreta pellicola, sostenuta grandemente dalle capacità recitative dei protagonisti, uno fisico uno virtuale, e ben reso anche da chi si è occupato del doppiaggio italiano. Apprezzate anche le location scelte, metropoli come Shanghai e Los Angeles, che collocano le vicende in un contesto che potrebbe essere ora così come tra qualche anno, in un mondo più moderno e tecnologicamente avanzato.
Lei/Her è una storia che sta a metà tra commedia romantica e fotografia di quello che è il rapporto tra persone e tecnologie, di come cambia anche il modo di relazionarsi, di accettare e vivere l'emotività e tutta la sfera affettiva. 
Soprassedendo sugli aspetti tecnologici e sulla possibilità che si vengano a sviluppare e distribuire sistemi come Samantha, c'è un passaggio nel film in cui Theodore si sente quasi in imbarazzo nell'ammettere di avere una relazione "virtuale", con la tecnologia. Di esserne ben più che dipendente. Ma si trova di fronte a una serena accettazione: non solo i suoi conoscenti non si imbarazzano affatto - c'è una scena in cui si tiene un pic-nic con Theodore, un collega con la sua compagna, e lo smartphone di Theodore da cui "presiede" Samantha -, ma addirittura scopre di non essere l'unico a sperimentare la ricchezza di un tale singolare rapporto.
E' un momento del film che mi ha fatto un po' sorridere, ma anche riflettere su come certi fenomeni oggigiorno vengano semplicemente "rilevati" e automaticamente accettati o respinti. Non si va più in profondità, non ci si interroga troppo sulle implicazioni etiche, sulla portata di certe decisioni e scelte... tutto scorre via e viene metabolizzato. Seguiamo il flusso e non ci scandalizziamo più di tanto.
Motivo per cui la storia tra Theodore e Samantha - che potrebbe benissimo essere una persona in carne ed ossa che semplicemente non vediamo o incrociamo nella nostra esperienza cinematografica - viene accettata facilmente. E non viene nemmeno scambiata per una sorta di scorciatoia per soddisfare istinti e necessità, soprattutto perché Theodore ci viene presentato come una persona sensibile, creativa, buona, uno fondamentalmente "a posto" sia dal punto di vista mentale che emotivo.

domenica 8 maggio 2016

Automata

Titolo: Automata
Regia: Gabe Ibáñez
Anno: 2014
Genere: sci-fi
Cast: Antonio Banderas, Dylan McDermott, Melanie Griffith, Birgitte Hjort Sørensen, Robert Forster, Christa Campbell

La trama in breve:
2044 La superficie della Terra si sta desertificando in maniera innaturale e a causa dell'uomo. Vaste lande desolate e inabitabili a causa delle radiazioni prima hanno decimato gli uomini e poi li hanno costretti ad arroccarsi in megalopoli. Da tempo i robot sono una realtà quotidiana, per lo più impiegati come operai con disprezzo da parte dei padroni. Hanno due direttive inalterabili: non possono mettere a rischio nessuna forma di vita e non possono alterare se stessi in nessuna maniera.
Jacq, detective per una società di assicurazioni, entra in contatto con un robot che viola le direttive davanti a lui riparandosi, scopre così qualcuno l'aveva alterato. Non è il solo a mostrare segni di pensiero indipendente, così il detective viene assegnato all'indagine e capisce che da qualche parte esiste qualcuno che sta modificando i robot per dargli una vita migliore. (fonte mymovies)

Il mio commento:
Ho realizzato solo ora che questo è uno di quei film per i quali, inspiegabilmente, la setta segreta dei traduttori e adattatori di pellicole per il pubblico italiano non ha avuto la malsana idea di modificare il titolo. Molto probabilmente avran pensato che trattandosi di un prodotto di fantascienza, non serviva, non molti l'avrebbero guardato.... In effetti la pellicola di Gabe Ibáñez non ha recimolato poi molto in termini di incassi. E si che bastava vendere meglio la presenza di Christa Campbell e del suo passato da atleta nella lingerie football...
Comunque sia, Automata a me è piaciuto. Tratta alcune tematiche, quella del rapporto uomo macchina, dell'autocoscienza dei robot, del futuro post-apocalittico, che proprio nuove non sono ma riesce comunque a proporre qualcosa di interessante. Nel seguire le vicende di Jacq e delle sue indagini, un po' mi son tornati alla mente Blade Runner ed Ergo Proxy, così come echi di Humandroid (aka Chappie) di Neill Blomkamp, visto qualche tempo fa a bordo di Qatar Airways tornando da quel posticino ameno di Singapore. Devo dire che Banderas lo sto abbastanza rivalutando negli ultimi tempi: non è un attore che ho seguito molto ma qui fa una discreta figura divenendo una sorta di mezzo per l'evoluzione robotica. Non esattamente una scelta voluta o dettata da competenze particolari, semplicemente si tratta di un uomo che si viene a trovare coinvolto in qualcosa di più grande, a contatto con verità segretate e con dinamiche nuove. E' due volte padre, per certi versi, sia in termini biologici nei confronti della propria compagna e della creatura che porta in grembo, sia perché contribuisce alla mission degli automata (gli androidi) nel tentativo di evolvere, realizzando una nuova versione di sé stessi. 

domenica 30 agosto 2015

Downgrade - Riduzione di complessità

Titolo: Downgrade - Riduzione di complessità
Autore: Sam L. Basie
Editore: BraviAutori
Genere: downpunk
Pagine: 133

La trama in breve:
È probabilmente il primo libro del genere Downpunk, ma forse è meglio dire che il genere Downpunk è nato con questo libro. Sam L. Basie, autore ingiustamente sconosciuto, presenta una visione dell'immediato futuro che ci lascerà a bocca aperta.
In un futuro dove l'individuo è perennemente connesso alla globalità tanto da renderlo succube grazie alla sua immediatezza, è l'Umanità intera a operare su se stessa una "riduzione di complessità", operazione resa necessaria per riportare l'Uomo a una condizione di vita più semplice, più naturale e più… umana. Nel libro, l'autore afferma che "anche solo una volta all'anno, l'Essere umano ha bisogno di arrangiarsi, per sentirsi vivo e per dare un senso alla propria vita", ma in un mondo dove tutto ciò gli è negato dall'estremo benessere e dall'estrema tecnologia, le menti si sviluppano in maniera assai precaria e desolante, e qualsiasi inconveniente possa capitare diventerà un dramma esistenziale.  

Il mio commento:
Questo libricino mi è capitato per le mani in modo rocambolesco: in realtà ero in contatto con un certo Massimo Baglione (di BraviAutori) per la lettura del mio Vuoto di Luce nell’ambito di una catena di lettura e invece per una questione di generi - diciamo così - mi son trovato a leggere Downgrade, testo pubblicato con il marchio BraviAutori.
L’autore, questo fantomatico Sam L. Basie di origini finlandesi e che scrive e parla solo nella sua lingua natia, mi ha pure lasciato una dedica … in italiano… mumble mumble…
Comunque, nel complesso il testo scivola via in modo scorrevole e senza intoppi ma, a mio avviso, non fa dell’approfondimento il suo punto forte. Ci sono infatti vari episodi che potevano svilupparsi in modo molto più complesso e attento, o comunque venir confezionati in modo maggiormente accattivante; purtroppo rimangono più “generici” e semplicistici. Mi riferisco ad esempio agli scorci di società moderna offerti dalle vicende dei vari “tizio” e “tizia”, personaggi anonimi e bidimensionali protagonisti di situazioni per così dire estreme in un mondo talmente internet dipendente e tecno-centrico qual è quello tratteggiato in Downgrade, ossia l’esasperazione del nostro. Ma non solo, anche i dialoghi sono molto diretti e schietti sia che ad animarli siano un perfetto sconosciuto (nonché potenziale terrorista) e il presidente mondiale oppure un bimbo delle elementari e un reduce del “mondo prima del Downgrade”. Gli stessi personaggi, molto pochi in verità, meritavano qualche caratterizzazione e un background in più.

venerdì 1 maggio 2015

Operazione Cristopher

Titolo: Operazione Cristopher
Autore: Mario Filippeschi
Editore: Elison Publishing
Genere: romanzo storico
Pagine: 505

La trama in breve:
Europa del 1944. Gli alleati, temendo che la Germania nazista possa realizzare un’arma atomica, pongono in cantiere l’Operazione Cristhopher, un diabolico progetto teso a confondere e fuorviare le ricerche degli scienziati tedeschi.  A seguito dell’iniziativa alleata, tra le macerie di una Germania ormai morente, si intrecciano lotte sotterranee e raffinati inganni tra i sevizi di spionaggio e controspionaggio alleati e quelli dell’Abwher tedesco e delle SS. Lo scritto fonde la fantasia della sua trama col rigore storico che corre sul filo conduttore di fatti, in parte inediti e realmente accaduti, riguardanti il fallito progetto atomico tedesco. Il romanzo è frutto di anni di lavoro e accurate ricerche con descrizioni fedeli ed efficaci come linguaggi, stili comportamentali, gradi militari della Gestapo e delle SS, servizi di spionaggio e controspionaggio, Berlino, Germania devastata e altro. Le personalità descritte, i dialoghi, le tecnologie, le sigle, i termini, gli esperimenti condotti, le situazioni e ambienti corrispondono alla rigorosa realtà storica. Il personaggio principe è frutto della fantasia dell’autore. 

Il mio commento:
Come già accaduto con I violini del cosmo, ho letto questo ebook su proposta dell'editore stesso nell'ambito di una campagna promozionale di Elison Publishing. Rispetto alla lettura precedente, questa volta siamo di fronte però a un testo che si configura come un vero romanzo per cui con una struttura e un impianto narrativo di ben altro tenore. 
Nelle circa 500 pagine di cui si compone l'opera, l'autore ci porta dentro e fuori dal Terzo Reich, seguendo le vicende dell'italianissimo Edoardo Braschi, capitano dell'esercito nostrano ma anche scienziato e, per forza di cose, spia per conto degli alleati. Il personaggio che ne emerge è assimilabile a una sorta di James Bond, un tipo pragmatico, preparato, che padroneggia più lingue, dall'indubbio fascino e carisma e che nonostante le indiscutibili conoscenze scientifiche non si tira indietro se c'è da paracadutarsi o sopravvivere in un territorio precario e ostile come risulta essere quello della Germania nazista durante gli ultimi anni della seconda guerra mondiale.
Tra i vari personaggi, il protagonista è senza dubbio quello più approfondito e caratterizzato. Gli altri vengono tratteggiati e presentati attraverso dialoghi e situazioni in cui avvengono, per lo più, confronti dialettici, siano questi in seno all'Uranverein (che è il nome dell'associazione di scienziati che lavoravano sull'energia atomica per il terzo Reich) o con gli esponenti dello spionaggio tedesco o del MI-6 britannico. Ci imbatteremo in personalità del calibro di Werner Karl Heisenberg, Otto Hahn, Niels Bohr, Fritz Strassmann mentre dall'altra parte dell'Oceano fanno capolino Enrico Fermi e su tutti vigilano personaggi legati alle SS quali Walter Schellenberg. Nomi e riferimenti realmente esistiti, che rendono merito all'attività di studio e preparazione effettuata dall'autore. 

domenica 19 aprile 2015

Elysium

Titolo: Elysium
Regista: Neill Blomkamp
Anno: 2013
Genere: fantascienza, azione
Cast: Matt Damon, Jodie Foster, Sharlto Copley, Alice Braga, Diego Luna, William Fichtner, Wagner Moura

La trama in breve:
Nella Los Angeles del 2154 l'umanità rimasta sulla Terra è un'unica grande classe operaia, che mescola criminali e lavoratori senza criterio, tutti tenuti a bada e dominati con pugno di ferro attraverso i robot da un'elite che da tempo è andata a vivere su una stazione orbitante intorno al pianeta chiamata Elysium. Su Elysium c'è la tecnologia per guarire da ogni malattia, c'è il verde, il benessere e il disinteresse per ciò che accade più in basso, sulla Terra, dove il resto dell'umanità lavora per mantenere la stazione.

Il mio commento:
Visto in due puntate, proprio quando nelle sale ci sta Humandroid di cui mi han già parlato benone assai, questo Elysium mi è risultato piuttosto gradito.
Inizialmente incerto per via di un Matt Damon che, pur essendo un valido attore, non lo vedevo molto adatto nella parte del protagonista in un contesto simile (e probabilmente la causa di questo mio pensiero è Team America :-P ), ho assistito con interesse allo sviluppo degli eventi.
Ora, come anche altri han scritto, è indubbio che il film abbia svariate pecche e che risulti più un blockbuster che un prodotto destinato a pochi. Motivo per cui tanti aspetti vengono abbozzati o non chiariti (come si è arrivati ad Elysium? come si è arrivati a quello scenario sulla Terra? quale relazione c'è tra i due mondi? e vogliamo parlare della tecnologia per la "quasi-immortalità"? come funziona il governo? possibile che per una stazione orbitante del genere basti riavviare un singolo server e...?) focalizzando l'attenzione più su aspetti scenici e sulla lotta per la sopravvivenza che altro.
Nel complesso, gli aspetti che più ho gradito sono tre.
In primis c'è la potenza visiva che il regista riesce a trasmettere e a focalizzare sullo schermo, soprattutto quando si ha a che fare con scenari fantascientifici e scontri tra armi avveniristiche. Mi son piuttosto gasato nell'assistere agli scontri con armi da fuoco e corpo a corpo tra Max (Matt Damon) e un signor Kruger (Sharlto Copley), sia per via degli effetti speciali adottati che per i movimenti di camera, che hanno creato dinamismo e regalato la sensazione di potenza "reale". Erano colpi che si sentivano, da cui ripararsi, altro che proiettili o raggi laser di dubbia consistenza.
Lo dimostrano pienamente le sequenze in cui Kruger ricorre allo scudo elettromagnetico o di qualunque cosa fosse, oppure nella scena della granata che lo riguarda, eccome se lo riguarda °_°
Poi ho apprezzato il richiamo metaforico alla situazione attuale, alla distanza comica che c'è tra Paesi del Primo mondo rispetto a chi vive di stenti, privo di mezzi e possibilità, nel Terzo Mondo, costretto a giocarsi la vita per vivere e ambire a qualcosa di più che il fango. Realtà che non si incontrano quasi mai, che risultano agli antipodi eppure in qualche modo legate. Da questo punto di vista il film risulta anche nobile come messaggio da veicolare.
Ultimo aspetto che mi ha intrigato è l'idea di pensare il medesimo film, la medesima soluzione, la medesima realtà gestita non dagli Usani ma dagli italiani. Elysium avrebbe avuto tutto un altro sapore, con le navi di clandestini che arrivavano ad ogni ora e il governo centrale dubbioso sul da farsi. Ma la cosa bella è che, una volta approdati, i clandestini scoprono che la tecnologia per curarsi non funziona come dovrebbe, che la stessa stazione orbitante sta cadendo a pezzi, che ci sono state magnerie negli appalti per le forniture di aria e...
Scherzi a parte, il terzo aspetto è rappresentato dalla tecnologia proposta dove i droidi si muovono con scioltezza e rapidità, quasi non fossero nemmeno macchine, i droni vengono usati come segugi e l'uso di wearable device è scontato (anche se per lo più orientato alla distruzione...). 
Gli stessi esoscheletri cui ricorrono Max e Kruger mi hanno convinto assai e assai, semplici e spartani ma di sicuro effetto. Certo, quelli visti nel 2014 in The edge of tomorrow risultavano più elaborati e meno invasivi, ma la tragicità e la tosta possanza che regala l'armatura fusa addosso a Max ha tutto un altro sapore. Sa di sacrificio, di rassegnazione, di volontà ferrea generata dalla necessità e dalla precarietà....ma soprattutto sa di strogg...chissà se un pensierino a Quake non ci sia pure stato nella geniale testolina di Blomkamp, indubbiamente un regista che ci sa fare con la macchina da presa e con la capacità di trasporre realtà fantascientifiche sensate e plausibili. E pure usabili per sviluppi mediatici trasversali: considerando i punti in sospeso e l'ambientazione proposta, tra fumetti, anime, videogame ecc...se ne può ricavare un bel po' di materiale.
Tra l'altro, gli stessi esoscheletri non sono una realtà poi così lontana visto che già sono impiegati in ambito militare (vedasi il modello Hulc della Lockheed Martin) e anche in quello medico-sanitario (vedasi il ReWalk presentato al CES 2015 di Las Vegas), e pure in Italia ricordo di un esperimento didattico realizzato in quel di Pisa focalizzato proprio sulla realizzazione di un esoscheletro. D'altronde, certi limiti fisici mica li possiamo superare...ma cervello e tecnologia servono ad ovviare a questo, no? Chissà, magari in futuro avremo esoscheletri del genere al posto delle auto, così da correre al lavoro facendo jogging a velocità significative, e comunque ben più elevate rispetto alla media di crociera in certe strade e in certe fasce orarie :-(((
Infine, un'ultima considerazione fine a se stessa. A conclusione di Elysium mi è tornato in mente Jupiter Ascending - vuoi per gli strabilianti effetti speciali, vuoi per l'azione fantascientifica, vuoi per lo scudo di energia... - e son rimasto sorpreso dal constatare che, pur avendo entrambi i prodotti giocato le loro carte nel proporre ambientazioni futuristiche e nuove tecnologie, quanto meno Blomkamp è riuscito a creare qualcosa di "compiuto", una storia che bene o male ha un inizio, uno sviluppo (concitato assai e in cui certe domande non sono da porsi) e una conclusione, ma comunque trasmettendo un senso di completezza e soddisfazione nello spettatore, diversamente dall'ultima fatica dei Wachowski che invece mi ha lasciato in bocca un sapore amarotico. Questione di aspettative, probabilmente.