Regia: Travis Fine
Anno: 2012
Genere: drammatico
Cast: Alan Cumming, Garret Dillahunt, Isaac Leyva, Frances Fisher, Gregg Henry, Jamie Anne Allman, Chris Mulkey, Alan Rachins
La trama in breve:
West Hollywood, California, 1979. Drag queen in un locale di Los Angeles, Rudy Donatello conosce il vice procuratore distrettuale Paul Fliger col quale ha un fugace rapporto sessuale. Quando la sua vicina di casa tossicodipendente è arrestata, il figlio di lei, Marco, quattordicenne affetto dalla sindrome di Down, viene affidato ai servizi sociali. Una sera, Rudy incontra il ragazzo che è riuscito a tornare all'appartamento in cui viveva con la madre dopo essere fuggito dai servizi sociali. Rudy decide così di prendersene cura: per riuscire ad ottenere la custodia temporanea di Marco, chiede aiuto all'uomo di legge Paul, insieme al quale costituirà una famiglia che attirerà pregiudizi e discriminazioni. (fonte mymovies)

Avete presente quei film che con poche sequenze riescono a incuriosire, a trasmettere emozioni, a far trapelare la sensazione di essere di fronte a un'opera valida?
Non parlo di roboanti effetti speciali da blockbuster o spettacolari montaggi da trailer, realizzati ad hoc per fornire l'impressione di assistere a uno spettacolo irripetibile quando invece poi il risultato è scadente (vedi Prometheus), ma di emozioni suscitate dalla fotografia o dalla recitazione degli attori, ad esempio.
Ecco, la sensazione avuta qualche sera fa con questo Any Day Now è stata esattamente questa: zapping sonnolente tra i vari canali del digitale terrestre e infine l'approdo su Rai Movie, qualche secondo per capire cosa veniva trasmesso e da quel momento in avanti ho seguito con trasporto le vicende di Alan Cumming e Garret Dillahunt, il loro incontro, la problematica legata alla cura e all'adozione di Isaac Leyva, la loro relazione che nasce e si sviluppa di nascosto, lo scontro con i pregiudizi dei conoscenti, della società, di tutti di fronte a quella che viene additata come una sorta di anomalia.