giovedì 17 marzo 2016

Lo chiamavano Jeeg Robot

Titolo: Lo chiamavano Jeeg Robot
Regia: Gabriele Mainetti
Anno: 2015
Genere: supereroi, azione
Cast: Claudio Santamaria, Luca Marinelli, Ilenia Pastorelli, Stefano Ambrogi, Maurizio Tesei

La storia in breve:
Enzo Ceccotti non è nessuno, vive a Tor Bella Monaca e sbarca il lunario con piccoli furti sperando di non essere preso. Un giorno, proprio mentre scappa dalla polizia, si tuffa nel Tevere per nascondersi e cade per errore in un barile di materiale radioattivo. Ne uscirà completamente ricoperto di non si sa cosa, barcollante e mezzo morto. In compenso il giorno dopo però si risveglia dotato di forza e resistenza sovraumane. Mentre Enzo scopre cosa gli è successo e cerca di usare i poteri per fare soldi, a Roma c'è una vera lotta per il comando, alcuni clan provenienti da fuori stanno terrorizzando la città con attentati bombaroli e un piccolo pesce intenzionato a farsi strada minaccia la vicina di casa di Enzo, figlia di un suo amico morto da poco. La ragazza ora si è aggrappata a lui ed è così fissata con la serie animata Jeeg Robot da pensare che esista davvero. Tutto sta per esplodere, tutti hanno bisogno di un eroe. (fonte mymovies)

Il mio commento:
Fondamentalmente GRAZIE, grazie di cuore per questo film, grazie a quanti ci hanno lavorato e hanno reso possibile questo piccolo capolavoro. DENKIU so much!!!! 
Avevo letto per la prima volta di questo progetto tra i post di LegaNerd ed ero rimasto perplesso di fronte a tale notizia. Conoscevo Mainetti per Basette, cortometraggio ispirato al personaggio di Lupin e di cui già avevamo parlato sulle pagine di Terre di Confine, e sospettavo si trattasse di qualcosa di simile, per cui una sorta di tragico trip. Al contempo, il riferimento a Jeeg Robot mi pareva un po' stonato visto che di supereroi si andava a parlare e non di pachidermici esseri di metallo, un nome forse scelto più per riconoscibilità del "marchio", visto che chi è cresciuto negli anni '80 difficilmente non può non conoscere il robot "assemblabile" giallo e verde.
Però, ecco, c'è stato qualche tempo fa pure quell'esperimento di Salvatores, con Il ragazzo invisibile, sempre focalizzato sui supereroi che mi pungolava e allertava i miei sensi di colombo. Di quella pellicola, non ho sentito parlare né bene né per molto. 
Insomma, diffidavo ma al contempo, tra trailer, rumors e la fiducia riposta negli attori del cast scelto, ero pure assai curioso. 
Adesso, dopo averlo visto, non posso che confermare la mia più sincera soddisfazione: il trend di recensioni e commenti e critiche positive che il film ha recimolato ne sono una prova ben evidente!
Ora, non mi aspetto che si inneschino dinamiche simil Marvel per realizzare sequel o squadroni di vigilanti mascherati, anzi, preferirei non accadesse, ma auspico che questo Lo chiamavano Jeeg Robot venga preso d'esempio per ricordare a produttori e cineasti che anche in Italia si può realizzare qualcosa di moderno, di valido e dal sapore internazionale. 

sabato 12 marzo 2016

Il viaggio di una stella

Titolo: Il viaggio di una stella
Autore: Susanna Trippa
Editore: Elison Publishing
Genere: fantasy, storico, epico
Pagine: 399

La trama in breve: 
“Ero ancora io, a New York? Americana di mezz’età, antropologa, archeoastronoma, strana scienziata un poco pazza con venature di misticismo, il pomeriggio di Natale, seduta nel seggiolino avvolgente del mio amato planetario come nella placenta della mia vita? O la giovane ch’ero stata, mentre arrivava oltre il novantanovesimo gradino di Machu Picchu? O la terra stessa nel suo vorticare? O un Inca del passato? O ancora, molto prima, uno sciamano forse… un paqo, dinanzi a quello che voleva dire per lui la precessione? Lasciai che accadesse!” Inizia così, da New York alle Ande, un viaggio straordinario negli ultimi anni del grande impero inca, prima della conquista spagnola. Su un territorio enorme e variegato, sorprendenti avventure si accompagnano a una vibrante ricerca interiore. Il 25 dicembre di un altro Natale, il terribile rito della capacocha attende, a Cuzco, le processioni dei fanciulli per il sacrificio. I giovanissimi Coyllur e Huantàr riusciranno a salvarsi? La domanda s’intreccia ad altre. E alla fine arriveranno anche le risposte.  (fonte editore)

Il mio commento:
Da dove cominciare? Il primo contatto mail con Susanna risale ad agosto 2015, complice questa sorta di collaborazione "pro-bono "che ho con Elison Publishing. Ma solo in tempi più recenti ho avuto l'occasione di leggere questo suo ultimo libro. E, meglio dirlo subito, probabilmente non era nemmeno il periodo migliore per una lettura di questo genere, con miei personali alti e bassi, capacità di attenzione altalenante, stanchezza e impegni vari che non mi hanno consentito un'esperienza di lettura continuativa e, soprattutto, con la giusta capacità di concentrazione e focalizzazione.
Per cui, metto le mani avanti, mi si perdoni se il commento proposto risulterà poco soddisfacente e significativo.
Comunque sia, andiamo con ordine. 
Non conosco di persona Susanna ma, dalle brevi note al termine dell'ebook e dal suo modo di scrivere direi che una mezza idea, giusta o sbagliata che sia, me la son fatta: una persona colta, sensibile, poetica, una di quelle che ci tiene a comunicare e, pure, "responsabilmente", che crede nella Storia e nella semplicità, che ama i sogni, che sa interiorizzare e approfondire, una che non si ferma alla prima impressione e, sicuramente, non una superficiale, una che anzi sa compiere le proprie scelte e sostenerle, anche da sola se necessario.
Non lo so se c'ho azzeccato tuttavia, sulla base di quanto letto, soprattutto nelle note con cui chiude "Il viaggio di una stella" questa è l'idea che mi son fatto di questa autrice che ha già all'attivo altre opere edite (ad esempio Come cambia lo sguardo) e che vanta anche un passato nel campo dell'insegnamento. E, sempre sulla base di quanto letto, credo che l'opera in questione sia stata per lei molto intensa da elaborare e proporre:

[...]
Il viaggio di una stella come una parabola dunque. Un invito a guardare il passato, riandare alle antiche pietre, perché non è un cammino inutile. Possiamo osservare, capire, imparare.
E riportare qui, nel nostro presente, granelli infinitesimali di terra e sabbia, che morti non sono ma specchi di quanto è in noi. Utili a meglio vedere e sentire. Il mondo è lo specchio di ciò che siamo.
Ora sappiamo di poter modificare la realtà con quanto di puro e buono viene dal cuore.
E allora facciamolo funzionare questo nostro cuore, questo nostro muscolo così potente e saggio. Forse… forse…ci aiuterà a volare! 

Si intuisce da questo estratto lo slancio a voler lasciar qualcosa nel lettore, sia anche solo una riflessione, un monito, un invito più che un insegnamento concreto e interiorizzato. Una comunicazione che non vuol essere fine a se stessa ma che, anzi, cerca di creare un legame e un senso di appartenenza, che si propone di far riflettere sulla Storia e di riportarci a dimensioni esistenziali diverse da quelle note e attuali.