mercoledì 29 dicembre 2010

..:: Chi è Harry Crumb? ::..

Titolo: Chi è Harry Crumb?
Regia: Paul Flaherty
Anno: 1989
Genere: commedia - comico
Cast: John Candy, Annie Potts, Jeffrey Jones, Shawnee Smith, Tim Thomerson, Barry Corbin

La trama in breve:

La figlia maggiore del ricco P.J. Downing viene rapita, e il padre per ritrovarla si rivolge all'agenzia investigativa di Crumb diretta da Eliot Draisen. Draisen però è l'organizzatore del rapimento e per questo decide di affidare il caso all'imbranato detective Harry Crumb, sicuro che non sarebbe mai riuscito a risolverlo.
Nonostante una lunga serie di pasticci ed equivoci Harry, con l'aiuto di Nikki Downing (sorella della rapita) riuscirà a sventare il piano, assicurando Draisen e la moglie di Downing (che nel frattempo si era messa in combutta con lui) alla giustizia e diventando il nuovo capo dell'agenzia investigativa. (fonte wikipedia)

Il mio commento:
Giusto per abbassare un po' il livello rispetto alle precedenti segnalazioni, eccomi a parlare di una commedia pseudo-demenziale del secolo scorso, avente John Candy come protagonista. 
Un film che credo di ho visto per la prima volta quando ancora ero adolescente e che ho avuto l'occasione di rivedere recentemente. Forse è stato un vago senso di nostalgia a spingermi a postare di questo film anziché di altri che ho recentemente visto (tipo MegaMind, Il Regno di Ga'Hoole, In the Cut...ma su cui prima o poi tornerò).
In soldoni, "Chi è Harry Crumb"?
Un ciccione imbranato? Un investigatore privato piuttosto incapace ma capace di pedinare vostro marito per esser certi che abbia una relazione con voi? Un personaggio le cui gesta hanno potenzialmente contribuito alla definizione del personaggio di Peter Griffin? Quello stesso Peter Griffin che, in una puntata dell'omonima serie animata, seduto ad una scrivania di un ampio ufficio, attenterà alla sua stessa esistenza per colpa del temperamatite, scena che, a livello embrionale, è presente pure in "Chi è Harry Crumb"? 
E', infine, il protagonista di un film che ammicca al filone di commedie comiche in stile "La pallottola spuntata" offrendo alcune scene di discreto umorismo ma tuttavia assestandosi sulla soglia della sufficienza in termini di qualità e sceneggiatura proposta?
La risposta a queste e molte altre domande è: forse.
C'è comunque da dare atto a John Candy di aver dato vita ad un personaggio che ha un suo perché, tontolone ma geniale, non propriamente in forma ma al contempo agile e versatile, soprattutto esperto conoscitore delle arti marziali e determinato quanto letale combattente. Se indossa i suoi stivali da combattimento, ovviamente. Piuttosto abile, per altro, nel campo del travestimento e nell'arte di distruggere proprietà non sue. Talvolta soffrendo di un dolore sottile ma pungente: vedasi quando, per manifestare la propria decisione, sbatte entrambe le mani sul tavolo di P.J. - padre della ragazza rapita - che proprio su quello stesso tavolo stava armeggiando con un'infinità di ami da pesca.
Per essere un film comico, a mio avviso, questo "Chi è Harry Crumb?" per lo meno ci prova a risultare divertente e mai volgare, con gag che tutto sommato si fanno apprezzare e che regalano qualche risata. Decisamente qualche spanna sopra a molti delle commedie comiche realizzate dai grandi nomi della cinematografia nostrana negli ultimi anni (ahahah, quante risate, ahahah : detto però con la stessa verve e carisma delle star del cinema polacco Petrectek e Cripstak, alias Leonardo Manera e Claudia Penoni).
Un film quindi che, pur nella sua semplicità, riesce a divertire e intrattenere proponendo per protagonista qualcuno che non incarna decisamente - con tutto il rispetto parlando per il defunto John Candy - il prototipo del "figaccione" magro e belloccio. Ovvero qualcuno che si avvicina molto più di un Vin Diesel o di un Dwayne Johnson alle caratteristiche dell'americano medio.
Un'ultima considerazione va poi all'atmosfera, al ritmo, alle musiche, alla fotografia, al film in sé intendo. Chissà quale sarebbe stato il risultato di un medesimo plot se "Chi è Harry Crumb?" fosse stato realizzato recentemente? Voglio dire, tutto sommato fotografa un "mondo" di quasi 20 anni fa eppure quanto sono cambiati da allora i tempi cinematografici, le melodie, le ambientazioni, l'attenzione ai particolari e alla costruzione di uno scenario "credibile". Per dire, ora come ora, mai e poi mai nessuno si sognerebbe di proporre una sequenza comica in cui qualcuno salga a bordo di un aereo (o ci faccia un arrembaggio...) armato: dopo quel che è accaduto quell'11 settembre 2001 pare a me sia un po' un tabù. E se anche venisse proposta una scena del genere credo che la naturale reazione dell'equipaggio e dei passeggeri sarebbe la rivolta collettiva... Analogamente, nemmeno vestirsi da "straniero" mi pare sia qualcosa che recentemente mi è capitato di vedere in qualche film, quasi ci sia maggior paura del "diverso".
Come ai tempi del Medioevo, prima dell'anno 1000. Sarà forse per l'approssimarsi del 2012? 
Come direbbe Giacobbo: "chi può dirlo"?
Comunque sia, ho apprezzato la visione di questo film. Ripeto, probabilmente non sarà una pietra miliare della cinematografia moderna ma tutto sommato lo trovo godibile. Forse il mio giudizio è un po' di parte perché sto parlando anche sotto l'effetto della nostalgia che provo verso un film che ho visto "da giovane", però mi sento di consigliarvene la visione.
Quanto meno per rendere omaggio a quel bontempone di John Candy che, tutto sommato, a me non dispiaceva. Anche se, probabilmente, ci sono pure altri film in cui magari lo si può apprezzare di più (ad esempio "Io e zio Buck")




lunedì 27 dicembre 2010

..:: Match Point ::..

Titolo: Match Point
Regia: Woody Allen
Anno: 2005
Genere: Drammatico

La trama in breve: 
Chris Wilton è un tennista che ha rinunciato alla sua carriera e ora fa il maestro di tennis a Londra in un club di alto livello. Qui conosce il ricco Tom Hewett e sua sorella Chloe che si innamora subito di lui e del suo apparente interesse per la cultura. Il ricco padre dei due lo inserisce nella sua attività finanziaria e il matrimonio tra Chris e Chloe si avvicina. Ma Chris, che ha conosciuto la fidanzata di Tom (l'aspirante attrice americana Nola) e ne è rimasto irrimediabilmente attratto, quando la reincontra libera dal legame con il quasi cognato inizia con lei una relazione basata sulla passione. Il matrimonio avviene e Chloe desidera a tutti costi la maternità. A rimanere incinta è invece Nola che vuole che Chris lasci la moglie. Incapace di resistere alla pressione Chris escogita una via di fuga. (fonte mymovies)

Il mio commento:
Rispetto a molti altri film che ho recensito in codesto spazio virtuale, probabilmente, Match Point rappresenta qualcosa di differente. Colpa di Silvia, con tutta probabilità, assieme alla quale ho visto il film.
Non siamo di fronte ad una visione di genere fantastico o sci fi, nemmeno appartenente al filone azione o demenza pura. Match Point costituisce invece un'esperienza discretamente raffinata ed elegante, con una storia che ruota accarezza ossessivamente il concetto di fortuna contrapposto al talento e che risulta convincente ma al contempo amara. 
Quello costruito da Woody Allen è un intreccio che appassiona e coinvolge, più che verosimile, decisamente ben costruito. Prevede relazioni amorose, ambizioni, dinamiche familiari, tradimenti e forti passioni, siano queste l'amore fisico, l'ossessione oppure la violenza dell'omicidio.
Difficile rimanere indifferenti a quanto viene proposto. 
A dire il vero mi manca il raffronto con altri film di Woody Allen, soprattutto le commedie che l'hanno reso famoso a livello internazionale (di queste ho visto solamente l'ottimo Melinda e Melinda, di cui ho brevemente parlato qui), tuttavia credo sia un ottimo autore. Molto capace insomma, sia dal punto di vista della regia che della sceneggiatura proposta allo spettatore. 
Certo, immedesimarsi nei panni di aristocratici londinesi avvezzi all'opera e a vivere in regge sontuose non è da tutti, ma tale scelta costituisce un ulteriore elemento che arricchisce la trama poiché cambia le prospettive da cui inquadrare certe dinamiche e certe scelte. Come in una partita a poker, per così dire, la posta in palio è decisamente più alta rispetto a quella che potrebbe giocarsi un comune cittadino intrappolato (credo sia il termine che meglio descriva quel che accade a Chris) in dinamiche analoghe a quelle in cui è coinvolto Chris.
Al contempo, fa risaltare ancor di più l'efferatezza di quanto avviene nel finale, la premeditazione (scusate per lo spoiler) nell'uccidere al solo scopo di salvaguardare se stessi e la parvenza dabbene cucita addosso.
Piaciuto assai e assai anche l'insistenza sul tema della fortuna, sulle occasioni in cui tutto sta per andare a monte, in cui la tensione del protagonista si fa palpabile e urgente, per poi scemare proprio in virtù della sorte che gli è dannatamente favorevole.
Non si tratta, però, di una giustificazione o di un parteggiamento: la narrazione di quanto vive il protagonista e di ciò che finisce col compiere è tutto sommato partecipata ma distaccata. Non vengono pronunciati giudizi o condanne. Questo compito semmai spetta allo spettatore. Al limite ciò a cui ammicca il film è l'ingiustizia, chiamiamola così, che esiste. Non assoluta, ma certamente un dato di fatto in un caso come quello proposto e che, probabilmente, rispecchia molte situazioni effettivamente verificatesi.
Soprassedendo sui giudizi relativi alla moralità degli attori coinvolti nell'intreccio, ho comunque apprezzati i vari rimandi e parallelismi tra le relazioni che si instaurano tra i personaggi così come l'atmosfera a tratti sospesa e sostenuta, in linea con la nobiltà che si addice al loro rango. 
Certo, il film presenta anche alcuni difetti o, quantomeno, delle situazioni che lasciano lo spettatore a corto di spiegazioni (possibile che nessuno in quella caspita di casa sia sia accorto, non dico dell'assenza di Chris e Nola, non dico di loro che si accoppiano nel campo, ma almeno che sono rientrati entrambi sporchi di fango e terra dopo aver copulato selvaggiamente all'aperto mentre il diluvio universale imperversava? Possibile che nessuno, nemmeno della servitù, abbia notato l'assenza di fucili dalla propria rastrelliera? E possibile che una dannatissima moglie possa non toccare mai il cellulare o la borsa da tennis del marito?) però nel complesso questo Match Point si difende bene. E convince.
Anche dal punto di vista della fotografia e della colonna sonora, spesso tendente alla lirica.
Ottimi infine gli interpreti scelti, soprattutto Scarlett Johansson e il protagonista Jonathan Rhys-Meyers: entrambi perfetti, entrambi bellissimi, entrambi "fuori posto" nell'aristocrazia nella quale si son venuti a trovare. Entrambi posti di fronte all'occasione di emergere ma solo uno dei due premiato dalla fortuna. O più semplicemente più ipocrita dell'altra che, in fondo, aveva pure l'occasione di scalare società e potere eventualmente conducendo una doppia vita. Sfortunatamente Nola è donna, attrice, osteggiata dalla madre di Tom Hewett, mentre Chris è assai favorito dal suocero, padre di Chloé e dello stesso Tom: la differenza tra le sorti dei due, forse, sta tutta qua. 
Bastava un nonnulla (tipo un anello che rimbalza su di un corrimano...) perché i ruoli si invertissero e invece...
Un plauso comunque al buon Chris: si è fatto davvero una vitaccia tra moglie e amante, sempre pressato e sotto tensione anche per via di un lavoro decisamente non facile. Fortuna o meno, il ragazzo aveva comunque delle buone qualità: diversamente sarebbe schiattato o fuggito prima.


domenica 26 dicembre 2010

..:: Gran Torino ::..

Titolo: Gran Torino
Regia: Clint Eastwood
Anno: 2008
Genere: Azione - Drammatico
Cast: Clint Eastwood, Bee Vang, Ahney Her, Christopher Carley, Austin Douglas Smith

La trama in breve:
Walt Kowalski ha perso la moglie e la presenza dei figli con le relative famiglie, al funerale non gli è di alcun conforto. Così come non gli è gradita l'insistenza con cui il giovane parroco cerca di convincerlo a confessarsi. Walt è un veterano della guerra in Corea e non sopporta di avere, nell'abitazione a fianco, una famiglia di asiatici di etnia Hmong. Le uniche sue passioni, oltre alla birra, sono il suo cane e un'auto modello Gran Torino che viene sottoposta a continua manutenzione. La sua vita cambia il giorno in cui il giovane vicino Thao, spinto dalla gang capeggiata dal cugino Spider, si introduce nel suo garage avendo come mira l'auto. Walt lo fa fuggire ma di lì a poco tempo assisterà a una violenta irruzione dei membri della gang con inatteso sconfinamento nella sua proprietà. In quell'occasione sottrarrà Thao alla violenza del branco ottenendo la riconoscenza della sua famiglia. (fonte mymovies)

Il mio commento:
Da quanto si è messo a sfornare film, il caro vecchio Clint sembra non sbagliare mai un colpo: da Mystic River a Invictus ognuno dei suoi film ha registrato consensi sia da parte del pubblico che dalla critica.
Film più o meno impegnati, ben realizzati, con cast di ottimo livello e storie sempre all'altezza.
Gran Torino, a mio avviso, non fa eccezione alcuna sebbene gli attori che vi hanno preso parte non siano nomi noti di Hollywood e dintorni. Quasi a voler proporre un film di minor spessore: in fondo, nei precedenti, ci son state collaborazioni con gente del calibro di Morgan Freeman, Sean Penn, Matt Damon, Tim Robbins...
Qui invece tutto, dal cast alla storia, ha un sapore più artigianale e periferico. L'ambientazione scelta è quella dei quartieri poveri, quelli in cui l'America esplicita la propria essenza multi razziale e multi etnica, dove i pregiudizi sono ancora un freno all'integrazione e i contrasti tra "popoli" diversi si fan sentire.
Lo stesso protagonista mantiene le distanze e condanna tutto ciò a cui assiste, soprattutto il barbarico comportamento dei teppisti che infestano il quartiere e il costante aumento degli individui di identità "non americana", rifiutando quasi di accettare il modo in cui vanno le cose. Almeno fino a che non incontra Thao, un ragazzino di etnia Hmong che fa capire al vecchio Walt/Clint come, in realtà, ci sia del buono nella società di oggi. Qualcosa che però va protetto, educato e guidato, attraverso l'esempio, affinché porti buon frutto. Probabilmente dando vita a qualche cambiamento di più ampio respiro. In fondo, se non si investe sui giovani, che futuro possiamo aspettarci?
Non che sia una cosa facile. Lo stesso Walt, burbero e pragmatico, se ne rende conto, tuttavia persevera e insiste, salvando quello che di buono c'è nella gioventù di oggi. L'umiltà, la sensibilità, la volontà e la capacità di fare, l'altruismo, tutte qualità che sono presenti in ciascuno dei giovani d'America - a prescindere da etnia e colore della pelle - ma che rischia di andare sprecato e perduto. Corrotto, forse questo è il termine più corretto, dai tempi moderni e dalla mancanza di esempi cui ispirarsi.
In questo senso, il film si propone quindi di insegnare e di educare pure lo stesso spettatore. In fondo, sarebbe più sensato lavarsene le mani e non preoccuparsi: è compito della società curare se stessa, devono farlo gli altri, è colpa degli altri. Degli immigrati, soprattutto. Poco importa se quegli stessi immigrati appartengono ad un'etnia contro cui, fisicamente e materialmente, noi stessi abbiamo compiuto crimini (da cui ancora non ci sentiamo affrancati).
Gran Torino è quindi un film ricco di spunti e tematiche, a tratti duro, a tratti dolce. Certamente non lascia indifferenti, soprattutto per il finale e, a mio avviso, per la caratterizzazione di Walt Kowalski. Tanto di cappello al vecchio Clint: non so bene quanto di suo ci sia in questo personaggio ma di sicuro è uno di quelli che si imprime. Non nego che la sua presentazione e le dinamiche che lo riguardano non presentino qualche mancanza (sarà l'incipit in medias res delle vicende narrate eppure si ha come l'impressione che certe sue esperienze e modi di vedere non siano effettivamente il frutto di un passato vissuto, ma solo brandelli di esistenza imposta) però rimane un personaggio forte e formidabile, capace di imporsi e dominato da una ferrea volontà di aggiustare le cose. Siano esse oggetti e mobili oppure rapporti e dinamiche sociali. Peccato però che i medesimi intenti non l'abbiano spinto a tentare, ancora e ancora, di costruire un rapporto più autentico con figli e nipoti ("quei depravati della mia famiglia"), quasi a dire che per la società "autentica" a cui sentiamo di appartenere non c'è molta speranza: ipocrisia, arrivismo ed egoismo sembrano ammorbarla troppo profondamente. I costumi sono ormai corrotti oltre ogni limite ed il tempo per il dialogo e per un sano rapporto col prossimo sembra non presentarsi mai. Nemmeno quando si verificano eventi, come un lutto, che dovrebbero spingere ad una maggior coesione e non al menefreghismo o alla disponibilità interessata.
L'unica speranza di reale cambiamento sta allora nella volontà di creare dialogo e integrazione, rifuggendo la violenza e impegnandosi nel rispetto delle leggi, ponendo fiducia nelle potenzialità dei giovani che crescono all'interno della società. Quelli che spesso vengono visti come il prodotto finale di un processo ma che in realtà sono persone in fieri, da salvaguardare e a cui prestare attenzione. 
Tra l'altro, questo processo nel film viene portato a termine principalmente da un vecchio: non credo si tratti di un caso. E' come se nel contesto descritto, e che certamente è specchio di una società attuale e reale, mancasse qualcosa. Una o più generazioni, insomma, "raccolti perduti" di persone che vivono ma che non sembrano essere significative. Potenziale di vita ed energia sprecata proprio per la mancanza di attenzione ad essa dedicata. Magari perché proprio chi avrebbe dovuto educare e proporsi ad esempio (che guarda caso sarebbe la generazione di Walt) era assente, impegnata in guerre e conflitti che hanno portato solo all'innalzamento di barriere e distanze. Anche dentro al cuore di chi ha dovuto commettere nefandezze e uccisioni in nome di un volere superiore non ben definito che vede nell'economia e nello sfruttamento i sommi valori da perseguire e che, in realtà,.finisce solo con l'impoverire e schiacciare gli individui. 
Un'ultimo aspetto infine che ho trovato interessante come elemento di riflessione è quello della violenza, ingrediente ormai naturale ed asfissiante della società moderna. Violenza verbale e fisica che sfocia in soprusi e sopraffazione degli altri, soprattutto nei confronti dei più deboli. Un atteggiamento barbarico che pure in questo film è presente ma che sembra derivare, appunto, dallo sbando e dalla diseducazione. Non tanto dai media o da fattori dettati da mode e mercati, ma dalla necessità di difendersi per affermare la propria sopravvivenza ed identità. Bisogna far parte di un gruppo, che deve essere forte, e quindi violento, e quindi armato, per non cadere vittima degli altri. Violenza come autodifesa, come negazione di altri valori. Come risposta forse. E che non può portare a nulla di buono, né quando ne si finisce vittima né quando la si applica al prossimo. Diversamente, il sacrificio di sé, la volontà di riscatto che si traduce in discussione di se stessi e conversione (religiosa o meno) possono produrre molto frutto e far bene all'anima.


martedì 14 dicembre 2010

..:: Tutti giù per terra ::..

Premetto già che il titolo del post non è assolutamente un riferimento alla situazione della politica italiana di questi giorni o un commento in merito alle dinamiche relative alla votazione tenutasi al governo per sfiduciare o meno il governo  (*).
Il titolo si riferisce invece ad un progetto artistico / universitario che mi è stato chiesto di segnalare e che ha come scopo la realizzazione di un cortometraggio collettivo.
A tal proposito, soprattutto per quanti sono appassionati di riprese e cinematografia, posto qui sotto l'apposita presentazione dell'iniziativa rimandandovi poi al sito di tuttigiuxterra per maggiori informazioni. C'è infatti bisogno di voi per poter completare l'opera ^__^






(*) personalmente non ho nemmeno molta voglia di parlarne...anche se credo prima o poi dedicherò spazio a qualche riflessione in merito a quanto avvenuto oggi o ai circa 23 miliardi di euro di debito che abbiamo accumulato in circa un mese  ("Nuovo record per il debito pubblico italiano, che nel mese di ottobre ha raggiunto i 1.867,398 miliardi di euro, contro gli 1.844 miliardi del mese di settembre. E' quanto si legge nel supplemento al Bollettino di Finanza Pubblica di Bankitalia..." , fonte Ansa)

domenica 12 dicembre 2010

..:: Il mendicante di sogni ::..

Titolo:  Il mendicante di sogni
Autore: Miriam Mastrovito
Editore: La penna blu edizioni
Genere: Fantasy
Pagine: 144


La Trama:
I sogni racchiudono i desideri, le fantasie e a volte anche le paure degli uomini. Che succederebbe se ne fossimo privati? È quello che cercherà di impedire Joshua, approdato a Chissà Dove, il magico regno in cui la fata Maya custodiva i sogni prima che il perfido Nergal la depredasse e le strappasse le ali riducendola in fin di vita. 
La sua impresa, costellata di splendidi capolavori disegnati sull’asfalto, si intreccia con le indagini del Commissario Zanetti, che lo riterrà un pericoloso serial killer, e con la rinascita di Daniel, un bambino appena uscito dal coma, che ha promesso a Maya, la sua salvatrice, due ali fatte di petali bianchi… (fonte La Penna Blu Edizioni)

Il mio commento:
Prima di parlare del libro in sé, credo sia opportuno dedicare alcune righe a "La Penna Blu Edizioni": di certo non si tratta di un editore di dimensioni particolarmente grandi né potrebbe risultarvi un nome particolarmente noto. Si tratta però di una realtà editoriale attiva nel settore da qualche anno e che molti aspiranti scrittori conoscono in quanto non richiede contributi di pubblicazione ai propri autori e tende a curare molto il lavoro svolto da questi ultimi, incentivando al contempo la loro crescita per mezzo della partecipazione al forum e al portale dell'azienda. 
Sempre sul sito dell'editore sono inoltre disponibili informazioni sugli autori stessi, come nel caso di Miriam Mastrovito, o indicazione per reperire i libri del catalogo: trattandosi di un piccolo editore la distribuzione è infatti limitata.
"Il mendicante di sogni" appartiene alla collana "Il calamaio azzurro", che raccoglie opere di genere fantasy. Di per sé il libro si presenta da subito molto bene, con una copertina chiara ed evocativa, che gioca con i toni del nero e del bianco, suggerendo e incuriosendo grazie all'immagine proposta di cui, durante la narrazione, risulterà maggiormente chiaro il significato. 
La rilegatura è buona così come risulta idonea la scelta di un font con dimensione proporzionata a quella delle pagine, al fine di agevolare la fruizione del testo e non affaticare.
Il ricorso a capitoli brevi, che si sviluppano nell'arco di poche pagine, consente inoltre un notevole stimolo alla lettura che, per altro, risulta scorrevole e mai noiosa: lo stile dell'autrice è infatti molto buono, sufficientemente frizzante e variegato nel lessico, con assenza di refusi e un buon uso della punteggiatura. 
La storia in sé è, di fatto, una sorta di fiaba moderna, un urban fantasy che si sviluppa nel nostro mondo e che prevede l'interazione tra persone umane ed esseri appartenenti alla dimensione (onirica?) di Chissà Dove, luogo in cui risiede la fata Maya e dal quale provengono i sogni che possiamo sognare o rincorrere nella nostra umana esistenza.
I personaggi che incontriamo nel corso della narrazione sono tesi al ripristino di un equilibrio che, nelle prime pagine, viene deturpato dal malvagio di turno, lo stregone Nergal che ha causato una frattura dimensionale causando la perdita dei sogni. Una missione di ripristino a cui si va ad aggiungere l'impegno per donare a Maya due ali nuove, essendo le precedenti state distrutte proprio dal nemico di cui sopra.
Strano a dirsi, le persone coinvolte nelle quest non hanno alcun problema ad accettare l'esistenza di un mondo al di là di quello ordinario, anzi. Ecco allora che Joshua, ex tossicodipendente, diviene una sorta di mendicante in grado di far transitare le persone che possiedono un sogno dal nostro mondo a Chissà Dove. Sul suo cammino incontrerà per lo più gli ultimi della società, forse coloro che ancora conservano dei sogni autentici e sinceri: un clochard, una bambina storpia, un tossicodipendente, una prostituta matta ma anche giovani appassionati di musica e vecchi romantici, tutti disposti a fidarsi di lui e a raccontare al mendicante di sogni il proprio di sogno. Un fatto questo che risulta forse un po' troppo semplicistico e immediato. 
Accanto a Joshua, che non si scompone minimamente della propria facoltà di far svanire le persone per trasferirle a Chissà Dove (e se Maya in realtà fosse una sorta di strega avida di anime e che l'ha semplicemente ingannato?), troviamo Daniel un ragazzino di dieci anni circa che si è da poco risvegliato dal coma in cui era caduto a seguito di un incidente. Suo il compito di forgiare le ali della fata, una missione nella quale verrà assistito e affiancato dalla giovanile ed energica nonna Lilia, ancora innamorata del suo Neville, il sassofonista di colore a cui diede il suo cuore prima di venir costretta a sposare l'uomo per lei scelto da un padre più che ottuso e autoritario. Al pari del mendicante di sogni, anche nonna e nipote condividono la medesima immediata capacità di accettare l'esistenza di Chissà Dove e di non curarsi di genitori o figli partendo addirittura per un viaggio senza ritorno verso le isole tropicali. "Mai fidarsi dei nonni", verrebbe da pensare nel leggere del rapimento consensuale o nel ponderare sulla probabile apprensione della madre del bambino. Sarà pure un impegno dettato dall'obbedienza ad una causa superiore, ma l'introduzione di qualche criticità avrebbe sicuramente reso più movimentata e credibile la vicenda. Addirittura, nonostante la differenza di età sembra che la loro "voce" sia identica, un difetto di cui secondo me soffre un po' tutto il romanzo: quasi tutti i personaggi sembrano parlare allo stesso modo, come se avessero sperimentato le medesime esperienze. Il finale, infine, risulta un po' strozzato: viene ristabilito parte dell'equilibrio iniziale, Maya ha le ali nuove e Nergal è stato sconfitto...ma poi? Si è davvero concluso tutto per il meglio? Oppure, all'improvviso, Maya getterà la maschera per rivelare a tutti di esser stati parte di un ignobile complotto essendo lei una strega malvagia alla ricerca di schiavi da impiegare nelle miniere che, morto Nergal, ora gli appartengono di diritto? Magari al solo scopo di ottenere il potere necessaria a distruggere la Terra?
Certamente questo scenario non appartiene al libro però il solo citarlo può far riflettere sul fatto che l'opera non è esente da difetti. Al di là della fluidità con cui si svolgono gli eventi, senza particolari intoppi, molte dinamiche risultano un po' troppo semplificate. Si tratta di una favola fantasy, certo, ma allo stesso tempo l'aggiunta di alcuni ulteriori capitoli, di qualche ostacolo e caratterizzazione in più non avrebbero che giovato al romanzo, soprattutto considerando che l'opera si sviluppa nel corso di 136 pagine circa e non vi era quindi il rischio di appesantire troppo la narrazione.
Nel complesso comunque il lavoro proposto costituisce una buona esperienza per il lettore che ha modo di farsi coinvolgere in un testo a metà tra la favola moderna e l'urban fantasy.
Una caratteristica di originalità va poi alla volontà di portare in scena gli ultimi della società, anche insistendo su certe situazioni che, credo, fanno certamente riflettere. La solitudine, la delusione personale e la sofferenza che un tossicodipendente sperimenta non sono certamente argomenti di banale trattazione, soprattutto quando poi queste persone sono coinvolte in spirali esistenziali da cui sembra non esserci redenzione e la sorte appare solamente come un'entità cinica e crudele. 
L'invito al sogno è infine un messaggio più che apprezzabile e che, soprattutto in tempi come i nostri, aiuta a ritrovare un po' di genuinità e semplicità, lontano dalla frenesia e dallo sfarzo con cui troppo spesso veniamo distratti e storditi. A patto però che quella nel mondo dei sogni non divenga una fuga dalla realtà, un modo per rifiutarla o nascondersi ad essa: deve essere invece un impulso all'azione, un modo per guardare con occhi nuovi alla vita. 
Allo stesso tempo sognare o sperare il bene dei propri cari o di se stessi deve essere una sorta di salvagente a cui aggrapparci per riemergere alla vita e affrontare l'esistenza più che un pericoloso fardello capace di farci sprofondare in un vortice di autocommiserazione, bloccandoci per sempre.


giovedì 9 dicembre 2010

..:: Terre di Confine 10 ::..

Approfitto di questo post per segnalare l'uscita del nuovo numero della rivista Terre di Confine, realizzata dall'omonima associazione culturale (www.terrediconfine.eu) a cui sono iscritto e con cui collaboro.
Tutti gli articoli e le recensioni proposte, come illustrato nell'editoriale, riguardano due tematiche distinte: il Postatomico e il Ciclo Arturiano.

Tutti gli articoli sono disponibili e liberamente fruibili on-line ai seguenti indirizzi:

Autodistruzone for dummies
Cadrà dolce la Pioggia
There will come soft rains
La Strada
Cronache del Dopobomba
Addio Babilonia
Un Cantico per Libowitz
Paria dei Cieli
Il Simbolo della Rinascita
Metro 2033
Il Segreto delle Tre Pallottole
Hiroshima e Nagasaki: l’Alba del Nucleare
Armi Nucleari
Chernobyl: storia di un'Apocalisse
Testament
The Day After - Il Giorno Dopo
Gli Avventurieri del Pianeta Terra
Quando Soffia il Vento
Un Americano alla Corte
Le Nebbie di Avalon
La Grotta di Cristallo
L’Ultimo Incantesimo
Il Giorno Fatale
Il Re d’Inverno
Merlino
Camelot
Excalibur
Il Primo Cavaliere
King Arthur
La vera Spada nella Roccia
Il Mito Arturiano
Tristano e Isotta
Akira
Conan
Nausicaä della Valle del Vento
Ken il Guerriero (1)
Ken il Guerriero (2)
La Spada di King Arthur (1)
La Spada di King Arthur (2)

Oltre a ciò stiamo lavorando anche per una distribuzione cartacea della rivista stessa di cui, non appena possibile, forniremo notizia.
Fino ad allora, buona lettura e grazie del sostegno ^__^

PS: ricordo che è sempre possibile aderire all'associazione culturale (maggiori informazioni qui) o contribuire alla causa con una piccola donazione.

sabato 4 dicembre 2010

..:: Dante 01 ::..

Titolo: Dante 01
Regia: Marc Caro
Anno: 2007
Genere:  Fantascienza

La trama in breve:
Nella prigione spaziale Dante 01, in orbita nell'atmosfera, sono rinchiusi sei pericolosi criminali che hanno scongiurato la pena capitale, sottoponendosi a sperimentali esperimenti genetici. Monitorati costantemente da scienziati e secondini, i detenuti provano a resistere ai soprusi e alle disumane condizioni di detenzione. Istigati da Cesare, il loro leader aggressivo e paranoico, organizzano in gran segreto un piano per evadere. L'arrivo di San Giorgio, un prigioniero illuminato dotato di poteri straordinari e capace di "rimettere" debiti e peccati, sconvolgerà però la routine del penitenziario, determinando il destino di oppressi e oppressori.(fonte mymovies).


Il mio commento:
Ero indeciso se parlare di questo film o di Jeepers Creepers 2 (visto ieri sera su Rai4 mentre vegetavo sul divano...non stavo granchè bene, lo ammetto...e il film non ha aiutato. Per carità, godibile ma la classica vaccata simil horrorifica che lascia il tempo che trova). 
Alla fine ho scelto di scribacchiare in merito a Dante 01, film di fantascienza di produzione francesce che ho finito di vedere domenica scorsa.
Preciso subito che la visione non mi ha del tutto convinto. 
L'idea di base è discutibile ma tutto sommato accettabile: dei carcerati condannati alla pena capitale si offrono come cavie per sperimentare tecniche mediche all'interno di un laboratorio allestito all'interno di un satellite (a forma di croce...) situato in orbita stazionaria attorno all'inospitale pianeta Dante. 
Esattamente non è detto sapere a quali trattamenti siano sottoposti, se non quando entrano in scena "San Giorgio" (nome attribuitogli per via del tatuaggio sulla spalla) ed Elisa rispettivamente un carcerato di identità ignota e la nuova direttrice del penitenziario Dante 01: è proprio grazie a loro che si rompe quella sorta di equilibrio vigente. Da un lato c'è il personale medico che cerca di organizzarsi e di reagire al nuovo cambio di direzione imposto dalla multinazionale per cui lavorano: i modi di Elisa, la sua ambizione e le sue sperimentazioni sono molto più cinici e freddi rispetto a quelli utilizzati da Persefone, la ricercatrice "capo", più orientata all'analisi della psicologia e del comportamento dei detenuti che a iniettare nano macchine nei loro tessuti biologici. Il direttore, Caronte (gran bel nome...), pur dimostrandosi un uomo pacato e razionale, alla fine è costretto a capitolare e a schierarsi dalla parte della nuova direttrice, decisamente più giovane e gnoccolosa. (...che poi, trovandosi in una stazione orbitante anni e anni luce distante da qualsiasi altro insediamento umano, in cui la maggior parte delle popolazione è costituita da maschi che non hanno molto da fare durante il giorno...ecco...fossi in lei mi sentirei un po' in pericolo, intenzionata a stringere alleanze con Persefone più che a creare tensioni). Al contempo ha stretto accordi con uno dei detenuti, Attila (già il nome fa ben sperare...), prodigioso hacker a cui fornisce tutti gli strumenti per connettersi al database della stazione orbitante per ottenere maggiori informazioni su Elisa, su San Giorgio e sulle reali intenzioni della corporazione che possiede Dante 01, detenuti e personale compreso.
Dall'altra parte invece ci sono i carcerati, tutti alle prese con i loro problemi personali, violenti, burberi, decisamente dei tipacci costretti a convivere....e che non hanno molto da fare. Almeno finchè non giunge San Giorgio a creare squilibri: c'è chi lo vede come un messia chi come un nuovo giocattolo. Quest'ultimo è forse il personaggio che mi ha intrippato di più: l'ex Merovingio di Matrix qui non palra granchè, piuttosto si contorce, soffre, vomita, viene pestato e accoltellato. Inoltre è costantemente in balia di impulsi luminosi e stimoli ignotii che lo annichiliscono e gli fanno scorgere strane creature striscianti (che ricordano molto i facehugger di Alien) dentro e fuori di sè. Esseri che è in grado di estrarre dagli altri detenuti (salvandoli da atroci sofferenze...), e che dovrebbero essere un accrocchio di nano macchine (di cui si nutre!!!). 
Come e perchè faccia questo non è dato saperlo, così come non è concesso allo spettatore sapere come mai sia in grado di risorgere. L'immagine che passa è quella di una sorta di messia, di un essere scomodo per l'umanità ma al contempo da studiare e, se possibile, replicare.
Cosa che, probabilmente, riuscirebbe meglio in un laboratorio attrezzato e controllato più che in un postaccio alla merce di violenti e psicopatici iracondi. Tant'è che ci pensa il buon Attila a riprogrammare la stazione orbitante perchè si schianti sul vicino Dante...escamotage che consente al personale di bordo e al regista l'occasione di organizzare la morte (atroce e sofferta) di Cesare (poraccio...) e di preparare la sequenza finale del film. Una sequenza ossessiva e ciclica (che forse nelle intenzioni doveva ricondursi a 2001 Odissea nello spazio) proposta ogni volta ad una velocità maggiore rispetto alla precedente e nella quale il buon San Giorgio replica, all'esterno di Dante 01, l'mmagine del crocefisso, in un caleidoscopio di colori e vibrazioni fino a che... fino a che...boh, non so neanche io cosa ho visto o quali fossero le intenzioni del regista/sceneggiatore. Disgregazione della materia, teletrasporto, spostamento dimensionale, spostamento temporale, cambiamento delle leggi dell'universo, conversione del pianeta Dante in un luogo ospitale...misteri che solo la post produzione avrebbe potuto svelare. Tra l'altro, mentre accade tutto ciò, Dante 01 smette di precipitare e, immagino, i detenuti organizzano un'orgia tra di loro per godersi almeno l'ultima mezzora di vita. Peccato che, a questo punto, di donne ne sia rimasta solo una...e nemmeno quella giovane...
Comunque sia, riflessioni personali a parte, è evidente che il film risulti monco, incompleto, tagliato e violentato. Dopo la morte di Cesare non si sa cosa accade ma soprattutto come mai si giunga alla scena in cui San Giorgio si immola per salvare tutti gli altri. Forse voleva solo svignarsela e i suoi poteri l'hanno tradito...
Rimane solo la vaga impressione che il film volesse proporre agli spettatori qualche messaggio di natura spirituale, qualche stimolo alla conversione dei cuori, al sacrificio cristiano. O, almeno, lo presumo.
Peccato comunque, visto che i presupposti per una produzione di discreto livello c'erano, con tanti rimandi ad altri film di fantascienza (Alien 3 e Matrix, ad esempio, anche se il regista cita pure Solaris tra le fonti di ispirazione) e soluzioni grafiche e di regia senza dubbio originali ed efficaci, soprattutto quando entra in funzione i misteriosi poteri di cui è in possesso San Giorgio e che gli consentono una visione "aliena". A tratti sembra di assistere ad un videogame, a tratti si ha l'impressione che ci siano più livelli di significato da codificare (mi riferisco, ad esempio, ai nomi dei personaggi, alla scelta di utilizzare i "gironi danteschi" per scandire il trascorrere del tempo), in altri momenti invece sono la sofferenza (soprattutto di Lambert Wilson...), la follia e un vago senso di redenzione a far pulsare il film di vita propria. Ma, nel complesso, il risultato conseguito è appena appena sulla sufficienza, rovinato dall'inconcludenza della storia narrata e, probabilmente, dalla mancanza di fondi e supporto alla produzione: da quel che sembra infatti il budget limitato ha permesso di girare solamente parte della storia. Peccato, un vero peccato.