domenica 18 settembre 2016

Ex Machina

Titolo: Ex Machina
Regia: Alex Garland
Anno: 2015
Genere: sci-fi
Cast: Domhnall Gleeson, Oscar Isaac, Alicia Vikander, Sonoya Mizuno, Chelsea Li.

La storia in breve:
Tra tutti gli impiegati del grande motore di ricerca per cui lavora, Caleb è stato scelto per il prestigioso invito nella residenza del mitologico fondatore della società e inventore dell'algoritmo di ricerca. Arrivato in una zona a metà tra la magione irraggiungibile (lo porta un elicottero privato che si ferma diversi chilometri prima del primo edificio) e il rifugio zen, Caleb comprende di essere stato scelto da Nathan per un importante esperimento. Da decenni infatti Nathan è al lavoro sulla costruzione di un'intelligenza artificiale e Caleb deve testarla per capire se abbia raggiunto o meno il suo obiettivo.  (fonte mymovie)

Il mio commento:
Finalmente ho un po' di tempo per dedicarmi a questo blog, ormai praticamente alla deriva.
Avevo intenzione di parlare di The Wolf of Wall Street, visto qualche settimana fa, tra l'altro concluso la sera prima della visita alla filiale di Banca Etica (giusto per eventuali rapidi raffronti), piaciuto e apprezzato assai, ma poi l'occasione è venuta meno.
Piuttosto, visto che l'ho recentemente recuperato, preferisco spendere due parole per segnalare, a chi ancora non lo conoscesse, questo piccolo gioiellino che è Ex machina, uscito nelle sale italiane nell'anno domini 2015.
Il film potrebbe richiamare alla mente, per certi versi, testi come Frankenstein oppure ri-allacciarsi ad altre opere cinematografiche che hanno affrontato il rapporto uomo-macchina anzi, meglio, il rapporto uomo-IA. Ed è bello notare che, come quasi sempre accade, se c'è di mezzo l'invenzione di qualcosa di sensazionale non c'è mai un team ma un unico uomo, uno che da solo si smazza dinamiche fisiche, elettroniche, software, psicologiche, scelta di materiali... mah...
Al di là di queste piccolezze, a mio avviso, Ex machina è un film ben realizzato e ben orchestrato, che procede gradualmente nello sviluppo della propria trama e nell'analisi di AVA, cercando di depistare anche lo spettatore sulla reale "verità" e sulle motivazioni dei personaggi.
Non sono così convinto che il test eseguito da Caleb sia esattamente un test di turing (in teoria, non avrebbe dovuto avere evidenza che AVA è un'IA/macchina, cosa che invece viene immediatamente spiattellata) né condotto in modo esattamente scientifico (mi pare molto improvvisato e lasciato a sensazioni e intuizioni, che a prove concrete), però ai fini dello spettacolo funziona e permette di intessere una serie di dialoghi utili a inquadrare i personaggi, oltre ad essere funzionale per creare sospetti e creare complicità. Tutto funziona perchè fondamentalmente il cast è valido e perché l'attenzione dello spettatore è solleticata da dinamiche psicologiche ora assimilabili a quelle di un interrogatorio ora da visioni di spettacolari location e spazi liberi. 

Si crea subito un contrasto tra natura e prigionia, oltre a lasciar sottintendere che lo stesso Caleb è in qualche modo prigioniero, come AVA.
L'aspetto fisico dei robot (robotesse) è poi molto interessante, molto futuristico e affascinante, sebbene finiscano per sembrare più progettate per essere usate come "oggetti" di compagnia o per soddisfare esigenze sessuali: al di là della loro fisicità, il modo di fare e le movenze molto femminili favoriscono questa considerazione fermo restando che, sia le dinamiche legate a Kyoko sia quello che, nel corso del film, emerge in relazione ai precedenti prototipi lascia suggerire questa idea. E non scordiamo che la stessa AVA inizia a flirtare con Caleb (o forse è lui che flirta con lei?). Non sono comunque robot in stile Terminator, risultano molto leggeri e sinuosi, morbidi e fragili, più vicini al design di "Io, Robot". Motivo che amplifica di più l'effetto del finale in quanto non li si associa tanto all'idea di violenza.
Tra l'altro, è evidente che Nathan, da bravo genio che si crede Dio in terra, non ha mai dato una letta a un romanzo di Asimov né visto Robocop, altrimenti avrebbe pensato a qualche forma di "tutela" in stile leggi della robotica. Piuttosto, ha optato per lasciare alle proprie creazioni una sorta di libertà di azione e di pensiero.
Un aspetto (sottovalutato) che lascia un po' perplessi se si considera la natura stessa di AVA che, fondamentalmente, trae le propria capacità dalla rete. La sua non è una IA indipendente, bensì qualcosa che nasce dall'esperienza pregressa e dall'esecuzione di query e interazioni e confronti con milioni di dati recuperati dal motore di ricerca di Nathan, usato praticamente da tutti (qualcosa come Google). Sempre se ho capito bene. Qualcosa come Skynet, ma con meno velleità di distruzione globale, più interessata ad approfondire l'esplorazione di sentimenti ed emotività, nonché ad ottenere la libertà. Una libertà che in realtà già possiede visto l'interfacciamento con il motore di ricerca di cui prima che le permette di attingere a milioni/miliardi di dati, ma che non possiede dal punto di vista fisico (anche per dinamiche legate all'alimentazione, mi sa...).
Comunque sia, il film ruota attorno alla percezione di AVA e a come viene percepita da Caleb, in primis, ma anche da noi spettatori. 
E sinceramente quello che si intuisce è di non essere di fronte a una macchina, ma a un essere "vivo", senziente. 
Un gioco che funziona grazie e soprattutto ad Alicia Vikander (già vista in the Danish Girl) che presta il viso al robot ma che, forse, poteva funzionare anche senza mostrare da subito la creatura - ma in questo caso, forse, avremmo avuto dei richiami al film Lei, di cui vi ho parlato qualche tempo fa - giocando sul mistero iniziale. In fondo, le possibilità c'erano visto il luogo futuristico in cui si svolgono le vicende e la presenza di un personaggio atipico come Nathan. Uno che difficilmente riesci ad amare, genio sì, ma persona a sé, dedita ad eccessi, disposto a tutto, amante del controllo e del possesso (basti pensare alla scena in cui "balla con" Kyoko, praticamente una marionetta o a come tratta i propri "ospiti", in un certo senso segregandoli) e per certi versi inquietante. 
L'ideale insomma per generare sospetti e dubbi sia in Caleb che nello spettatore.
Sensazioni che si amplificano anche grazie all'idea di prigionia che l'ambientazione suggerisce e agli sporadici black-out, che fanno virare le luci sul rosso e causano blocchi di tutte le porte.
Molto forte, infine, la scena in cui lo stesso Caleb - persona semplice, onesta, priva di legami, il classico bravo ragazzo -  dubita di sé. 
In fondo, se robot e macchine riescono ad essere così umane e verosimili nel replicare la vita, qualche insicurezza si può insinuare nell'animo di chiunque perché tutto d'un tratto non è nemmeno così scontato considerarsi biologici al 100 %



4 commenti:

MaryA ha detto...

Sono contenta che alla fine la tua scelta sia caduta su Ex-machina. Personalmente nel suo genere l'ho trovato interessante. Se non l'hai già fatto ti suggerisco di guardare Eva, di Maillo e Humandroid (Chappie)

A presto ^^

**MaryA**

MaryA ha detto...

P.s. riguardo al test di Touring, non credo che i parametri da noi utilizzati oggi per testare AI sarebbero veramente efficaci davanti ad una macchina complessa come quella propostaci dalla pellicola. Noi siamo obbligati a testare le macchine secondo i parametri di cui parli, non interagiscono con noi. Ma se lo facessero a cosa servirebbe il filtro che ci separa?

**MaryA**

Leonardo Colombi ha detto...

@MaryA: grazie per esser passata di qui e aver lasciato un commento. In effetti Humandroid me lo son visto, quasi un anno fa, però non ho avuto occasione/tempo di parlarne qui nel blog. Nel complesso mi era piaciuto, complice anche l'effetto "Corto circuito" che mi ha trasmesso ... anche se in effetti il buon caro Numero5 non credo sia mai arrivato a trasmigrare personalità / anime :-)

MaryA ha detto...

Ah carino Corto Circuito, a me trasmetteva emozione, tipo quando lo rompono e diventa vendicativo XD

Comunque filone simpatico.

*MaryA*