Regia: Sydney Sibilia
Anno: 2017
Genere: commedia
Cast: Edoardo Leo, Valerio Aprea, Paolo Calabresi, Libero de Rienzo, Stefano Fresi, Lorenzo Lavia, Pietro Sermonti, Marco Bonini, Rosario Lisma, Giampaolo Morelli, Peppe Barra, Luigi Lo Cascio, Greta Scarano, Valeria Solarino, Neri Marcorè, Guglielmo Poggi, Claudio Corinaldesi
La trama in breve:
Atto finale della trilogia diretta da Sydney Sibilia, Smetto quando voglio: Ad honorem vede la banda di cervelloni incompresi, capitanata dal neurobiologo Pietro Zinni (Edoardo Leo), riunirsi per l'ultima sconsiderata impresa. Dietro le sbarre del carcere di Rebibbia, i galeotti fregiati di titoli accademici escogitano un modo per evadere di prigione e sventare i piani del terribile Walter Mercurio (Luigi Lo Cascio), intenzionato a fare una strage (fonte comingsoon)
Il mio commento:
avendolo visto recentemente (a puntate), volevo spendere due parole su questo terzo atto della serie di film "Smetto quando voglio" in quanto, a mio avviso, un discreto prodotto nel panorama cinematografico nostrano.
Il primo film, lo Smetto quando voglio del 2013, rimane quello più memorabile e riuscito, ben costruito e ironico. Il secondo capitolo (Masterclass...che ero convinto di aver citato nel blog ma evidentemente così non è) e questo terzo sono invece stati realizzati praticamente assieme, per concludere degnamente la storia, minimizzare i costi e massimizzare la resa.
In Masterclass, complice anche la necessità di presentare nuovi personaggi, probabilmente c'è stata una minor linearità e spigliatezza, ma si è rivelato un buon film, nel quale i nostri protagonisti son in qualche modo scesi a patti con le forze dell'ordine nel tentativo di sgominare bande di spacciatori. Il tutto per introdurre il villain dell'atto finale, ovvero quel Walter Mercurio che vuol fargliela pagare alle istituzioni e alle persone che contano per quanto subito. E in ciò emerge il dramma di una meritocrazia inesistente, di promesse mai mantenute ma utilizzate per far bella figura (politica) di fronte a media e investitori, di persone invece meritevoli costrette a compiere miracoli con mezzi e risorse irrisorie. Talenti che non vengono per niente calcolati dal sistema, che non trovano posto in qualche disegno di sviluppo e crescita culturale/scientifica/strategica del Paese. Per cui, o soccombono, o mollano, o si reinventano in altri ruoli, come accadeva ai nostri protagonisti nel primo film.
Naturale che come altra opzione sorga anche rabbia e voglia di farla pagare, soprattutto quando si diventa vittime o si perdono persone care, oltre che progetti e anni di studio. E' il caso di Murena (Neri Marcorè), "cattivone" incrociato nel primo film, che vien praticamente sbeffeggiato da avvocati e periti dopo aver subito ustioni e danni fisici di vario tipo con scuse banali e ignobili ("non aveva le scarpe anti-infortunistica") che in questo terzo atto diventa una sorta di alleato dei nostri ma, al contempo, quasi l'emblema della morte per quanto è cupo.
Ma è anche il caso di Walter Mercurio che sbaglia certamente nei modi (fare una strage non è mai una soluzione) ma per il quale è anche difficile non simpatizzare dopo la visione del flash back esplicativo del suo passato, e di quello di Murena.
In fondo, anche i protagonisti della storia, hanno dalla loro delle azioni poco raccomandabile, non sono propriamente degli eroi. E forse anche per questo motivo che il finale rimane amaro, non eroico, non festoso nonostante l'esito della loro azione congiunta. Resta comunque un'atmosfera e un'idea di sconfitta, di fallimento, in qualche modo rimarranno degli ignoti relegati ai margini di una società che invece dovrebbe tenerli ben più in considerazione.
Rispetto al primo film, personalmente, ho trovato molte meno occasioni di ridere: diversamente, mi sono intristito di più, per loro e per come vanno a finire le cose.
"Ad honorem" è in ogni caso una discreta produzione, ben realizzata e dal giusto ritmo, con un buon cast e discrete trovate; scorre via veloce senza intoppi ma restando sempre ancorato al contesto nostrano. Anche in termini di mezzi, budget e possibilità, si intende. Alcune soluzioni forse sono un po' semplicistiche e su alcune non occorre soffermarsi troppo, alcune funzionano e divertono (vedasi il momento lirico) e altre lasciano il tempo che trovano (la storia del plastico ingerito ...) ma nel complesso la storia funziona, convince e ammicca pure a serie e opere d'oltreoceano.
Ringrazio quindi Sydney Sibilia, il cast e la troupe, per questa epopea semi-seria e drammatica, che indubbiamente sa intrattenere ma anche far riflettere e, un po', deprimere. Speriamo che nel frattempo, in Italia, alcune dinamiche siano in miglioramento e che le migliori menti in circolazione possano trovare occasione di riscatto e la possibilità di contribuire al cambiamento della società ciascuno per il proprio ambito.
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