Autore: Dario Rea
Editore: Elison Publishing
Genere: narrativa, fantasy
Pagine: 206
La trama in breve:
Vita e Morte, le due sorelle signore dell'umanità, hanno accordi ben precisi che regolano i loro rapporti. Uno dei patti fondamentali che hanno stipulato prevede che il conto delle anime torni sempre, da una parte come dall'altra: nessun uomo può avere più tempo, nessun uomo può viverne di meno, tutto deve essere come Vita e Morte hanno stabilito. Un traghettatore di anime, una figura di confine tra i regni delle due sorelle, si occupa di accompagnare quelle anime che sono restie ad abbandonare il regno dei viventi quando è giunto il loro momento. L'ordine delle cose è eterno e immodificabile, ma si può davvero stare così vicino agli umani senza divenire, almeno in parte, uno di loro? Un sovvertimento dell'ordine stabilito potrà mai essere tollerato? Da Venezia a Marsiglia, dalla rivoluzione francese ai nostri giorni, le storie di uomini e immortali si mescolano come frammenti gettati a caso, ma è solo nella loro unione che gli eventi possono assumere senso e significato (fonte ibs)
Il mio commento:
Premetto che avrei voluto e dovuto scrivere la recensione almeno due settimane fa, a ridosso della conclusione della sua lettura, per rendere maggiormente giustizia al testo.
Il libro è indubbiamente intrigante come idea e, anche per come è scritto e sviluppato, risulta interessante per il lettore.
La narrazione procede infatti per episodi, da cui anche il riferimento del titolo, calando il protagonista in situazioni diverse e a contatto di persone differenti permettendo così all'autore, da un lato, di raccontarci qualcosa sulla vita e l'esperienza del traghettatore delle anime e, dall'altro, di proporci scorci di vita (e morte). Il protagonista è infatti un immortale, legato alla Morte, e si occupa di evitare che, dopo il trapasso, le anime si perdano anzichè prendere la giusta via fino alla reincarnazione, secondo le regole stabilite da Vita e Morte.
E' un personaggio senza nome, cinico e stanco del proprio ruolo, certamente non un tipo solare e allegro e non solo per il ruolo che ricopre ma anche per qualcosa che ha perduto. Essere immortali non preserva infatti dalla possibilità di innamorarsi, di soffrire o di venir puniti, per molto molto tempo tra l'altro. Anche perché non sembra aver modo di sottrarsi al giogo che gli è stato riservato dalla sorte.
Se da un lato risulta interessante e affascinante come personaggio, dall'altro lato presta il fianco ad alcune osservazioni: essendo solo uno, ci si domanda come faccia a gestire il numero di morti che si verificano contemporaneamente nel mondo. Inoltre, a volte, il linguaggio con cui si esprime è un po' troppo diretto, burbero e seccato, quasi forzato, come se fosse in un contesto cinematografico, ecco. Ma probabilmente è solo una mia impressione.
Resta il fatto però che con la sua eterna esperienza entra in contatto con numerosi casi umani, talvolta anche con situazioni drammatiche da cui, ovviamente, lui non si fa né condizionare né impietosire, ma il lettore, invece, sì. Nei vari frammenti di vite che vengono proposti, alcuni nel passato alcuni nel "presente", qualcuno nel futuro, e collocati anche in zone geografiche differenti, si respira l'umanità e la tragicità di talune situazioni che, ancora oggi, fanno notizia sulla cronaca dei telegiornali.
Tra i vari episodi non mancano quelli con ambientazione sovrannaturale, vedasi l'incontro con la signora Vita (non certamente una figura edificante) o con la veggente Margareth, o quasi horrorifica, come quello con protagonista il piccolo Niccolò P. sperduto in un misterioso negozio parmense in cui trovano posto oggetti a dir poco particolari. Tutti episodi che, come in un puzzle, permettono di ricostruire il quadro generale e trovare risposte alla trama proposta da Dario Rea.
Questo tipo di narrazione potrebbe non piacere a tutti ma, a mio avviso, risulta efficace, soprattutto in un contesto come quello proposto dal libro nel quale è bene mantenere un certo mistero, visto anche tematiche oltre la vita, ed evitare di appesantire la narrazione fornendo troppi dettagli. Inoltre va indubbiamente a impreziosire l'esperienza di lettura che altrimenti poteva benissimo concentrarsi solamente sul legame tra il traghettatore e l'amata Cecil e, ovviamente, sulla ricerca di lei dopo "quell'episodio" per il quale i due vengono severamente puniti.
La proposta di un personaggio immortale che si innamora di un mortale non è probabilmente nuova, tuttavia, a mio avviso, nel libro viene discretamente gestita. Forse però il meglio viene espresso nei capitoli dedicati alle persone comuni alle prese con il trapasso, in particolar modo quando va in scena una tragedia umana che coinvolge numerosi disperati in cerca di una nuova vita oppure drammi familiari che si infiammano a causa di coincidenze e imprevisti.
Il ruolo del traghettatore, capace di vedere e assistere i defunti, pure non è un'idea originale (basti pensare alla serie Ghost Whisperer - Presenze, con Jennifer Love Hewitt) ma non rappresenta, a mio avviso, un difetto. E' semplicemente l'escamotage da cui cominciare la narrazione e proporre un contesto in cui le varie religioni vengono messe da parte in virtù di una visione alternativa di quella che è la condizione umana, praticamente alla mercè di due esseri divini che sono rispettivamente Vita e Morte ( quest'ultima, se non ho frainteso, compare proprio nell'episodio del violino, a Parma). Non hanno quindi valenza concetti come amore-odio, bene-male, giustizia-ingiustizia: per lo più vige il caos e un continuo re-incarnarsi per continuare a partecipare al disegno voluto dalle due sorelle. Una proposta che può convincere o meno il lettore ma che, nell'economia del libro, funziona.
Lo stile dell'autore infine, seppur ci siano qua e là piccoli refusi, personalmente mi ha convinto: non è prolisso né banale e risulta sempre piuttosto efficace sia nel descrivere e caratterizzare i personaggi sia nel gestire il dialogo con il lettore.
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