Regia: Duncan Jones
Anno: 2011
Genere: sci-fi
Cast: Jake Gyllenhaal, Michelle Monaghan, Vera Farmiga, Jeffrey Wright, Brent Skagford
La trama in breve:
Il capitano Colter Stevens, pilota di elicotteri e veterano della guerra in Afghanistan, si risveglia su un treno di pendolari senza avere la minima idea di dove si trovi. Di fronte a lui Christina, una bella ragazza che lo conosce ma che lui non riconosce affatto. In tasca (e nello specchio) l'identità di un giovane insegnante di nome Sean Fentress. Poi l'esplosione, che squarcia il convoglio. Ma Colter non è morto, da un monitor un ufficiale donna lo informa che dovrà tornare sul treno per identificare l'attentatore e prevenire un successivo, più micidiale attacco. Ogni volta che farà ritorno sul treno avrà solo 8 minuti a disposizione. Di più non gli è dato sapere, la missione è top-secret, il suo nome: “Source Code”. (fonte mymovies)
Il mio commento:
Dopo la realizzazione e il consenso raccolto con Moon, Duncan Jones ha senza dubbio maturato un certo credito nei confronti degli amanti della fantascienza. Innegabilmente Source Code è stato quindi accolto con interesse e con una certa qual dose di aspettative da soddisfare e che, da quanto si può riscontrare leggendo qua e là i commenti e le critiche ricevute nel web, parrebbe aver coperto.
A metà tra fantascienza e thriller, con una ricerca di un attentatore che permette di giocare con una certa qual tensione e di motivare il protagonista, il film presenta una vicenda che è a dir poco particolare.
Che sia accettabile o meno, questo sta alla sensibilità dello spettatore, tuttavia il Source code permette di far confluire una coscienza in un'altra per un tempo limitato in modo che la prima possa "vivere" nel mondo conosciuto dalla seconda. Il tutto a patto di trovare una corretta mappatura di onde cerebrali e compagnia bella e per un totale massimo di 8 minuti. Qualcosa di analogo a quanto avveniva in Inception, potremmo dire, solo che in questo caso non si parla di vita nei sogni bensì di vita nella morte.
Già perché la coscienza ospitante appartiene ad un soggetto morto il cui cervello risulta mantenere una sorta di stimolazione postuma con cui interagire ma che consente, al più, di ricostruire solamente i suoi ultimi 8 minuti di vita.Tempo che deve bastare per le indagini, certo, ma anche per familiarizzare con un mondo "parallelo". Già perché Source Coda gioca con concetti che portano lo spettatore a dubitare della realtà stessa, sulla consistenza del mondo che conosciamo e sull'intreccio che potrebbe esistere tra diversi piani esistenziali. Solo che, a differenza di quanto avviene nelle storie narrate in Donnie Darko (sempre con Gyllenhaal) o in Next (film con Nicholas Cage ispirato ad un racconto di Philip K.Dick), qui non si parla di viaggi in avanti o indietro nel tempo bensì all'interno di mondi e presenti alternativi e che, teoricamente, dovrebbe essere prefissati. Ma che invece non lo sono, altrimenti lo stesso capitano Colter Stevens (interpretato da un ottimo Jake Gyllenhaal) non potrebbe in alcun modo fare nulla di ciò che nel film fa: in pratica, a partire dai ricordi del professor Sean Fentress a cui Stevens si sostituisce nel contesto del Source Code, quest'ultimo elabora dialoghi e interazioni estranee alle memorie dello stesso Fentress al fine di scovare l'attentatore, oltre che per portare a conclusione il film.
E' un po' spiazzante, lo ammetto, tuttavia l'idea viene ben sfruttata e sviluppata fino a sfociare in un finale che può risultare ostico e di non facile comprensione.
Mi spiace per l'imminente spoiler ma quella che viene descritta nell'opera di Duncan Jones è una storia di morte e resurrezione, di vita oltre la morte, dove il momento stesso dello spegnimento cerebrale di Colter Stevens coincide con l'inizio di nuove esperienze in altri contesti, in altri tempi, in altri mondi paralleli al nostri, rendendo il protagonista una sorta di demiurgo che crea il mondo e la realtà, trascendendo concetti spazio-temporali. Un po' come accadeva a Hugh Jackman nel film The Fountain di Aronofsky.
Innegabilmente Source Code possiede elementi attinti a piene mani dalla filosofia, che esplorano il senso dell'esistenza - obbligata a finire e a procedere solo in "avanti", come il treno che funge da ambientazione - tuttavia non risparmia nemmeno da riflessioni etiche e morali sullo sfruttamento estremo della vita, dubbi e scelte su cui si interrogano e si pongono in modo diametralmente opposto l'agente Goodwin (Vera Farmiga) e Rutledge (Jeffrey Wright), quest'ultimo a capo del progetto.
Dopotutto, il personaggio impersonato da Jake Gyllenhaal non gode certo di buona salute e per di più la sua mente viene stravolta e "fusa" con quella di un altro cadavere, il tutto in nome della scienza e per la necessità di salvare altre vite (*). Non essendo propriamente vivo non gode nemmeno di diritti, o no?
Potremmo considerarlo una sorta di martire, quindi; al contempo, il concetto stesso di esistenza e di morte viene piegato e sezionato per essere esaminato da più angolazioni.
Quando si può effettivamente parlare di morte, allora?
La bella Christina risulta meno "viva" poichè conosciuta in un ricordo?
Che dire allora dell'agente Goodwin, che lo stesso capitano Stevens conosce post- mortem: si tratta di una persona "reale" o di una mera proiezione?
E la conoscenza reale che abbiamo di noi stessi e del mondo che ci circonda, quanto può considerarsi attendibile?
E come ci collochiamo, noi, nel caleidoscopio di infinite possibilità che il tempo e la vita sottintende?
Souce Code è in ultima analisi un buon prodotto, capace di regalare numerosi spunti di riflessione e di avvincere lo spettatore. Non una visione facile, magari, decisamente più ritmata e movimentata rispetto a quanto avveniva in Moon, ma senza dubbio profonda e particolare, sostenuta da un buon cast e, soprattutto, basata su un'idea e non su sceneggiature superficiali o inflazionate come spesso capita con la produzione cinematografica di matrice occidentale.
Detto questo, non ci resta che attendere la prossima fatica di Duncan Jones auspicando che, prima o poi, qualcosa di analogo venga proposto pure da qualche regista italiano. Anche se, in effetti, la medesima storia, ambientata sui treni di Trenitalia credo che non avrebbe la medesima efficacia né lo stesso fascino.
Ve lo immaginate un Claudio Santamaria (tanto per citare un attore) che si risveglia nel bel mezzo della ressa di un treno di pendolari, spappolato in mezzo ad altri 40 disperati che stanno tutti in piedi nell'intercapedine tra un vagone e l'altro, che si crede di essere un pilota di elicotteri? E che magari in 8 minuti deve cercare di capire chi è il misterioso attentatore che farà esplodere un treno piazzando una bomba in un gabinetto perennemente fuori servizio?
Dopo la realizzazione e il consenso raccolto con Moon, Duncan Jones ha senza dubbio maturato un certo credito nei confronti degli amanti della fantascienza. Innegabilmente Source Code è stato quindi accolto con interesse e con una certa qual dose di aspettative da soddisfare e che, da quanto si può riscontrare leggendo qua e là i commenti e le critiche ricevute nel web, parrebbe aver coperto.
A metà tra fantascienza e thriller, con una ricerca di un attentatore che permette di giocare con una certa qual tensione e di motivare il protagonista, il film presenta una vicenda che è a dir poco particolare.
Che sia accettabile o meno, questo sta alla sensibilità dello spettatore, tuttavia il Source code permette di far confluire una coscienza in un'altra per un tempo limitato in modo che la prima possa "vivere" nel mondo conosciuto dalla seconda. Il tutto a patto di trovare una corretta mappatura di onde cerebrali e compagnia bella e per un totale massimo di 8 minuti. Qualcosa di analogo a quanto avveniva in Inception, potremmo dire, solo che in questo caso non si parla di vita nei sogni bensì di vita nella morte.
Disperazione e drammaticità sul volto di Gyllenhaal: recitare in Prince of Persia era più facile.... |
Goodwin: Oh no, ho fatto crashare il capitano Colter Stevens.... Di nuovo... |
Mi spiace per l'imminente spoiler ma quella che viene descritta nell'opera di Duncan Jones è una storia di morte e resurrezione, di vita oltre la morte, dove il momento stesso dello spegnimento cerebrale di Colter Stevens coincide con l'inizio di nuove esperienze in altri contesti, in altri tempi, in altri mondi paralleli al nostri, rendendo il protagonista una sorta di demiurgo che crea il mondo e la realtà, trascendendo concetti spazio-temporali. Un po' come accadeva a Hugh Jackman nel film The Fountain di Aronofsky.
Innegabilmente Source Code possiede elementi attinti a piene mani dalla filosofia, che esplorano il senso dell'esistenza - obbligata a finire e a procedere solo in "avanti", come il treno che funge da ambientazione - tuttavia non risparmia nemmeno da riflessioni etiche e morali sullo sfruttamento estremo della vita, dubbi e scelte su cui si interrogano e si pongono in modo diametralmente opposto l'agente Goodwin (Vera Farmiga) e Rutledge (Jeffrey Wright), quest'ultimo a capo del progetto.
Controlli di procedura e motivazione del soggetto... non è facile continuare a morire ad intervalli di 8 miseri minuti |
Potremmo considerarlo una sorta di martire, quindi; al contempo, il concetto stesso di esistenza e di morte viene piegato e sezionato per essere esaminato da più angolazioni.
Quando si può effettivamente parlare di morte, allora?
La bella Christina risulta meno "viva" poichè conosciuta in un ricordo?
Che dire allora dell'agente Goodwin, che lo stesso capitano Stevens conosce post- mortem: si tratta di una persona "reale" o di una mera proiezione?
E la conoscenza reale che abbiamo di noi stessi e del mondo che ci circonda, quanto può considerarsi attendibile?
E come ci collochiamo, noi, nel caleidoscopio di infinite possibilità che il tempo e la vita sottintende?
Souce Code è in ultima analisi un buon prodotto, capace di regalare numerosi spunti di riflessione e di avvincere lo spettatore. Non una visione facile, magari, decisamente più ritmata e movimentata rispetto a quanto avveniva in Moon, ma senza dubbio profonda e particolare, sostenuta da un buon cast e, soprattutto, basata su un'idea e non su sceneggiature superficiali o inflazionate come spesso capita con la produzione cinematografica di matrice occidentale.
Ok, volevo un bacio caliente ma questo mi sembra eccessivo... |
Ve lo immaginate un Claudio Santamaria (tanto per citare un attore) che si risveglia nel bel mezzo della ressa di un treno di pendolari, spappolato in mezzo ad altri 40 disperati che stanno tutti in piedi nell'intercapedine tra un vagone e l'altro, che si crede di essere un pilota di elicotteri? E che magari in 8 minuti deve cercare di capire chi è il misterioso attentatore che farà esplodere un treno piazzando una bomba in un gabinetto perennemente fuori servizio?
(*): okay, in effetti questo è un aspetto controverso. Voglio dire, voi inseguireste e arrestereste dei civili solo perché ve l'ha detto un morto dopo un viaggio di 8 minuti realizzato sotto effetto di stimolazione chimica ed elettronica all'interno dei ricordi ricavati dal cervello di un perfetto sconosciuto, deceduto? Ecco...non è proprio il massimo, però a parte questo l'idea di mescolare identità e coscienze è conturbante ^__^
1 commento:
L'avevo visto volentieri al cinema questo film. Mi sa che lo "compro" e me lo riguardo...
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