Autore: Stephen King
Editore: Sperling & Kupfer
Genere: narrativa horror e gotica
Pagine: 460
La trama in breve:
Al risveglio da un coma durato quattro anni, Johnny scopre di possedere un dono meraviglioso e nello stesso tempo tremendo: è capace di conoscere il futuro e i segreti della mente altrui con un semplice contatto, anche solo un tocco della mano. E questa facoltà lo conduce dentro un'avventura agghiacciante, in cui è sempre più solo. (fonte IBS)
Il mio commento:
Pubblicato nel 1979, "La Zona Morta" è stato (ed è!) senza dubbio un best seller piuttosto noto e apprezzato tra quelli prodotti dalla fervida creatività del re del brivido Stephen King. Addirittura ne hanno tratto un film (nel 1983, diretto da Cronenberg) e una serie televisiva (del 2002).
Per quanto mi riguarda, ho deciso di leggere questo romanzo solamente per potermi accostare ad un'opera di King. In realtà non è il suo primo romanzo che sperimento, avendo già letto "L'occhio del male" (Thinner, nell'originale) di Richard Bachman (che poi è sempre lo stesso Stephen King) e l'adattamento a fumetti della Torre Nera, senza dimenticare le visioni di "It" e "L'acchiappasogni". Ci tenevo però a leggere un suo romanzo, scritto e pubblicato con il suo vero nome, uno dei primi magari, per confrontarmi e imparare. Seguendo pure il consiglio di un certo Alfonso Zarbo - di Edizioni Della Sera: in effetti lui consigliava On Writing, ma io sono un testone ^_^
Per cui, eccomi qua, reduce dall'impresa, complicata da alcuni difetti di stampa: purtroppo la copia che mi è capitata tra le mani ha alcune pagine un po' sbiadite, ma ugualmente son riuscito a decifrarle (la prossima volta converrebbe protestare....a patto di leggere il libro qualche giorno dopo l'acquisto, evitando di lasciarlo per mesi a pretendere un po' di attenzione...). E devo ammettere che ne sono rimasto piuttosto soddisfatto.
Si avverte quella passione e quella disinvoltura, nella narrazione e nello stile intendo, che possiedono i grandi autori. La lettura scorre quindi piacevole e mai monotona, incentivata anche da capitoli brevi e "tattiche" letterarie atte a incuriosire, mostrando sì, lasciando intendere anche, a tratti spiegando ben bene, altre volte lasciando spazio all'immaginazione e alla sensibilità del lettore. Spesso si avverte la voce e la presenza dello stesso autore, che si confonde tra i personaggi, per esprime considerazioni e punti di vista sugli argomenti più disparati. Come in un sogno egli è tutti loro, e nessuno. La leggibilità dell'opera è comunque piuttosto buona, a tratti osteggiata dalla descrizione delle esperienze medianiche di Johnny (per le quali l'autore ricorre a parentesi, repentini cambiamenti temporali e organizzazioni anomale dei periodi...) o da alcune volute reticenze ma, nel complesso, tutto quadra e viene chiarito. I personaggi poi sono in buon numero, ciascuno discretamente caratterizzato, con un minimo di background e una propria personalità. Ognuno ha il proprio ruolo, alle volte solo per conferire maggior colore e realismo alle scene proposte, più sovente per veicolare la trama (il venditore di parafulmini che appare in un capitoletto isolato, per esempio...), e una sua voce.
Johnny, indubbiamente, è a mio avviso uno splendido personaggio. Un ragazzo maledetto, o benedetto, a seconda dei punti di vista, con facoltà paranormali che gli consentono di apprendere brandelli di passato o futuro delle persone, semplicemente toccandole o con il contatto di oggetti con cui esse hanno avuto a che fare (anelli, cappotti, pedane del parco...). E' un personaggio tragico, sempre più asociale e riservato, oltre che malandato, e ossessionato da una missione che, in fondo, sente di dover compiere. D'altra parte, "se voi foste nel 1929, e sapeste chi sarebbe diventato Adolf Hitler, l'avreste ucciso?". Grosso modo questo è l'interrogativo che si pone Johnny (scegliere un nome meno anonimo e più particolare, no eh?) dopo aver conosciuto Greg Stillson, rampante uomo politico, acclamato dalle folle, marcio fino al midollo.
Uno degli aspetti che più mi hanno convinto del romanzo è stata poi la volontà dell'autore di creare tensione e reazioni realistiche da parte dei vari personaggi ogni qualvolta il protagonista profetizzava qualcosa. In fondo è questo il motore dell'opera: le visioni di Johnny acquisiscono rilevanza e senso solamente in relazione al'effetto che producono sulle persone che vengono in contatto con lui. Repulsione, rifiuto, rabbia, gratitudine, sollievo... su se stesso invece l'effetto è molto più devastante, opprimente e schiacciante. Johnny ne diventa praticamente schiavo quasi che, quello delle conoscenza, costituisca un sistema chiuso, atto a finalizzare un qualche compito "divino". Johnny come vittima di un dramma che lui stesso incarna e alimenta, da cui non può sottrarsi. In quest'ottica non ha quindi un vero e proprio antagonista da debellare (o, per lo meno, io la vedo così), ma è lui stesso l'origine dell' "orrore". Per quanti lo incontrano, certo. Al di là dell'aspetto fisico deturpato da cicatrici e ferite, le sue facoltà lo rendono un mostro "non controllabile": dietro ad una facciata di ordinaria normalità (è un giovane professore, mingherlino e tranquillo) si cela "qualcosa" che è in contatto con una conoscenza superiore e assoluta, che non possiede limiti di spazio e di tempo. Se non per la Zona Morta, in cui Johnny non può "sbirciare". C'è sempre un certo margine di incertezza e di cambiamento, insomma, altrimenti tutto finirebbe con l'essere già prestabilito. Però l'animo umano sembra arrestarsi prima di accarezzare tale concetto: quella di Johnny è una facoltà non spiegabile, che rappresenta qualcosa da condannare. A dispetto dei vari teleimbonitori, cartomanti,maghi, indovini o predicatori. Anche loro pronosticano il futuro, ma sono tollerati o accettati, forse perché "innocui" e falsi. Per Johnny invece è tutto diverso e il lettore lo avverte proprio grazie alla passione che Stephen King ha profuso nel creare un'ottima ambientazione e un discreto numero di personaggi atti a reggere la rappresentazione scenica da lui pensata e allestita pagina dopo pagina, senza fretta e senza sbavature. Tranne, se proprio si deve cercare qualche difetto - anche se potrebbe essere imputabile alla traduzione - nel riferirsi a Chartsworth senior, che a volte chiama Roger e altre Stuart. Ma son dettagli.
In conclusione, il libro mi è piaciuto parecchio e mi ha decisamente fornito validi elementi su cui riflettere per migliorarmi come autore. Non sono e non sarò mai ai livelli di Stephen King (anche per originalità: basti pensare a come ha organizzato la parte terza, gli Appunti della Zona Morta, per concludere il romanzo) ma, nel mio piccolo, ho margini per evolvere un po', magari guadagnandone in leggibilità e stile, oltre che nell'attenzione per creare un'ambientazione interessante capace di risultare realistica e dotata di vita propria.
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