domenica 4 agosto 2013

..:: Viaggio a Qingdao, Cina (5) ::..

Ebbene, l'ultimo post relativa al mio viaggio in Cina risale a più di un mese fa, eppure non rappresentava la conclusione del mio resoconto. Già, perchè in fondo avevo sparlato di cosa avevo visto, di cosa avevo mangiato e delle persone conosciute ma, fondamentalmente, al di là dei meri aspetti turistici, mancava ancora il punto focale, i motivi per i quali è stato intrapreso il viaggio.

Kung fu: allenamento, esperienze e un po' di storia
L'esperienza vissuta a Qingdao ha avuto per lo più lo scopo di permetterci di recarci a conoscere le origini della nostra scuola, ripercorrendo in parte le orme che già a suo tempo il maestro Angelo D'Aria ha più e più volte percorso negli anni.
Ecco allora che siamo stati ospiti nella palestra del maestro Chen Le Ping per apprendere, sotto la sua supervisione, nuove taolu (forme, sequenze codificate di movimenti concatenati) e allenarci nella pratica del kung fu insieme ai suoi allievi. E in un certo senso, tramite il maestro D'Aria, anche noi siamo suoi allievi se non "nipoti marziali".
Qui infatti il rispetto della tradizione e della gerarchia è stato mantenuto e, in tal senso, i rapporti tra allievi, istruttori e maestri rispetta tutto un insieme di norme al quale ci si deve attenere. 
La non conoscenza del cinese non ha rappresentato un limite ma, lo ammetto, la presenza del maestro Angelo ha agevolato non poco la comprensione. Per lo più l'insegnamento è avvenuto mediante emulazione, correzioni e lezioni impartite "fisicamente" (compresa la dimostrazione pratica di certe leve...): seguendone i movimenti e ripetendoli fino all'esaurimento, alla fine abbiamo appreso ben più di quello che era stato pattuito.
Oltre alle forme Hei Hu Jiao Cha e Si Lu Ben Da, il maestro Chen Le Ping ci ha insegnato anche una forma da lui codificata (Duan Lan Quan) oltre ad una di livello base per favorire l'apprendimento delle posizioni (ChuJi Quan).
C'è da dire che, rispetto al modo di vivere le arti marziali che coltiviamo qui in occidente, lì in Cina ho percepito un altro stile. Il Kung fu, per i veri praticanti, è parte integrante del quotidiano e non c'è un vero e proprio stacco da dentro e fuori la palestra. Poi, per carità, sarà anche il modo di essere e di fare dei cinesi, sarà dipeso anche dal fatto che eravamo con Angelo, però, al di là delle occasioni ufficiali, coloro che si allenano non indossano "abiti marziali", ovvero kimono o tuniche o chi più ne ha più ne metta. Anche l'ambiente in cui abbiamo praticato era piuttosto spartano e per certi aspetti, mi spiace dirlo, ai limiti del tollerabile (il bagno poteva essere usato interamente come set per un film horror).
Ma è anche vero che si trattava di una sistemazione provvisoria in attesa che la vecchia palestra tornasse agibile a causa di problemi occorsi qualche mese prima, dovuti a frane e smottamenti. E poi, come di tanto in tanto ci viene ricordato, bisogna esser disposti a fare sacrifici, a impegnarsi, perseverare e mangiare amaro.
Fatto sta che, sebbene in modo più informale e in un ambiente decisamente più spartano rispetto a quelli che si possono trovare qui in Italia, ci siamo allenati piuttosto di frequente durante la nostra permanenza a Qingdao, dando al contempo inizio al processo di accettazione presso la famiglia marziale di Chen Le Ping. Durante questa prima nostra esperienza, io e Ale siamo infatti entrati in contatto con gli allievi più piccoli e una manciata di allievi adulti, nel rispetto dell'iter e delle tradizioni di cui accennavo prima. 
E considerando talune dinamiche "difficili da gestire" occorse con gli allievi più adulti, che poi sono i ragazzi presenti nelle foto pubblicate nel post "Viaggio a Qingdao, Cina (2), credo sia stato un bene non esser capitati nelle mani di allievi ben più avanzati. Niente di grave, per carità, ma gli scambi di tecniche son difficili da gestire se si eseguono movenze nuove e, soprattutto, non c'è reciproca comunicazione. Un ulteriore motivo per impegnarmi nello studio della lingua cinese in vista di futuri viaggi, se non altro per sopravvivere.
Anche perché, a parer mio, il livello medio lì in Cina è più alto di quello che si registra qui da noi, probabilmente per il tipo di impegno investito e del modo diverso di vivere le arti marziali.

Un modo più intenso e radicale che il maestro Angelo ci ha fatto respirare portandoci ad allenarci presso il lungomare di Qingdao, ripetendo forme ed esercizi durante le prime ore del mattino.
Grazie al maestro Chen Le Ping, poi abbiamo avuto l'opportunità di recarci presso il parco di Laoshan e visitare i luoghi in cui Wang Lang ha codificato lo stile che pratichiamo. Qui, salendo le gradinate e visitando le statue e i monumenti disseminati qua e là, abbiamo avuto l'occasione di aiutare il maestro Angelo nella realizzazione di un interessante documentario che mostra i luoghi d'origine del Tang Lang Quan.
Visitando il parco e il tempio, tra gli aspetti che più mi hanno impressionato, vi è stata la grandiosità delle statue e dei monumenti presenti, rocciosi e semplici in termini di costruzione ma piuttosto solidi ed imponenti in termini di dimensioni. Così come mi son piaciute le scritte (descrizioni, riferimenti storici, cantici...) su roccia effettuate con caratteri dai colori squillanti, quasi a testimoniare una sorta di comunione tra cultura e ambiente naturale.


Va detto comunque che non solo noi siamo stati ben impressionati da quanto visto e vissuto a Laoshan (in fondo, mica capita tutti i giorni di vedere l'esecuzione di forme in un simile scenario da parte di un caposcuola di arti marziali), ma anche gli autoctoni tanto che siamo stati citati pure su giornali e siti web (ad esempio qui) :-)
Ma l'allenamento praticato presso la scuola di Chen Le Ping ci ha permesso anche di vedere Angelo alle prese con l'insegnamento del kung fu agli stessi allievi del maestro cinese. Ragazzini che lo attendevano per proseguire con l'apprendimento delle Zhaiyao e che lo hanno seguito mentre io e Ale eravamo alle prese con lo studio delle nostre forme. Un ulteriore riprova che il nostro maestro non solo ha studiato presso Chen Le Ping, ma ne è anche in ottimi rapporti (a dire il vero ne è il successore...). Ma non per questo è esente da controlli, verifiche e osservazioni da parte dell'attuale caposcuola.
Esattamente come siamo stati avvertiti io e Ale su quanto appreso: se ce le dimentichiamo, Chen Le Ping non ci insegna più quelle forme :-O
Tra gli altri ricordi che conservo di quei giorni c'è poi quello dell'accoglienza che, a modo loro, ci hanno riservato i ragazzini di Chen Le Ping, che tutto d'un tratto si son trovati questi due tizi stranieri (un sosia di Michael Jackson e un tipaccio dall'aria vagamente tedesca, a quanto dicono) ad allenarsi nella loro medesima palestra abbindati con kimono gialli come si fosse ad un qualche evento ufficiale. Fortuna vuole che "Ale" e "Leo" siano poi semplici da pronunciare e ripetere, facilitandone la memorizzazione. Di contro, non ho ben compreso come si chiamava quella bimbetta temeraria (il suono era qualcosa di simile a "iosefun", ma non ho la certezza di nulla) che è venuta a salutarmi con un "Hello" a cui è poi seguita una fuga prima di tornare, a intermittenza, a ripassare le proprie tecniche nella zona in cui stavamo io e Ale. Gli altri invece ci guardavano ma si tenevano più a distanza, tranne i due allievi più adulti, che durante l'escursione a Laoshan abbiamo appreso essere rispettivamente un poliziotto e un responsabile del controllo dell'acqua (quest'ultimo di nome Luo Bao Jun, come mi ricorda il buon Ale), che stavano in nostra compagnia per imparare forme e ripassare scambi di tecniche.
Chissà che nelle prossime e future occasioni ci sia la possibilità di interagire di più (e qua sta a me mettermi sotto a studiare) e di conoscere ancor di più la famiglia marziale che ci ha calorosamente ospitato dentro e fuori dalla palestra di Chen Le Ping permettendoci di vivere la nostra permanenza a Qingdao anche da un punto di vista marziale, ma non da esterni che devono guadagnarsi fiducia bensì da amici/fratelli da accogliere senza indugio.


















2 commenti:

Anonimo ha detto...

Bella esperienza, bravo Leo!!!!
La canzoncina reggae però non ci azzecca molto (speriamo che il maestro non legga i commenti nel blog....) :P

CRUDO

Leonardo Colombi ha detto...

Grazie per il commento all'articoletto. Quanto al reggae - che piaccia o meno - è una delle tante passioni del maestro Angelo, una sorta di costante delle sue giornate per cui, inevitabilmente, è presente anche nei video :-)