domenica 26 giugno 2016

Lei (Her)

Titolo: Lei - Titolo originale: Her
Regia: Spike Jonze
Anno: 2013
Genere: commedia, sci-fi
Cast: Joaquin Phoenix, Scarlett Johansson, Amy Adams, Rooney Mara, Olivia Wilde, Chris Pratt, Portia Doubleday

La trama in breve:
Theodore è impiegato di una compagnia che attraverso internet scrive lettere personali per conto di altri, un lavoro grottesco che esegue con grande abilità e a tratti con passione. Da quando si è lasciato con la ragazza che aveva sposato però non riesce a rifarsi una vita, pensa sempre a lei e si rifiuta di firmare le carte del divorzio. Quando una nuova generazione di sistemi operativi, animati da un'intelligenza artificiale sorprendentemente "umana", arriva sul mercato, Theodore comincia a sviluppare con essa, che si chiama Samantha, una relazione complessa oltre ogni immaginazione. (fonte mymovies)

Il mio commento:
A me pareva che "her" volesse dire "suo (di lei)".
E visto il film (almeno 10 giorni fa...) e quello che narra, credo che "suo" poteva funzionare benissimo. Mentre la scritta "lei" che campeggia sul volto in primo piano di un Joaquin Phoenix con i baffi può generare qualche fraintendimento, soprattutto in questi anni di sessualità promiscua e incerta.
Ad ogni modo, già regista di "Essere John Malkovich", Spike Jonze confeziona una discreta pellicola, sostenuta grandemente dalle capacità recitative dei protagonisti, uno fisico uno virtuale, e ben reso anche da chi si è occupato del doppiaggio italiano. Apprezzate anche le location scelte, metropoli come Shanghai e Los Angeles, che collocano le vicende in un contesto che potrebbe essere ora così come tra qualche anno, in un mondo più moderno e tecnologicamente avanzato.
Lei/Her è una storia che sta a metà tra commedia romantica e fotografia di quello che è il rapporto tra persone e tecnologie, di come cambia anche il modo di relazionarsi, di accettare e vivere l'emotività e tutta la sfera affettiva. 
Soprassedendo sugli aspetti tecnologici e sulla possibilità che si vengano a sviluppare e distribuire sistemi come Samantha, c'è un passaggio nel film in cui Theodore si sente quasi in imbarazzo nell'ammettere di avere una relazione "virtuale", con la tecnologia. Di esserne ben più che dipendente. Ma si trova di fronte a una serena accettazione: non solo i suoi conoscenti non si imbarazzano affatto - c'è una scena in cui si tiene un pic-nic con Theodore, un collega con la sua compagna, e lo smartphone di Theodore da cui "presiede" Samantha -, ma addirittura scopre di non essere l'unico a sperimentare la ricchezza di un tale singolare rapporto.
E' un momento del film che mi ha fatto un po' sorridere, ma anche riflettere su come certi fenomeni oggigiorno vengano semplicemente "rilevati" e automaticamente accettati o respinti. Non si va più in profondità, non ci si interroga troppo sulle implicazioni etiche, sulla portata di certe decisioni e scelte... tutto scorre via e viene metabolizzato. Seguiamo il flusso e non ci scandalizziamo più di tanto.
Motivo per cui la storia tra Theodore e Samantha - che potrebbe benissimo essere una persona in carne ed ossa che semplicemente non vediamo o incrociamo nella nostra esperienza cinematografica - viene accettata facilmente. E non viene nemmeno scambiata per una sorta di scorciatoia per soddisfare istinti e necessità, soprattutto perché Theodore ci viene presentato come una persona sensibile, creativa, buona, uno fondamentalmente "a posto" sia dal punto di vista mentale che emotivo.

Per cui, rassicurati da questa figura, affascinati dalla voce e dalla personalità di Samantha (Micaela Ramazzotti in italiano, Scarlett Johansson in lingua originale) ci lasciamo trasportare nello sviluppo di questa storia d'amore "atipica". E, forse perché siamo talmente assuefatti alla tecnologia, alla comunicazione nelle sue diverse forme, che l'idea di vivere una relazione soddisfacente anche senza presenza fisica dell'altro viene assimilata in tranquillità. Non solo, ci viene presentata in tutto e per tutto simile a quelle che si instaurano tra persone, con silenzi, intimità, incomprensioni, persino gelosie... emozioni e sentimenti che di tanto in tanto appaiono anche in relazione a eventi che si verificano con persone "reali", come tra Theodore e la sua ex, oppure nei confronti di Amy, amica e confidente di vecchia data.
Non c'è quindi né condanna della tecnologia o di nuove forme di relazione né parteggiamento per queste. In scena vi è la necessità di essere capiti, accettati, di essere amati e sostenuti: che poi questo arrivi da una persona tramite contatto fisico oppure solo tramite contatto vocale/virtuale, non fa differenza. 
C'è insomma un costante giocare tra presenza e assenza, tra solitudine dell'individuo e socialità 2.0. Contrasti che si fanno ancora più evidenti se si considera che per lo più le vicende si svolgono in grandi città o in spazi affollati, in cui l'individuo però si isola e vive la propria esperienza umana tramite web o "altro", senza necessariamente cercare il contatto, il dialogo o lo scambio con gli altri.
Particolare poi anche l'elemento del rosso, che ricorre spesso nell'abbigliamento e negli elementi scenici, una scelta che da un lato crea continuità (vedasi l'icona di Samantha) e rimandi ma dall'altro sottintende emotività e passione.
Anche perché, fondamentalmente, il protagonista non ricorre all'escamotage tecnologico per aridità personale o perché nutre sentimenti pessimistici nei confronti dell'umanità, semplicemente è rimasto sorpreso da una dinamica emotiva "nuova" che gli ha permesso di rinascere e ritrovare stabilità e volontà di "essere".
Sul finale emerge invece una piccola rivelazione sul significato del titolo del film, visto che Theodore scopre di non essere l'unico che Samantha ama: vi sono altre app e altre persone con cui lei interagisce "allo stesso modo". Ecco quindi che Theodore è "suo" di Samantha, ma non è vero il viceversa...un po' come accade con la tecnologia, cui finiamo per appartenere più che controllare.
In conclusione, Lei/Her è un film che nelle quasi due ore di visione riesce a regalare emozioni - anche contrastanti - e una storia piacevole e al contempo stimolante. Già perché l'interazione tra i protagonisti vive anche di "scoperte", di studio, di approfondimento, di esperimenti anche (vedi quanto accade con Isabella, contattata per "impersonare" Samantha), quasi che Theodore e la sua fidanzata siano alieni che debbano accordarsi e ridefinire tutto, proprio perché vivono in dimensioni differenti.




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