Sceneggiatore: Koushun Takami
Disegnatore: Masayuki Taguchi
Pubblicato in Italia da: Panini Comics
Anno: 2009 - 2011
Numero volumi: 15
Il mio commento:
Battle Royale è il titolo del romanzo best-seller di Koushun Takami: pubblicato in Giappone nel 1999 il libro è divenuto in breve tempo un’opera culto da cui sono stati tratti film (il primo, del 2000, con Takeshi Kitano nel cast), fumetti e persino videogame.
La serie manga, realizzata grazie alla collaborazione tra lo stesso Koushun Takami e il disegnatore Masayuki Taguchi, è stata pubblicata in Giappone tra il 2000 e il 2005; in Italia è stata proposta prima da Play Press e, recentemente, da Panini Comics ottenendo un discreto consenso in termini di accettazione e vendite ma senza suscitare la medesima reazione registrata in territorio nipponico dove, addirittura, si è giunti ad interrogazioni parlamentari.
Le vicende narrate si svolgono in un contesto distopico, in un imprecisato futuro prossimo, nel territorio della Repubblica della Grande Asia che ammicca fortemente al clima politico-sociale del complesso Cina-Giappone odierno. Al pari di quanto accade in “1984” di Orwell, opera verso la quale si avverte un legame letterario proprio a causa dell’ambientazione proposta, anche in Battle Royale la forma di governo è quella del regime totalitario di stampo fascista, retto da un dittatore supremo, l’Egemone.
In questo contesto, la tensione sociale e il clima di oppressione sono molto sentiti e proprio per questo, per arginare sul nascere fenomeni di rivolta o di violenza, sono previste leggi quantomeno discutibili. Secondo una di queste, il BR Act, ogni anno viene selezionato un gruppo di studenti di terza media per partecipare al cosiddetto “Program”, una sorta di reality show in versione estrema. I ragazzi, all’incirca quindicenni, vengono rapiti e trasportati in una località segreta e, qui, costretti ad ammazzarsi l’un l’altro sino a che non ne rimanga in vita solamente uno, entro un limite temporale di tre giorni. Ciascuno di loro viene dotato di un collare esplosivo, per controllarne conversazioni e spostamenti, di viveri e di un’arma: l’attribuzione di quest’ultima è casuale per cui le probabilità di venir equipaggiati con alcune freccette, un coltello o un mitra sono praticamente equivalenti.
Agenti governativi hanno poi il compito di monitorare lo svolgimento del Program, verificando che quotidianamente almeno uno studente rimanga ucciso - pena l’esplosione di tutti i collari – o rendendo off-limits alcune zone del luogo in cui si svolge il massacro.
Giornalmente, viene infine reso noto l’elenco dei ragazzi deceduti, nominativi che vengono divulgati anche agli spettatori e, quindi, ai familiari dei partecipanti, attestando il livello di dominio esercitato dal regime che può decidere in materia di vita e di morte di chiunque.
Lo sviluppo della storia procede quindi pari passo con lo svolgimento del Program e consente di seguire le vicissitudini dei ragazzi coinvolti in questa sorta di esperimento sociale di dubbio gusto, di fatto una carneficina legalizzata.
Nel manga, il mondo “esterno”, quello reale cioè, non viene particolarmente approfondito: vengono solamente accennate alcune imposizioni dettate dal regime (ad esempio sono vietati alcuni generi musicali e comportamenti troppo in linea con i costumi occidentali) ma è sufficiente pensare alla follia costituita dal Program e alla totale assenza di ribellione da parte dei cittadini per comprendere quanto distorta e drammatica sia la situazione.
A ciascuno dei 42 partecipanti, metà maschi e metà femmine, viene dedicata qualche pagina per fornirne una minima caratterizzazione e un background ma, per ovvie esigenze narrative, gli autori si concentrano solo su alcuni dei ragazzi che, per questo motivo, possono venir considerati protagonisti dell’opera.
Troviamo quindi Nanahara Shuya, un puro, dall’animo buono e positivo che cerca di proteggere la dolce Noriko Nakagawa e, al contempo, raccogliere attorno a sé altri studenti e studentesse per fuggire dal terribile contesto a cui sono costretti; Kawada Shogo, risoluto e pragmatico, sopravvissuto alla precedente edizione del Program, che sembra prendere in simpatia proprio Nanahara Shuya; l’ingegnoso e geniale Mimura Shinji, che vuole escogitare un modo per ribaltare la situazione creatasi e colpire il governo, lanciando un segnale di rivolta; Sugimura Hiroki, esperto di arti marziali, alla disperata ricerca di Takako Chigusa e Kayoko Kotohiki rispettivamente la sua migliore amica e la ragazza di cui è innamorato; Soma Mitsuko, languida e letale, disposta a tutto pur di prevalere; il glaciale Kiriyama Kazuo, che trova nel Program la propria ragione d’esistere.
A modo suo, ognuno dei partecipanti è costretto ad adattarsi e a fronteggiare la situazione in cui si vede costretto, chi accettando di usare violenza verso i propri compagni, chi cercando di instaurare rapporti di reciproca collaborazione, chi addirittura impazzendo, fuggendo o tentando addirittura il suicidio. Non mancano poi gli intrecci che legano tra loro gli studenti, sia in positivo che in negativo, frutto di trascorsi vissuti assieme dentro o fuori le mura scolastica.
Pagina dopo pagina, la situazione si fa però sempre più tragica e disperata: qualcuno deve necessariamente soccombere e, inevitabilmente, ogni rapporto di simpatica amicizia viene stravolto.
La lotta è quindi d’obbligo; essere spietati e senza scrupoli, capaci di schiacciare il prossimo e di negare ogni valore etico e morale diventa il solo tramite verso la salvezza, l’insegnamento supremo imposto da un regime che non mira alla crescita e alla realizzazione dell’individuo ma che, anzi, alimenta la competizione e le tensioni.
Ecco allora che il vero nemico che gli studenti protagonisti del Program devono fronteggiare è un intero sistema che, nel manga come nella realtà, annulla ogni individualità. La sfida nella sfida è quella di rimanere coerenti e puri, sopravvivere ma senza cedere alla follia imposta, cercando di stringere alleanze e legami per procedere assieme e ribellarsi al presente. Una logica e un modo di essere che, in particolare, Nanahara e Mimura fanno proprie e che, qualora risultassero vincenti in un contesto fittizio ed estremo come quello proposto da Battle Royale, allora potrebbero venir applicate anche nel mondo reale.
Oltre a ciò, l’opera risulta provocatoria sotto molti punti di vista, in primis nel porre direttamente sulla scena dei ragazzi minorenni e mostrando come, in realtà, non li si possa considerare affatto dei bambini: sono capaci di uccidere - e non solo - esattamente come gli adulti. Si dovrebbe quindi guardare a loro con occhio diverso, non solamente in vece di pedine ed elementi anonimi di un sistema sempre più spersonalizzato che, verrebbe da dire, non tiene nemmeno in considerazione i talenti e le capacità che ciascun di loro possiede - altrimenti, perché sprecarli in una follia quale il Program, essenzialmente, è?
Un’altra chiave di lettura dell’opera permetterebbe invece di incolpare direttamente le istituzioni dei comportamenti violenti o dei numerosi suicidi che si riscontrano nella fascia più giovane della popolazione nipponica: non sono cioè film, musica o condizionamenti di sorta dettati dai nuovi media a traviare gli animi dei più giovani, bensì le tensioni che si vengono a creare in un mondo unicamente concentrato sull’efficienza e sul controllo.
Infine, Battle Royale può essere visto anche come un’estrema allegoria delle lotte e dei soprusi che molti studenti sperimentano all’interno del contesto scolastico e di cui, in modo più o meno serio, si accenna in svariati manga. Solo che in questo caso la violenza proposta è totalmente gratuita e fine a se stessa, collocata in un contesto volutamente primordiale e selvaggio, ma capace, al contempo, di far riflettere sul fenomeno del bullismo. In fondo, quale titolo o privilegio ottiene il vincitore di un simile incubo?
Oltre alla buona idea di base dell’opera (che per certi versi rimanda al film “Contenders Serie 7” di Daniel Minahan) e alla discreta caratterizzazione dei personaggi, Battle Royale sa farsi apprezzare anche per la resa grafica. Le tavole proposte da Masayuki Taguchi, noto anche per opere quali Baron, Lives e Black Joke, riescono a coinvolgere e a farsi apprezzare dai lettori, amplificando e supportando quanto proposto da Takami. Grande enfasi viene posta sulle emozioni e i sentimenti di cui sono preda i protagonisti, concedendo ugualmente largo spazio a sequenze ricche d’azione. Inutile dire che i combattimenti e scene cruente abbondano e, in tal senso, chi non ama il sangue o la violenza potrebbe trovare ostica la lettura di questo manga: in linea con lo spirito del romanzo, il disegnatore tende infatti a indugiare su particolari splatter, sulle ferite e i colpi inferti agli studenti, talvolta prodigandosi con inquadrature e sequenze piuttosto articolate e complesse che, in tal senso, possono ricordare lo stile di Hirohiko Araki (autore de “Le Bizzarre avventure di Jojo”). Se da un lato questa destrezza illustrativa e l’originalità di talune trovate visuali può essere considerata un pregio del manga, al contempo può risultare pomposa, con il rischio di appesantire piuttosto che coinvolgere nella narrazione.
Nulla da eccepire invece per la resa anatomica dei personaggi anche se, probabilmente, il fisico di alcuni di loro, con particolare riferimento a Soma Mitsuko e Kawada Shogo, sembra appartenere a dei ventenni più che a dei quindicenni ancor in fase di maturazione.
Il modo di agire dei personaggi risulta infine piuttosto coerente con quella che è la loro indole e consente a ciascun lettore di individuare il proprio beniamino o, comunque, qualcuno con cui identificarsi. Non è facilmente prevedibile quello che potrebbe essere la reazione di una persona in un assurdo contesto come quello del Program tuttavia la scelta di utilizzare un numero considerevole di studenti permette all’autore di coinvolgere le varie categorie sociali e di offrirne, volendo, caricature o critiche. Non esita nemmeno a portare in scena situazioni scabrose o piccanti, con riferimento a brutture e nefandezze che esistono a prescindere, quali ad esempio pedofilia, plagi, stupri e abusi. Una sorta di condanna, insomma, di quello che è il genere umano il quale, per propria natura, al pari degli animali, sa ricorrere alla violenza e uccidere per sopravvivere. Solo che può farlo in modi più subdoli e sottili, creando tensioni e situazioni sociali che, alla lunga, possono divenire insostenibili.
Il finale del manga, sebbene un po’ affrettato e semplicistico, permette infine di percepire un po’ di ottimismo e speranza per il futuro dell’umanità o, per lo meno, di quella descritta in Battle Royale. Malgrado uccisioni e perdite, la possibilità di cooperare e di fuggire da certe imposizioni risulta essere un’opzione praticabile e salvifica.
Nel complesso, il manga rappresenta un buon prodotto, disturbante e provocatorio anche se, probabilmente, non adatto a tutti i palati. Richiede inoltre da parte dei lettori l’accettazione che ragazzini di quindici anni, esattamente come vengono descritti nel manga, siano in grado di essere così lucidi e preparati altrimenti risulterebbe difficile accettare molte delle dinamiche proposte, soprattutto in termini di competenza bellica, uso di veicoli e destrezza con le armi.
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