sabato 25 febbraio 2012

..:: The artist ::..

Titolo: The artist
Regia: Michel Hazanavicius
Anno: 2011
Genere: drammatico
Cast: Jean Dujardin, Bérénice Bejo, John Goodman, James Cromwell, Penelope Ann Miller

La trama in breve:
Hollywood 1927. George Valentin è un notissimo attore del cinema muto. I suoi film avventurosi e romantici attraggono le platee. Un giorno, all'uscita da una prima, una giovane aspirante attrice lo avvicina e si fa fotografare sulla prima pagina di Variety abbracciata a lui. Di lì a poco se la troverà sul set di un film come ballerina. È l'inizio di una carriera tutta in ascesa con il nome di Peppy Miller. Carriera che sarà oggetto di una ulteriore svolta quando il sonoro prenderà il sopravvento e George Valentin verrà rapidamente dimenticato. (fonte mymovies)

Il mio commento:
The Artist, visto giovedì sera al cinema, in quel di Castelfranco Veneto, è soprattutto una grande sorpresa. Una sorta di scommessa artistica e non solo che, a mio avviso, Hazanavicius può considerare vinta. Non dev'esser stato facile proporre e concretizzare un progetto come quello rappresentato da questo film: muto, in bianco e nero, ammiccante a film di quasi un secolo fa... eppure moderno, con un ritmo, soluzioni visive e scelte talvolta molto originali e moderne.
Impossibile, dopo la visione di un film simile, non soffermarsi qualche istante a meditare su quello che è, essenzialmente il cinema. Il cinema di adesso intendo, sempre attento a sfornare prodotti accattivanti e nuovi, bramoso di star, di incassi facili, facile all'uso di effetti speciali e a portare in scena pellicole che spesso, purtroppo, sono sì belle a vedersi ma poco consistenti in termini di storia e contenuti. 
Mano a mano che la visione procedeva mi sono ritrovato a pensare ad Avatar di James Cameron: gran bel film, atteso, reclamizzato oltre ogni dire, campione di incassi e forte di una potenza visiva strabiliante tale da "re-imporre" il 3D al cinema. Un'opera, quella di Cameron, in grado di emozionare e trasportare cuore e mente altrove, un fenomeno che però è "passato": come faceva ben notare l'attento Leo Ortolani nella prefazione di AvaRat, parodia ispirata al colossal di Cameron, l'opera di quest'ultima non si è impressa nell'immaginario collettivo come invece è accaduto con opere quali The Matrix o Crank. Ok, ok, Crank non c'entra...volevo solo vedere se eravate attenti... 

Ovviamente, qui, con The Artist, non si parla certo di fantascienza né vi sono le medesime velleità di farsi pietra miliare (anzi, forse il successo conseguito è stato inatteso e dovuto alla scelta fortemente in controtendenza rispetto alle altre produzioni recenti) ma l'esigenza di fondo che il film mira a soddisfare rimane sempre la medesima, ovvero quella di narrare una storia e di veicolarla attraverso una proiezione cinematografica. 
Uno spettacolo che, in merito a impatto visivo, viene ridotto ai minimi termini: niente colore, niente effetti speciali, niente scenari virtuali ricreati a computer. Solo attori in carne e ossa, mimica facciale, capacità di recitazione, buona espressività, discreta familiarità col ballo, buone storie e personaggi tridimensionali (sto parlando di caratterizzazione) trasposti sul grande schermo. Probabilmente come accadeva agli albori del cinema. 
Esattamente come accadeva quando i personaggi rappresentati dagli attori "vivevano di vita propria", quando fare cinema era più una questione di attitudine artistica che di mero commercio e "vendita" al pubblico. 
In ciò l'opera di Hazanavicius risulta assai efficace come monito e come esempio cinematografico: è infatti possibile, e il regista parigino ben l'ha dimostrato, emozionare e divertire anche senza parlare, senza ricorrere a violenza e volgarità, senza orpelli visivi. Certo, non siamo di fronte ad un film degli anni 20, siamo piuttosto dinnanzi ad un prodotto moderno realizzato con uno stile retrò, fortemente ammiccante ai primi spettacoli del secolo scorso. Eppure, dicevo, non manca il ritmo delle produzioni attuali né le trovate moderne e originali: c'è una sequenza, ad esempio, in cui  George Valentin (Jean Dujardin) se ne sta solo a riflettere, disperato e affranto, ma le inquadrature sono tali da confondere e alternare realtà e immagini riflesse. 
O, ancora, non può certo mancare di catalizzare l'attenzione degli spettatori l'incubo in cui il protagonista si ritrova muto in un mondo in cui tutto è suono e anche una piuma che cade produce qualcosa di simile ad un boato assordante. 
Soluzioni e scelte, quindi, fortemente esplicative che, perfettamente in linea con il resto dell'opera, consentono di narrare una storia fatta di successo e fallimenti, di cambiamenti e di incontri. 
Le parole non ci sono, ma non mancano quelle scritte che, di tanto in tanto compaiono (in inglese, sottotitolate... perchè non direttamente in italiano, dico io...) in favore della comprensione del pubblico in sala. Eppure, a dirla tutta, non è che se ne senta davvero il bisogno. La capacità recitativa dei protagonisti e l'abilità nell'amalgamare sequenze visive molto efficaci dal punto di vista comunicativo permettono di seguire le vicende tranquillamente, anzi, quasi si prova la sensazione che la parola "sonora" sia del tutto superflua, addirittura dispersiva e fastidiosa.
Complimenti quindi a Hazanavicius e al cast scelto: ottimi sia Jean Dujardin che la bella Bérénice Bejo e pure a quel simpaticone di John Goodman. Nel cast, tra l'altro, si annovera pure Malcolm "Arancia Meccanica" McDowell, che però compare in una breve sequenza solamente. 
The Artist mi è piaciuto assai, ecco, e mi sento di consigliarvene la visione, anche e soprattutto se amate le belle storie (a lieto fine), i cagnolini di piccola taglia e la musica in generale che qui la fa decisamente da padrone accompagnando e dando supporto ritmico a tutte le sequenze di questa produzione che, finalmente, consente ai cinema di spalancare le porte anche a nuove forme di clientela che, per handicap o sopraggiunti acciacchi dovuti all'età, magari non ci sentono più bene come un tempo... 
Mi auguro infine che questo film possa essere d'esempio e di stimolo per investire nel cinema in termini di emozioni da veicolare, idee e capacità recitative cosa che non sempre si ritrova nella miriade infinita di attori e attrici che si avvicendano sul grande schermo.
Un'ultima riflessione va infine alla storia in sé, storia che in alcuni casi procede attraverso un ulteriore strato filmico essendo i protagonisti degli attori. 
Delicata e romantica, le vicende di George e Peppy si intrecciano e rimandano l'uno all'altra: lui star in decadenza, lei star in ascesa. Situazione più volte rimarcata proprio dai momenti di incontro tra i due, sulle scale ad esempio, con lei che sale e lui che scende; ma il divario aumenta mano a mano che George sprofonda nel proprio fallimento, addirittura creando un ulteriore rimando verso la pellicola che lui stesso si auto-produce e che ha per epilogo la morte del protagonista (lui stesso) in una fossa di sabbie mobili. 
Dinamiche (quelle di ascesa e caduta intendo, non le sabbie mobili...) che, tutto sommato, sono assai attuali in quanto sempre più i personaggi del mondo dello spettacolo sono equiparati a merce usa e getta, da sfruttare per recimolare guadagni e poi gettare nell'oblio. Quello dello show-business è un mondo avido, egoista, ipocrita ed effimero e che, malgrado il successo che accompagna alcuni divi, nasconde anche storie di solitudine e fallimento personali. Quelle di cui non si parla spesso magari ma che comunque condizionano l'esistenza umana di persone che, prima ancora di  artisti, sono individui bisognosi di amore e comprensione. Di normalità, malgrado tutta l'esposizione a cui sono soggetti.




2 commenti:

Filippo ha detto...

Bello, bello, bello!
Visto stasera, per me un capolavoro! L'atmosfera della fine anni 20, inizio 30, è riprodotta in modo spendido; bella la storia, e ottima interpretazione!

Leonardo Colombi ha detto...

Concordo: un gran bel film che merita di esser visto e che si è giustamente accaparrato qualche riconoscimento internazionale