Regia: David Cronenberg
Anno: 1983
Genere: horror,sci-fi
Cast: James Woods, Deborah Harry, Sonja Smits, Peter Dvorsky, Leslie Carlson
La trama in breve:
Max Renn (James Woods) è a capo di una piccola stazioncina televisiva specializzata in roba forte e cerca sempre di trovare roba ancora più forte e a poco prezzo per rimpolpare il palinsesto e vincere la graduale assuefazione del pubblico. Uno dei suoi impiegati, Harlan (Peter Dvorsky), riesce ad avere accesso a una stazione televisiva pirata chiamata Videodrome che trasmette film estremi di torture, mutilazioni e cose del genere. Molto interessato, Max vorrebbe quel materiale per la sua televisione e incarica Masha (Lynn Gorman), che abitualmente gli procura i filmati, di scoprire chi ne abbia la proprietà. Masha gli rivela che non si tratta di finzione: sono vere atrocità. (fonte mymovies)
Il mio commento:
Videodrome è uno di quei film che, da tempo, mi ero prefissato di vedere e di cui, finalmente, all'incirca martedì scorso, son riuscito a terminare la visione. Non certamente un'opera semplice o leggera e della quale, credo, non sia nemmeno banale parlarne.
Ecco perché ho ben pensato di concentrarmi solo su alcuni aspetti e di rimandarvi all'ottima recensione proposta da Luigi Bonizzato sulle pagine di Terre di Confine (cosa non ti escogito per far pubblicità all'associazione...) e che senza dubbio riesce a parlarvi di codesto film meglio di quanto potrei fare io.
Comunque sia, tra gli aspetti che più mi hanno colpito del film vi è quel riferirsi al mondo mostrato dalla televisione come qualcosa di più autentico e "reale" del reale stesso. E in effetti talvolta risulta difficile capire dove inizia il vero e dove la finzione, ma ancora di più ha un che di disturbante constatare come attraverso i media sia possibile far vivere qualcosa che non esiste o, addirittura, è già morto. Pensiamo al dottor O'Blivion del film, che riesce ugualmente a interagire con le persone o a comunicare attraverso videocassette pre-registrate. Così come a certi attori o cantanti che, pur da defunti, hanno potuto completare video o film, da Brandon Lee ne Il Corvo o Freddy Mercury nel video di "Under Pressure".
Ancor più preoccupante e allarmante è invece il potere che i nuovi media posseggono nel condizionare gli spettatori, assuefacendoli a valori distorti oppure plagiandoli, portandoli a far propri pensieri e dinamiche che invece alla gente, di suo, forse, non apparterrebbe. Su quest'ultimo punto, infatti, il film fa comunque capire che certi appetiti e desideri sono, nel bene o nel male, sopiti nell'animo delle persone: questo il senso del personaggio di Nicki Brand (impersonata da Deborah Harry, ovvero Blondie).
Ecco allora che la pistola che finisce "nella pancia" del protagonista allude ad un fenomeno autentico e quanto mai attuale in quanto, bombardati da stimoli visivi fuori controllo, finiamo con l'accettare la violenza come un fatto "normale", quotidiano. Nutrendoci di essa, alimentandoci di essa, ne veniamo assuefatti e traviati.
Che differenza c'è, in fondo, tra uccidere per davvero o per finta? Quale limite vi è tra artificio scenico e reale se la separazione tra mondo vero e mondo mediatico si fa sempre più labile e difficile da cogliere? Tutto è concesso, non c'è limite a quanto può venir trasmesso. Purché "renda", purché divenga una sorta di droga per il volgo.
Quali effetti poi abbiano certe trasmissioni o certe visioni non è facilmente individuabile ma, è innegabile, un certo qual condizionamento avviene.
In conclusione, seppur costituendo una visione ostica, angosciante e complessa, anche per via di una tensione che si fa palpabile e di elementi horrorifici che potrebbero non incontrare i gusti di tutti gli spettatori, Videodrome, datato 1983, rappresenta un'opera da non trascurare affatto e, anzi, da recuperare e studiare.
Anche perché parla di fenomeni già in atto o, addirittura, a venire. E possibile, questo l'aspetto più inquietante, così come in parte indicato anche da Huxley ne "Ritorno al mondo nuovo" quando rifletteva sui nuovi media e la propaganda.
E ancora, per finire, un'altra intuizione geniale proposta da Cronenberg riguarda l'allucinazione indotta: visto che il 3D non è poi sta gran cosa, perché non provare con qualcosa di più forte e vivido? Come accade in Strange Days.
Allora sì che usciremmo dai cinema "paghi", alimentati da qualcosa che automaticamente sentiremmo come nostro, di "reale" in quanto vissuto.
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