sabato 21 febbraio 2015

La legione dimenticata

Titolo: La legione dimenticata
Autore: Ben Kane
Editore: Piemme
Genere: romanzo storico
Pagine: 480

La trama in breve:
53 a.C. Autunno. La legione avanza lungo la pianura, gli elmi luccicanti sotto il sole. I soldati hanno affrontato molte prove nel lungo viaggio che li ha portati dalla Gallia all'Asia Minore, al confine estremo del mondo conosciuto.
Sono giunti da lontano, ognuno seguendo il proprio destino, ma uniti sotto un'unica insegna: l'aquila di Roma.
Tra loro, tre uomini la cui amicizia è cresciuta sul campo di battaglia, tra il fango, il sangue e la rabbia di chi non sa se ci sarà un domani.
Tarquinio, l'aruspice guerriero. Nato in Etruria, nemico di Roma, la sua sorte è scritta in una profezia: tenere alto l'onore del suo popolo e raggiungere luoghi in cui nessun Etrusco è mai stato.
Brenno, il barbaro. I Romani hanno sterminato il suo villaggio e la sua famiglia e ora lo osannano nell'arena, dove è diventato il più valoroso dei combattenti.
E infine il giovane Romolo, schiavo dalla nascita insieme alla sorella gemella. Venduti entrambi a tredici anni: Romolo alla scuola gladiatoria, dove conoscerà Brenno, e Fabiola a un lupanare, dove catturerà lo sguardo di uno dei personaggi più potenti della città.
Un gladiatore, un aruspice e un barbaro, dunque. Insieme si arruoleranno nell'esercito di Crasso che affronterà i Parti a Carre e costituiranno la Legione dimenticata, per poi iniziare la lunga marcia verso casa e verso la libertà. (fonte Piemme)

Il mio commento:
Ho letto questo libro su consiglio di mio papà, Lino, che ha già consumato la trilogia. Una sera, parlando del più e del meno, dopo aver accennato al fatto che avevo sentito di Dragon Blade, produzione orientale in cui comparivano dei legionari romani, lui ne ha approfittato per accennarmi a questa serie di libri del kenyota Ben Kane.
Inizialmente ero un po' indeciso, considerando la materia del libro, la nazionalità dell'autore e il fatto che questo rappresenta la prima parte di una saga, ma a posteriori posso confermare di esser rimasto più che soddisfatto di questa esperienza di lettura. 
Di certo, dovendo dettagliare e spiegare l'ambientazione, che magari per noi italiani potrebbe anche risultare familiare ma per lettori d'oltreoceano no, lo sviluppo non è esente da digressioni o descrizioni appositamente pensate per conferire profondità e verosimiglianza al testo. Fortunatamente queste non sono mai né troppo lunghe né invasive e consentono di prender pratica con termini (anche in latino), usi e costumi dell'epoca abilmente rievocati dalle parole dell'autore.
Le vicende descritte si svolgono in più zone dell'impero Romano e anche al di fuori di esso e fondamentalmente si concentrano attorno a pochi personaggi fino a che, dalla metà circa del libro, i poli narrativi diventano due: da un lato troviamo Fabiola, rimasta a Roma, e dall'altra il trio composto da Brenno, Tarquinio e Romolo.
Cercando di fare un po' d'ordine, senza svelare troppo, posso dire che Tarquinio è un aruspice, istruito in segreto dal vecchio Oleno durante le rare occasioni ritagliate nel contesto dei lavori svolti alla magione di Celio, il patrizio per cui cui lavoravano loro e una moltitudine di schiavi discendenti dagli etruschi.
Brenno, possente e immane, è l'ultimo degli allobrogi, fiera tribù della Gallia attaccata dai romani: dopo aver perso la propria famiglia e il villaggio, egli viene risparmiato per divenire un gladiatore, quindi trascinato a Roma con il cuore pesante e nella memoria il ricordo delle ultime parole di Ultan, il druido del villaggio, che gli preannunciava un lungo viaggio sino ai confini del mondo.
Infine, Romolo e Fabiola sono i figli di una schiava, Velvinna, e del patrizio che l'ha stuprata (la cui identità viene lasciata intendere al lettore...). Cresciuti assieme fino all'adolescenza quando, per una serie di accadimenti, il loro padrone, Gemello, decide di vendere la ragazza al miglior bordello della città e suo fratello al Ludus Magnus, per essere addestrato a divenire gladiatore.

Per nessuno dei protagonisti, la vita scelta per loro dall'autore prevede agi e serenità, semmai privazioni, sofferenze, lotte e astuzie per rimanere in vita e sperare di realizzare le proprie ambizioni, siano queste la vendetta nei confronti di colui che ha ucciso il proprio mentore o i propri cari o la speranza di ritrovare la madre o il proprio fratello o nuove occasioni per tornare a vivere.
La narrazione procede quindi alternando le vicende dei personaggi, lasciando che quasi si sfiorino fino a che, eventi più grandi di loro - voluti dagli dei e dal fato - tornino a far girare la ruota del presente, gettandoli nella disperazione o regalando loro piccole conquiste quali un alleato inatteso, il patrizio da tempo cercato, un duello miracolosamente vinto. Me nel libro di Kane, tutto rientra anche in un disegno molto più grande e complesso, come quello legato ai cambiamenti dell'impero romano che avvengono dentro e fuori dai suoi confini, con la corruzione dei costumi, la crisi economica e politica, le congiure e gli intrighi, oppure le sanguinose campagne militari. Proprio come quella di Crasso, in Oriente, verso cui confluiranno Tarquinio, Brenno e Romolo, fuggitivi da Roma a causa di un omicidio.
Tra gli aspetti che più ho apprezzato, c' quindi la buona capacità di orchestrare trame e sotto trame, amalgamandole e lasciando trasparire un forte senso di coesione e giocando discretamente con i colpi di scena. Anche le sequenze d'azione sono ben intervallate alle altre, in cui sono i dialoghi e la caratterizzazione dei personaggi a farla da padroni. 
Indubbiamente, l'immagine globale che emerge è quella di un'epoca dura, cruda e schietta, nient'affatto idilliaca. Uccisioni e depravazioni sono all'ordine del giorno, così come ingiustizie e brutture, tutti elementi che l'autore non disdegna di far notare e che contribuiscono a far risaltare la maturazione dei personaggi e lo sviluppo delle loro storie personali. Non c'è inoltre spazio per pietà e sentimenti positivi e solari, come la gioia e l'amore, o, per lo meno, non sono concessi ai protagonisti: essi devono invece lottare stoicamente, star sempre all'erta, e far del loro meglio per rimanere in vita, grazie anche alla benevolenza degli dei che non smettono mai di pregare e onorare.
D'altra parte, quando si vive a un passo dal baratro eterno forse risulta più facile ricordarsi del cielo...
Comunque, dal punto di vista della caratterizzazione dei personaggi, non mi pare di aver trovato nulla di particolarmente nuovo, ma nel complesso il tutto funziona benone. Visivamente ho apprezzato la presenza di Brenno, immaginandomelo nell'arena, una furia bionda di due metri e passa capace di seminare morte e distruzione tali che lo stesso Plutone si vede costretto a intervenire per domandare pietà: "Non c'ho più posto, credimi! Nell'Averno ormai è peggio che a Lampedusa!"
Se comunque la piega delle vicende relative a lui e ai suoi due compagni, bene o male, erano intuibili già dalla trama, la storia di Fabiola mi ha invece un po' stupito visto che la povera donzella è finita in mezzo ad un giro di intrighi e cospirazioni, sia come potenziale vittima che come carnefice, e che da tenere fanciulla ben presto ha iniziato a spianarsi la strada per divenire una delle personalità più influenti di Roma. Sempre per la serie "tira un più un pelo di... che cento buoi".
Chissà come sarebbe potuto cambiare il testo se lo stesso Romolo fosse finito a fare il concubino...
Lasciando perdere simili discorsi, gran parte del libro si concentra sulla campagna militare di Crasso contro i Parti, una tremenda disfatta che ha visto i Romani capitolare di fronte al nemico. Tutta la parte relativa alle marce e alla spedizione in sé viene descritta forse in modo sintetico, però efficace: il risultato globale è quindi positivo, con un buon bilancio di realismo e credibilità. Lo stile dell'autore, tra l'altro, mediamente è abbastanza asciutto e diretto, ma non freddo, sebbene poco incline al lirismo e alla poesia per cui ben si presta alla descrizione di scene d'azione, marce, assalti, esecuzioni. Mi ha dato un senso di solidità, insomma, e di pragmaticità. Medesima sensazione che si respira anche nei dialoghi, mai eccessivi e sempre misurati. A volte allusivi, come gli atteggiamenti di Tarquinio, che intravede il futuro e dona sicurezza agli altri seppure il suo agire risulti a tratti misterioso e criptico. Ma in qualche modo provvidenziale, frutto delle grandi conoscenze dell'uomo e dell'esperienza maturata in capo al mondo partecipando alle più disparate campagne militari e non, senza mai demordere, senza mai perdere la speranza nelle proprie capacità e nel destino che lo attende. 
Una sensazione che l'aruspice trasmette anche ai propri compagni e che va a bilanciare cattivi presagi incontrati mano a mano che la spedizione di Crasso si addentra in Oriente.
Quindi, come già era accaduto nel piccolo, nonostante una sconfitta, nonostante gli eventi siano precipitati (vedasi la notte brava di Romolo e Brenno, ad esempio), la fortuna ancora una volta arride agli audaci e offre occasioni di riscatto o per sviluppi inattesi. Certo, la strada è tortuosa e irta di pericoli, denigrante e umiliante come quella che si vedono costretti a percorrere i soldati della "legione perduta", a cui i Parti hanno concesso di vivere previo giuramento di fedeltà. Dopotutto, con centurioni e generali martoriati, lontani da casa e con solo disfatte alle proprie spalle che altro si può fare se non tentare di dare un nuovo scopo alla propria esistenza?
Vedremo quindi che accadrà nei successivi capitoli :-) per ora non posso che fermarmi qui con il commento, segnalando comunque il gradimento complessivo per il libro letto. Un testo che per altro mi ha dato da pensare: com'è che un kenyota poi trasferito in Irlanda trova tanto interesse per una civiltà come quella romana quando noi per primi la dimentichiamo o non la teniamo in debita considerazione? Indubbiamente la storia narrata nel libro non è vera al 100%, però la cura nella resa dell'ambientazione o dei comportamenti dei personaggi (anche in atteggiamenti più domestici e normali, intendo) lasciano trasparire una gran passione che, forse, potrebbe far riflettere. Soprattutto coloro che magari sono alla ricerca di ispirazione per nuove storie.

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