domenica 5 giugno 2011

X-Men

Titolo: X-Men
Regia: Brian Singer
Anno: 2000
Genere: fantastico, azione, live-action
Cast:  Hugh Jackman, Patrick Stewart, Ian McKellen, Famke Janssen, James MarsdenTyler Mane, Halle Berry, Anna Paquin, Ray Park, Rebecca Romijn, Bruce Davison, Matthew Sharp, Rhona Shekter, Kenneth McGregor, Shawn Roberts

Le origini:
Ideati da Stan Lee e Jack Kirby per Marvel, gli X-Men sono un gruppo di supereroi con la peculiarità di possedere un DNA più sofisticato rispetto a quello dei normali homo sapiens sapiens. Provvisti di uno speciale gene-X che conferisce ad essi facoltà sovrumane, come la capacità di volare o di attraversare i muri, la telecinesi o il controllo sugli elementi, capacità telepatiche o mutazioni fisiche, essi rappresentano quindi l’evoluzione della razza umana. 
Illustrazione del gruppo degli X-Men
La prima apparizione degli X-Men nel mondo dei comics avviene nel settembre del 1963, incontrando un discreto consenso da parte del pubblico, un successo che iniziò a crescere negli anni e che, seppur con alti e bassi, permise alla testata fumettistica di procedere sfornando nuove storie, nuovi personaggi e nuove situazioni. Grazie all’avvicendarsi di numerosi autori e disegnatori, e a strategici cambiamenti di formazione del gruppo degli X-Men, la serie è riuscita a superare indenne i decenni e le periodiche crisi di vendite che hanno afflitto il mondo dei comics, mantenendo una certa qual soglia di popolarità presso i lettori sino a diventare una delle testate Marvel maggiormente vendute. Un consenso che continua tuttora e che è stato amplificato grazie alla proliferazione di speciali e serie parallele a quella ordinaria oltre alla realizzazione di cartoni animati, videogames e recenti trasposizioni cinematografiche.
Sebbene l’idea di base, ovvero quella del gruppo di supereroi emarginati dalla società a causa della loro diversità, non fosse del tutto nuova al pubblico americano degli anni Sessanta, essendo già commercializzata da Dc Comics una testata fumettistica con personaggi analoghi, gli eroi proposti da Marvel hanno indubbiamente saputo catturare l’interesse e le simpatie del pubblico statunitense, prima, e internazionale, poi. I mutanti, questo il termine per identificare i possessori del gene-X, sono persone speciali, dotati di abilità che devono imparare a padroneggiare, ma che per questo vengono allontanate e temute, poiché considerate anormali. Paura del diverso, discriminazione e cultura del sospetto generano, nel mondo Marvel come in quello reale, spirali di incomprensione e tensioni che determinano dinamiche politiche e sociali tese a condannare i mutanti, identificandoli come il capro espiatorio verso cui ricondurre crisi e problematiche sociali. Contrapposte alle reazioni degli homo sapiens sapiens, che vorrebbero l’applicazione di leggi razziali o l’estinzione, addirittura, della razza mutante si scatenano naturalmente le azioni degli homo sapiens superior, soprattutto da parte dei mutanti più intransigenti e reazionari che vorrebbero imporre la propria “gente” sulla popolazione umana.
In questo contesto gli X-men si collocano nella scomoda posizione di difensori del bene contrapposti ai mutanti malvagi, quali ad esempio Magneto, Sinistro e Apocalisse, e a favore di una società che li rifiuta e li emargina e che, addirittura, mira a sterminare la razza degli homo sapiens superior grazie alle pericolose Sentinelle o all’istituzione di veri e propri campi di concentramento. Si tratta quindi di supereroi che presentano una forte connotazione drammatica e che, per certi versi, vivono difficoltà affini a quelle comunemente sperimentate dai disabili, dai diversi in generale. Addirittura, la condizione esistenziale cui sono sottoposti gli X-men richiama quella dell’adolescente tipo: in fondo, anche i personaggi di Stan Lee frequentano una scuola e sono alle prese con dinamiche legate alla crescita, alla scoperta di sé, alle incomprensioni familiari e, a volte, con l’altro sesso.
Qui, invece, la versione
Ultimates degli X-Men
I mutanti proposti da Marvel possiedono inoltre un certo fascino per via della condizione che gli è propria, ovvero il possesso di facoltà fuori dall’ordinario che però vivono come un handicap da celare, quasi vergognandosene. Talvolta questa contraddizione viene fortemente esplicitata dalle caratteristiche proprie di ciascun personaggio: basti pensare a Charles Xavier, il più potente telepate del pianeta, costretto su una sedia a rotelle, a Scott “Ciclope” Summers che deve perennemente indossare occhiali scuri quasi fosse cieco o ipovedente o a Warren “Arcangelo” Worthington III che deve imprigionare le proprie ali piumate. Ancor peggio p
er chi possiede le fattezze di un demone come Kurt “Nightcrawler“ Wagner.
Probabilmente è in virtù di una tale caratterizzazione, oltre alla scelta oculata di proporre un gruppo di eroi e non un singolo individuo, così da sondare i gusti del pubblico, se gli X-Men hanno saputo attirare le simpatie dei lettori che potevano e possono identificarsi e parteggiare per essi, leggendo storie di mutanti provenienti da ogni parte del mondo e, addirittura, da altre epoche. Dopotutto En Sabah Nur, ossia Apocalisse, era già partecipe della storia umana al tempo degli antichi egizi mentre Nathan “Cable” Summers è nato nel presente ma è cresciuto nel futuro, salvo poi tornare nuovamente ai nostri giorni per offrire il proprio contributo alla causa di Xavier. 
Tutto questo, unitamente alla creazione di storie di buon livello e, nel tempo, di testate fumettistiche parallele per garantire sempre maggiori sviluppi a trame e sottotrame oltre che per cavalcare l’onda del successo commerciale conseguito dalla testata principale, ha permesso agli X-Men di giungere sino ad oggi con notevoli sviluppi e cambiamenti, soprattutto in tempi recenti a causa della saga di Necrosha e al Secondo Avvento, ma inalterati nell’essenza che incarnano. 


Il progetto cinematografico:
Applicazione telecinetica
per Jean Grey
A partire dal 2000, Marvel ha iniziato a prodigarsi alla trasposizione cinematografica delle storie degli X-Men e, successivamente al primo film del 2000, forte del discreto successo conseguito, ha proseguito con gli investimenti realizzando due seguiti e un prequel della saga, oltre a specifici spin-off dedicati ai personaggi del gruppo di mutanti. Wolverine in primis. E ulteriori progetti sono in fase di valutazione, soprattutto considerando la mission che la Casa delle Idee ha sposato fondando i Marvel Studios.
Affidato alla regia di Bryan Singer, già apprezzato per I soliti sospetti, il film dedicato agli X-Men propone una storia originale, non una trasposizione di una qualche specifica avventura già pubblicata. Quella offerta al pubblico è inoltre una versione moderna e ridotta del gruppo di mutanti fondato da Charles Xavier. Strategie, queste, che hanno permesso di accontentare sia i gusti di quanti già conoscevano i personaggi Marvel sia di quanti invece non ne hanno mai letto le gesta fumettistiche. Al contempo, essendo quello degli X-Men un vero e proprio universo popolato da innumerevoli eroi e villans, è stato necessario cercare di operare una sintesi effettuando un’accurata cernita dei personaggi puntando cioè su quelli più rappresentativi e funzionali all’intreccio proposti. Il tutto, si diceva poc’anzi, cercando di offrire una versione moderna del gruppo, con costumi e ambientazioni decisamente più vicine alla moda e all’estetica del 2000: i nostri eroi non vestono abiti sgargianti, calze-maglie o i classici mutandoni elasticizzati, bensì tute scure, attillate e sofisticate, simili a quelle già viste nei film dedicati a Batman.
Inutile dire che l’investimento, da parte di Marvel, è stato significativo sebbene il risultato, sotto il piano qualitativo non sia stato particolarmente gratificante per gli spettatori. Tuttavia, come spesso accade in queste circostanze, sono i numeri in termini di incasso e merchandising a decretare la buona riuscita di un progetto. Pertanto, si può tranquillamente affermare che quanto trasposto sul grande schermo sia stato un discreto successo: la realizzazione di sequel e prequel, in fondo, non può che confermare questa constatazione.
Tempesta, un po' alterata...
La storia proposta nel primo film dedicato agli X-Men ruota attorno alla vita di Rogue, una giovane mutante che scopre di possedere la capacità di assorbire energia vitale, ricordi e poteri altrui solamente mediante il tocco fisico. La prima esperienza di questa straordinaria facoltà è però traumatica: il ragazzo che aveva cercato di baciarla finisce in coma per alcune settimane. Confusa e turbata la giovane scappa di casa per dirigersi al nord, una fuga da se stessa e dal proprio presente. Nel suo vagabondare finirà con incontrare Logan, alias Wolverine, un mutante dotato di un incredibile fattore rigenerante e in possesso di uno scheletro in adamantio e di tre artigli retrattili per mano. Ma quando vengono aggrediti dai tirapiedi del malvagio Magneto i due verranno prima salvati e poi accolti tra le fila degli X-Men e, presso la scuola per mutanti fondata dal professor Charles Xavier, conosceranno maggiormente ciò che sono. 
Nel frattempo, però, il governo americano, incalzato dal senatore Kelly, spinge per l’approvazione di leggi razziali contro gli homo sapiens superior, una politica contro la quale Magneto stesso decide di reagire architettando un folle piano per il quale è indispensabile l’apporto della giovane Rogue. 
Starà agli X-Men intervenire e impedire a Erik Magnus Lehnsherr, questo il vero nome del malvagio di turno, un tempo amico di Charles Xavier, di portare a termine la propria strategia.


Considerazioni sulla visione: 
Realizzare una trasposizione cinematografica di un gruppo di supereroi con alle spalle decine di anni di pubblicazioni e numerose storie lette e apprezzate da milioni di fans di tutto il mondo non è indubbiamente un compito facile. 
Cercare di offrirne al contempo una versione moderna, nel tentativo di incontrare i gusti di un pubblico eterogeneo e che non necessariamente è appassionato di comics, contribuisce ad aumentare - esponenzialmente - il fattore di rischio. 
Il momento delle presentazioni
per Wolverine e soci
E se a questo si aggiunge un’eccessiva libertà nel giocare con i personaggi e un’ingenuità di fondo a livello di sceneggiatura, non si può che inevitabilmente scadere nella realizzazione di un film che può, sì, incuriosire il pubblico ma non riuscire a convincerlo.
Seppure la sequenza iniziale dell’opera di Bryan Singer lasci intendere una certa attenzione nel curare il background e l’aspetto psicologico dei personaggi e a non voler appiattire l’opera che gli X-Men rappresentano, l’intreccio proposto risulta piuttosto ingenuo e superficiale prestando il fianco a numerose critiche, con dinamiche spazio-temporali molto discutibili e relazioni tra personaggi immediate e poco credibili. 
Lo sforzo di portare in scena numerosi personaggi finisce con il risultare infruttuoso e, per lo più, tutti vengono ridotti a ombre di ciò che dovrebbero essere, relegati sullo sfondo di una visione che procede anche senza di loro. Solamente Wolverine e Magneto risultano discretamente caratterizzati, seppure anche nei loro confronti sono rilevabili contraddizioni e perplessità. In fondo, se Erik Lehnsherr è così determinato a imporre la razza mutante, che rappresenta il futuro, perché prendersi la briga di costruire una macchina per mutare la popolazione umana e non scegliere la comoda via della devastazione di massa? 
Il film fallisce quindi laddove avrebbe dovuto far risaltare il punto di forza che il gruppo degli X-Men possiede: l’umanità e la tridimensionalità che gli è propria, il dramma esistenziale che incarnano, la difficoltà nel farsi accettare e nel convivere con la propria diversità sono invece blandamente trattati, appena appena tratteggiati. Soprattutto per i membri della confraternita dei mutanti malvagi, assolutamente privi di spessore, di cui non viene spiegato praticamente nulla ma che si ritrovano a cooperare tra loro quasi senza conoscerne il motivo, poco più che burattini al servizio del plot. 
D’altra parte, quasi lo stesso accade per gli X-Men stessi, probabilmente vittima del poco spazio a loro dedicato e dell’eccessiva attenzione riservata a Wolverine che, seppure costituendo uno dei personaggi più rappresentativi e affascinanti, finisce con il catalizzare l’attenzione dello spettatore relegando molto in secondo piano tutti gli altri. Ciclope, il leader degli X-Men non è altro che un ragazzino privo di autorità e determinazione, è apparentemente fidanzato con la bella Jean Gray ma nemmeno un istante di intimità viene concesso loro; Xavier, il più potente telepate del mondo, non possiede né passione né fascino, addirittura non percepisce la presenza di estranei nella propria scuola o le manomissioni a Cerebro, il super computer che utilizza per cercare i mutanti e costruito assieme allo stesso Magneto; Ororo “Tempesta” Munroe, infine, è praticamente una comparsa, un personaggio senza scopo e caratterizzazione, benché difficilmente venga ignorata l’avvenenza di Halle Berry. 
Persino il personaggio di Rogue, per altro necessaria per muovere la trama, quasi non ha nulla a che spartire con la bella ragazza del sud degli Stati Uniti che ha popolato pagine e pagine di comics come pure le fantasie di molti affezionati lettori degli X-Men.
Difficile vincere a scacchi contro
un telepate come Xavier
capace di leggere nel pensiero.
Ecco spiegato il disappunto
di Magneto. Credo...
L’unico mutante discretamente ben reso è, in ultima analisi, Wolverine. Meriti del carismatico Hugh Jackman - e del proprio manager - oltre che di precise strategie di marketing già pronte a sfruttare il personaggio ma che finiscono con l’impoverire la visione e disattendere le aspettative dei numerosi fans. Soprattutto di coloro che hanno seguito per anni le gesta cartacee degli X-Men, affezionandosi a loro e che, in massa, sono accorsi al cinema sperando in qualcosa di più significativo rispetto a quanto proposto da questo primo capitolo della saga. D’altra parte, anche senza notizie ufficiali di sequel, tutti intuivano che difficilmente Marvel si sarebbe arrestata al primo film, soprattutto considerando il numero di personaggi e di saghe a cui può attingere. Per non parlare dei cross-over.
Sorvolando quindi sulla mancata caratterizzazione dei personaggi, il film riesce comunque a raggiungere l’obbiettivo di ammodernamento del gruppo di supereroi mutanti e, quindi, di fare da eco a quel processo di mutamento in atto, sulle testate fumettistiche della Casa delle Idee, a partire dalla fine degli anni novanta e l’inizio del terzo millennio. L’uso di costumi scuri e dal taglio più futuristico presente nell’opera di Bryan Singer è infatti un chiaro rimando a quanto proposto nella versione “Ultimate” degli X-men, variante della serie originale che ne rappresenta una sorta di reboot e commercializzata da Marvel a partire dal 2001 proprio per sfruttare il successo cinematografico conseguito. 
Dal punto di vista delle riflessioni in materia di diversità, di razzismo e discriminazioni, il film non riesce invece a veicolare con efficacia alcun messaggio proprio a causa della scelta, voluta, di virare verso l’azione pura con notevole dispendio di risorse in termini di trucco ed effetti speciali visivi (basti pensare a come hanno preparato la bella Rebecca Alie Romijn che, irriconoscibile, interpreta la mutaforma Mystica). Al più, viene suggerito allo spettatore che le vittime di persecuzione razziale possono covare una sorta di personale necessità di vendetta, come ad esempio sembra accadere per Magneto - interpretato da un discreto Ian McKellen che offre però una versione stanca e invecchiata del personaggio - il quale ha sperimentato sulla propria pelle l’orrore dell’olocausto nazista perpetrato ai danni degli ebrei. Ogni messaggio però è labile finendo soffocato dai ritmi dettati dal copione e dalle esigenze di marketing professate dal film stesso. Il risultato finale non può quindi che assestarsi al di sotto della soglia della sufficienza, concedendo agli spettatori una visione che risulta a tratti fredda e didascalica, incapace di suscitare partecipazione o anche solo di avvincere per le vicende di cui sono protagonisti gli X-Men, supereroi dotati di incredibili poteri, emarginati e incompresi, ma che ugualmente lottano per un’umanità che li teme e non li accetta.


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