Regia: Terrence Malick
Anno: 2011
Genere: drammatico
Cast: Brad Pitt, Sean Penn, Jessica Chastain, Fiona Shaw, Joanna Going
La trama in breve:
Texas, anni Cinquanta. Jack cresce tra un padre autoritario ed esigente e una madre dolce e protettiva. Stretto tra due modi dell'amore forti e diversi, diviso tra essi per tutta la vita, e costretto a condividerli con i due fratelli che vengono dopo di lui. Poi la tragedia, che moltiplica le domande di ciascuno. La vita, la morte, l'origine, la destinazione, la grazia di contro alla natura. L'albero della vita che è tutto questo, che è di tutte le religioni e anche darwiniano, l'albero che si può piantare e che sovrasta, che è simbolo e creatura, schema dell'universo e genealogia di una piccola famiglia degli Stati Uniti d'America, immagine e realtà. (fonte mymovies)
Il mio commento:
Tra le numerose recensioni presenti nel web, in riferimento a questo film, scopro il seguente aneddoto "Sei minuti di applausi alla prima di Cannes riservata al pubblico, ululati e fischi conditi da non troppi battiti di mano per la proiezione riservata alla stampa".
Personalmente, mi domando come siano anche solo riusciti a pensare di ululare e fischiare dopo la visione di codesto film, per altro vincitore della Palma D'oro. Ok, i gusti son gusti, così come le preferenze in termini di ritmi e tematiche sono soggetive ma, sinceramente, trovo difficile pensare che lo spettatore, qualunque spettatore, dinnanzi a quanto proposto da Malick possa restarne indifferente.
Non si tratta di una visione semplice né immediata, questo lo concedo. E' indubbiamente un'esperienza impegnativa, complessa, che richiede sforzo e volontà, da parte di chi osserva, per accettare e seguire quanto proposto. The tree of life è infatti un film inusuale, pregno di interrogativi e significati, palesemente incentrato su una forma di ricerca personale e collettiva. Se da un lato i lunghi silenzi, il ritmo lento, le inquadrature talvolta ossessive e l'incedere non sempre "narrativo" possono scoraggiare, al contempo le sequenze proposte, poesie di immagini e armonie di musica sublime, risultano altamente evocative, poetiche e sublimi, capaci di incuriosire e avvincere.
Per quanto mi riguarda, complice le molte frasi appena appena sussurrate, si tratta di un film che vuol parlare allo spettatore, a patto però che questo si trovi in una condizione di disponibile percettività. La narrazione infatti non sempre procede in modo canonico, seguendo lo scorrere del tempo, fatto questo che ne rende ostica la fruizione; a tratti tutto è affidato allo scorrere delle immagini che creano suggestioni e connessioni che trascendono tempo e spazio, fortemente permeate da richiami religiosi. Il regista, qui alla sua quinta prova di regia (in circa quarant'anni di attività) indugia spesso in lunghe sequenze costituite da sguardi che scrutano fuori campo (Cercando risposte? In attesa di qualcosa?) oppure da panoramiche che spaziano sul creato e su paesaggi naturali, cercando di instaurare una comunicazione con lo spettatore che vive di emozioni sussurrate e richiami a quesiti esistenziali e spirituali.