Titolo: Il Sigillo della Terra
Editore: Asengard
Genere: Fantasy
Pagine: 446
La trama in breve:
Più che la trama di questo secondo libro della saga dei "Quattro sigilli", che continua quanto già narrato nel "Sigillo del Vento", vi riporto l'intro che è disponibile sul sito dell'editore assieme ad un estratto del romanzo:
Vedo la notte di Arhanien e vedo l’ovest corrusco di fuochi che risuona dei tamburi degli orchi, i miei figli.
Sono stanchi, riuniti attorno a un fuoco, e si domandano che ne sarà di loro quando saranno sotto le mura di Alesia, la città che non ha mai subito una conquista.
Sento il torpore delle loro anime, sento la paura dei loro cuori; il mio spirito è in subbuglio, i loro occhi sono pieni di domande.
Anni or sono fu fatto un torto a uno di loro e i miei figli combattono ogni volta che un’ingiustizia non viene risanata, poiché la disgrazia che coglie un singolo rattrista ogni suo fratello. Questo vuol dire essere figli di Wakqatan, Dio della Guerra.
Scendo tra loro, e sono vento caldo. Li abbraccio, lenisco le ferite e dono loro la tempra perduta nella marcia e negli scontri. La mia voce accarezza le loro menti, rinvigorisce i loro cuori.
«Figli miei, gioite. Io, Wakqatan, sono con voi. I Sigilli si sono schierati e domani la vostra furia sbreccerà le mura di Alesia. Voi reclamate la terra che vi fu rubata: che vengano i nemici, vedranno un’alba grandiosa, un’alba di sangue, fuoco e acciaio!»
Il mio commento:
Premetto che sono trascorsi un po' di mesi da quando ho concluso la lettura de "Il Sigillo del Vento" e che quindi alcuni eventi e dettagli magari li ricordavo con poca chiarezza, però devo dire che la lettura di questa seconda fatica di Uberto, per quanto riguarda la saga dei Quattro Sigilli, non mi è spiaciuta affatto. 446 pagine dense di avvenimenti e personaggi, molti già presenti nel libro precedente e con l'aggiunta di alcune nuove comparse.
L'impressione è stata però quella di leggere un libro con almeno 650 pagine o più, va detto: il font usato, l'impaginazione, la densità delle righe e di quanto narrato è tale che offre l'impressione di trovarsi di fronte a qualcosa di "più". Un po' come già accadeva per il Sigillo del Vento.
Rispetto al precedente tuttavia qui si avverte una certa maturazione nello stile che concede, a tratti, maggiori descrizioni e caratterizzazioni più efficaci ed incisive, oltre ad una coralità di eventi descritti che cresce e cresce. Si arriva alla guerra, già, battaglie e guerre oltre a duelli e scontri magici di portata devastante.
A livello di immagini il viaggio proposto da Uberto è più che variegato e pesca in svariati ambiti: appaiono gli orchi (forse con una strizzatina d'occhio alla produzione di Nicholls) e il popolo del mare, con tanto di sirene, tritoni e pirati. E sempre a proposito di immagini quella di copertina mi è piaciuta e, a dire il vero, mi ha lasciato incuriosito per un bel po' non riuscendo a identificare il guerriero raffigurato, poi individuato nel corso della lettura. Tra l'altro, si tratta anche del personaggio che, in certo senso, ha più a che fare con il titolo dell'opera: il sigillo della Terra.
Un aspetto negativo del romanzo verte comunque su questo aspetto, ovvero sulla comprensione e sulla descrizione di certi accadimenti ad esso relativi. Il recupero del sigillo ed il suo utilizzo finiscono infatti per venir descritti "poco", e solamente nell'ultima parte. Speravo invece che ci fosse di più, anche in termini di evocazione e di battaglia tra coloro che si trovano a contendersi il controllo della terra. Temo quindi che, in relazione a ciò, sia venuto a mancare un po' di slancio creativo, energie che sospetto esser state assorbite dalla passione per le armi, le tattiche e le descrizioni di guerra in cui l'autore si è spesso cimentato. Passione che traspare e che coinvolge e per il quale va ad Uberto la mia stima: trovo infatti che il lavoro da lui svolto per conferire realismo e profondità agli eventi narrati, soprattutto quelli bellici, sia stato più che egregio.
Al contempo però, indirizzo a lui un po' di "rabbia da lettura" per come ha risolto certi avvenimenti, magari tagliando corto o sbrogliando situazioni in quattro e quattr'otto. Poche volte, per carità, ma nelle quali mi sono comunque sentito poco soddisfatto (vedasi lo scontro tra re Kollert e Ghar Emrar, o il modo in cui Gwyllywm si riprende dal charme di Noa...). In altre circostanze invece ho apprezzato gli espedienti a cui ha fatto ricorso per cambiare la prospettiva delle cose, offrendo al lettore un punto di vista sfalsato, con descrizioni ambigue per rendere poco chiaro il soggetto e creare disorientamento e colpi di scena. Basti pensare a quella lancia scagliata nella battaglia di Tumblane, quando sir Argren di Alesia incalza il drago Ygyghna, oppure al guerriero che tenta di affrontare Ghar Emrar ad Antioch e che da esso viene colpito e scagliato via atterrando vicino a chi si credeva essere in realtà l'attaccante (non so se sia chiaro...in pratica stava combattendo Pinco anzichè Pallino, anche se tutto faceva pensare che fosse Pallino a battersi contro il minotauro).
Concludendo, ho più che apprezzato la lettura di questo romanzo ma al contempo l'ho trovata, a tratti, pesante. Probabilmente a causa del numero di personaggi e del quantitativo di eventi narrati, pregio e contemporaneamente limite del romanzo in questione. Una lettura che però mi sento di consigliarvi a cuor leggero: sono sicuro che vi appassionerà e, meglio ancora, vi convincerà delle capacità narrative di Uberto ^_^