Regia: Massimo Venier
Anno: 2009
Genere: drammatico
Cast: Alessandro Tiberi, Valentina Lodovini, Carolina Crescentini, Paolo Villaggio, Francesco Mandelli, Francesca Inaudi, Francesco Brandi
La trama in breve:
Milano un gruppo di giovani neolaureati galleggia nell'orbita dell'instabilità esistenziale. Matteo, che si definisce un luogo comune, è un genio della matematica; nelle vesti di "cultore della materia" tiene lezioni sull'insostenibilità di Gödel, ma per tirare a campare lavora nel reparto marketing di un'azienda in odore di taglio del personale. L'amico e coinquilino Francesco mette in pratica la sua passione per la settima arte facendo il proiezionista in un cinema d'essay e osserva la vita come se fosse un film, dando un voto alle cose. Lasciato dalla fidanzata tirocinante in attesa di asportare il suo primo pancreas, e perse le sicurezze economiche di un terzo inquilino che li ha appena abbandonati con un debito, Matteo si trova diviso tra la passione e la ragione - e tra due donne che entrano con impeto nella sua vita - nell'eterna sospensione d'animo. (fonte mymovies)
Il mio commento:
Generazioni a confronto: lo sfortunato e tragico Fantozzi accomunato alla condizione precaria dei giovani d'oggi. E' per questo che Villaggio è nel cast e recita la parte del docente? Vero? |
Visto praticamente tra ieri e l'altro ieri sera, molto comodamente, in modalità svacco totale sul divano. Più che altro, avevo bisogno di qualcosa di disimpegnato e di italiano: dopo le frecciatine che avevo lanciato nel post precedente al panorama cinematografico nostrano mi sentivo in dovere di dare un'occasione a qualcosa di italico. Ecco allora Generazione 1000 euro, liberamente ispirato all'omonimo romanzo/progetto letterario (e non). Per maggiori informazioni in merito vi rimando a codesto link.
Ora, non avendo letto il libro originale, non so dirvi quanto ci sia di ispirazione e quanto invece corrisponda che le parole scritte dal duo Incorvaia Antonio e Rimassa Alessandro. Però il film è piacevole, scorre via fluido: non ci si annoia, si partecipa, si parteggia, si prova anche ad immedesimarsi un poco.
E, ovviamente, da bravo film italiano non si perde l'occasione di mostrare qualche scena di sexo.
Anche dal punto di vista della recitazione e della colonna sonora, direi, ci siamo eccome. Tra l'altro, Alessandro Tiberi, il protagonista, credo fosse un predestinato per il ruolo di Matteo avendo alle spalle la partecipazione alla serie tv Borat nel ruolo di "Alessandro".
Quello che semmai non mi ha particolarmente convinto è la constatazione di quanto sia piccola, alle volte, Milano (le classiche coincidenze che fanno funzionare i film...), di come una donna non si faccia problemi a starsene in casa di due perfetti sconosciuti che, per forza di cose, devono metterle le mani addosso e portarla anche al bagno (ebbene sì, dopo l'entrata in scena con solo un asciugamano addosso, Beatrice si rompe pure una gamba), di come nessuno si scomponga se nel pavimento di casa c'è una voragine (né le mamme che portano i bimbi a farsi dare ripetizioni né il geometra che vive al piano di sotto), di come, per forza di cose, tutto avvenga molto rapidamente e fin troppo concitatamente. Anche nell'ambito lavorativo.
Il protagonista vive una perenne corsa, acuendo quel senso di incertezza in cui egli, fondamentalmente, si crogiola. Che poi, caspita, si trova con il conto in rosso, il frigo vuoto, l'appartamento da pagare (e con un buco nel pavimento), la benza del motorino da pagare, i pasti fuori casa ogni giorno da pagare, le tubature dell'appartamento da riparare (si son rotte ancora) ma...non c'è problema °_°
Chi non ha un capo così... |
Di contro c'è da dire che siamo pur di fronte a uno di quei film in cui il protagonista si trova a subire N problemi contemporaneamente (non uno alla volta come sempre) e, per forza di cose, qualcosa deve pure toppare alla grande. Quello che però di cui non mi capacito è l'assoluta mancanza di SMS o di internet quale forma di comunicazione per spiegare o avvertire gli altri di ciò che sta accadendo: eppure, il cellulare è sempre a portata di mano, così come internet è una risorsa più che utile nel gestire la vendita di cianfrusaglie. Anche lo stipendio, sembra venir fornito in contante, decisamente comodo per una multinazionale che annovera svariate centinaia di schiavi nel proprio libro paga.
Per cui...boh...non mi spiego certe dinamiche e soluzioni adottate. Così come non si spiegano tutte quelle situazioni del tipo "tra due ore partiamo per Barcellona a presentare un progetto che nemmeno conosci ma siccome mi stavi simpatico ho deciso di rischiare la mia carriera e portare te e non l'ideatore del progetto, che poi è il tizio che lavora davanti a te e che non deve sapere niente, mi raccomando" oppure "t'oh, ho vinto un concorso e domani sono a lavorare a Viterbo" o, peggio, "l'azienda è finita, chiude tutto. Ma IO da domani mattina lavorerò in una nuova azienda a Barcellona, fondata e finanziata dagli stessi titolari di questa che è appena chiusa".
Anche il finale è discutibile. IMHO sarebbe stato più giusto porre lo spettatore di fronte alla scelta fatidica:
- Premi 1 se vuoi che Alessandro rimanga a Milano, a cercarsi un nuovo lavoro, una nuova casa,e a sperare di mettersi assieme a Beatrice che, teoricamente, avrebbe pure un ragazzo (non è chiaro se ce l'ha o se si son mollati) e per di più è appena partita per Viterbo;
- Premi 2 se vuoi che Alessandro parta per la Spagna, per un lavoro sicuro, assieme ad Angelica, suo capo e amante;
- Premi 3 se vuoi che improvvisamente i protagonisti si ricordino del Professore che, poraccio, attende che qualcuno gli organizzi una festa di addio per il pensionamento
Ci sono un po' troppe forzature, ecco, ma per il resto il film è godibile e mira a far riflettere lo spettatore sul tipo di presente (e futuro) che si prospetta al giorno d'oggi per il giovane tipo (a meno che tu non sia il classico figlio o nipote di senatore, politico e via dicendo). Che, nello specifico del film, ha minimo la laurea e sembrerebbe orbitare attorno a ruoli legati all'ambito dell'insegnamento. Vien spontaneo domandarsi se sia effettivamente così...probabilmente è più che altro un escamotage per insistere sul "capitale umano" di questi giovani che per anni si son dedicati allo studio, investendo in cultura e istruzione, ma senza però riuscire a trovare gratificazione. Cosa che, effettivamente, accade.
Il film però non spiega "perché" accade, né propone soluzioni alternative: semplicemente si limita a mostrare quel che è la realtà dei fatti, il modo di tirare a campare dei ragazzi della G1000 e di accettare quel che il presente offre. Disillusi, stanchi, bambinoni (vedasi il buon Francesco Mandelli che insiste nell'eterna e improbabile sfida calcistica Andorra contro Brasile), praticamente rassegnati a non avere un futuro, eppure carichi di energia e forti di effettive capacità personali.
Se vince l'Andorra... |
Per cui, forse, guardando questo film nel 2019 o nel 2029, mi domando, come lo interpreteremo?
O come lo interpreterà qualcuno che non conosce il contesto italiano dello specifico momento storico che viene descritto?
Mi chiedo infine se, ad oggi, valga ancora la definizione di "generazione 1000 euro" e se questa si applichi solamente ai venti-trentenni squattrinati che campano di precariato e incertezza.
E se invece, ora, tale definizione fosse da estendere anche ad altre categorie di persone? A cinquantenni? A quarantenni padri di famiglia? Come potrebbe essere un film del genere?
Nessun commento:
Posta un commento