Mentre me ne sto qui a Comiso, a sorbirmi gli echi dell'ennesimo matrimonio celebrato qui a Villa Orchidea (a quanto pare, da queste parti si sposano quasi tutti i giorni...) e gli effetti dell'Insolia e della cena a base di pesce, domandandomi al contempo perché la dotazione hardware di questo portatile aziendale lasci così drammaticamente a desiderare in termini di multimedialità, credo di aver raggiunto una sorta di illuminazione.
Ho capito cioè perché la società dei puffi sembra funzionare perfettamente e la nostra (quella italiana), no.
Non è questione di orientamento politico, di fede calcistica, di processi pendenti con cui bloccare un Paese o di sangue blu (ahahah, bella questa) bensì di consapevolezza di identità e capacità personali.
Come ben sappiamo, i puffi son stati creati a immagine e somiglianza di un dio venuto dal pianeta Pandora e sono univoci: ognuno di loro possiede un corredo genetico e un'identità che lo rende unico, compatibile con un solo ruolo nella società puffesca, incapace di gestire qualsiasi altro compito al di fuori dell'unico (the ONE) per il quale sono stati programmati.
Una sorta di limitazione, se vogliamo, ma al contempo una ricchezza, un valore aggiunto che proviene proprio dalla loro profonda e radicata consapevolezza di sapere chi sono e cosa possono o non possono/devono fare.
Non capiterà mai che puffo burlone si metta a fare quel che fa puffo contadino o che puffo forzuto prenda le veci di puffetta: ne andrebbe della sopravvivenza della specie.
Ecco perché ciascuno di essi possiede un ruolo ben identificato e ad esso si attiene scrupolosamente.
Motivo per cui c'è chi si occupa di cucinare, di progettare, di fare il bibliotecario, di sostituire puffetta quando questa ha il ciclo (sto parlando di puffo vanitoso...).
E grazie a questa magnifica ricchezza individuale che ciascuno possiede, la società puffica prospera e impera nei boschi, razziando l'ambiente circostante da puff-bacche come se non ci fosse un domani e suonandole a quel simpaticone di Gargamella (che si veste da pezzente e che non possiede manco uno smartphone, come il sottoscritto).
Al contempo, così dovrebbe essere per noi italiche genti, abitanti di una nazione composta da n anime, con n grande a piacere. E non bastano manco le regioni a classificarle visto che periodicamente spuntano zone nuove che fan riferimento a un fiume, a una catena montuosa o a qualche attrazione turistica locale ("...straordinaria scoperta avvenuta oggi nel mirabilandolese...", fonte Studio Aperto)
Però, se fossimo consapevoli di cosa ciascuno può o non deve fare, credo potremmo avere una qualche speranza di prosperare pure noi. Esattamente come i puffi. O gli X-men.
Non si tratta di un discorso che verte sulla discriminazione razziale o che vuol risultare discriminatorio od offensivo, sia chiaro, semplicemente ho avuto l'occasione (di nuovo e di nuove e di nuovo...) di constatare come ci siano diversità di mentalità e di modi di essere che rappresentano una ricchezza e un patrimonio, un valore aggiunto per noi italiani. Ma che alla fin fine finiscono per divenire elementi per dibattito politico, disquisizioni popolari e divisioni intestine.
Dico solo che, forse, ci sono genti di alcune zone d'Italia più ferrate in taluni ambiti rispetto ad altri e che, magari, l'aver sfruttato questa ovvia consapevolezza a nostro vantaggio avrebbe permesso di livellare l'Italia verso "l'alto" più che causare dispendio di energie, risorse e sforzi come invece è accaduto negli anni, e forse continua ad accadere tutt'ora, rallentandoci nel raggiungimento di taluni obbiettivi.
Acciderbolina!
Nessun commento:
Posta un commento