Titolo: Daybreakers - L'ultimo vampiro
Regia: Michael Spierig, Peter Spierig
Anno: 2009
Genere: Horror, Fantascienza
La trama
In un ipotetico anno 2019 la popolazione terrestre è prevalentemente costituita da vampiri. Tutto il sistema economico e sociale è quindi orientato al soddisfacimento delle esigenze di queste creature immortali: nei bar e nei chioschi viene servito sangue animale e umano, le vetture sono dotate di protezioni per impedire l’esposizione del conducente ai raggi solari, gli spostamenti in città avvengono grazie a una fitta rete di camminamenti sotterranei …
La parte restante dell’umanità è invece rappresentata da individui non vampirizzati che sopravvivono come ribelli o come forma di sostentamento per la vigente classe dominante.
Il loro numero però è costantemente in riduzione e sempre più insufficiente a sopperire al fabbisogno alimentare della popolazione vampiresca; motivo per cui Charles Bromley, presidente della maggiore società di distribuzione e vendita di sangue, fa avviare la ricerca e la sperimentazione di un surrogato. Il compito, tutt’altro che facile, viene affidato al team di Edward Dalton, un ematologo che vive drammaticamente la propria condizione di vampiro rifiutandosi di bere sangue umano.
Nel frattempo l’isteria da parte della popolazione non morta cresce a causa della riduzione delle razioni di cibo che possono ricevere e per il manifestarsi di una nuova razza di violente creature non morte che rendono insicure le strade della città. Questi ultimi, esseri deformi e orribili, simili a grandi pipistrelli, privi di ragione e mossi solamente da istinti primordiali, sono il frutto della mutazione a cui gli stessi individui vampirizzati vanno incontro a seguito di una prolungata astinenza dalla somministrazione di sangue.
Tutto però è destinato a cambiare nel momento in cui Edward entra in contatto con un manipolo di esseri umani in fuga dalla città, ribelli capeggiati da un uomo che si fa chiamare Elvis e che in passato era stato un vampiro.
Un mondo di vampiri
Negli ultimi anni la figura del vampiro è tornata a essere protagonista di molte grosse produzioni cinematografiche, una scelta motivata dall’enorme successo riscosso dalla vendita di romanzi da cui sono state tratte le omonime trasposizioni.
Passando da “Io sono leggenda” a “30 giorni di buio”, dalla saga di “Twilight” a quella di “Underworld”, senza tralasciare opere come “Perfect Creature”, “Thist” oppure “Lasciami entrare” le tipologie di vampiri proposte sul grande schermo presentano notevoli tratti in comune ma al contempo specifiche differenze in termini di comportamento, estetica e psicologia.
In particolare, quelli proposti in DayBreakers – che non si rifanno ad alcun romanzo o fumetto ma sono stati definiti dai fratelli Spierig, registi e sceneggiatori del film - sono esseri umani pienamente in possesso delle proprie facoltà mentali, ma dotati di un corpo immortale che abbisogna di sangue per rimanere forte e giovane. Non sembrano avere capacità occulte o un’identità romantica come quelle che invece poteva vantare il “Dracula” di Bram Stoker, nemmeno possono far ricorso ad abilità inumane come la super velocità, la capacità di volare o di mutare aspetto. Posseggono tuttavia dei canini affilati, delle iridi scarlatte e un corpo freddo e fragile che può polverizzarsi se esposto ai raggi solari o esplodere qualora un paletto di frassino li colpisse al cuore. Qualcosa che costantemente mantiene viva in loro la paura di morire seppure la loro esistenza sia una sorta di menzogna, un perenne inganno alla vita con cui confrontarsi quotidianamente, un aspetto che la drammatica sequenza d’apertura mette bene in evidenza.
I vampiri che popolano il mondo di DayBreakers sembrano conservare in pratica la medesima condizione che possedevano quando ancora erano semplicemente umani. Per questo si adoperano per preservare e al contempo far evolvere una società moderna, analogamente a ciò che accade quotidianamente nel nostro presente, senza cioè cercare di ricreare scenari catastrofici come quelli proposti in “Io sono leggenda” ma senza nemmeno vivere nell’ombra o cedere a meri istinti animaleschi come risulta in “30 giorni di buio”.
Di conseguenza, tutto viene adattato alle esigenze della popolazione o, per essere più precisi, della classe dominante, senza però proporre forti stravolgimenti; quasi a reggere l’illusione che il cambiamento da essere umano a vampiro non sia mai realmente avvenuto. Come se fosse semplicemente cambiata una moda o un’abitudine. Ecco allora che i vampiri continuano a prendere la metropolitana, a recarsi al lavoro, a guidare auto, a festeggiare i propri compleanni come se non ci fosse stata alcuna epidemia di massa a stravolgere il mondo. Un aspetto su cui, per altro, il film non si sofferma molto lasciando che le poche spiegazioni vengano fornite allo spettatore attraverso brandelli di conversazione oppure indugiando sul collo dei personaggi, dove sono ancora evidenti i segni del morso che, in qualche modo, ha sancito la loro mutazione (l’unica ferita che sembra non rimarginarsi in alcun modo). Non vengono però palesati legami di sudditanza tra gli immortali, come se non esistesse alcuna gerarchia o legame tra iniziatore e iniziato all’esistenza non morta.
In questo modo l’impressione globale è quella di assistere sì ad una storia di vampiri ma che, invece, ammicca e costruisce anche un forte parallelismo con l’attuale impostazione economico-sociale del nostro mondo nei confronti dei popoli e delle nazioni più povere, sfruttate e depredate delle risorse naturali che posseggono. E’ infatti il sangue degli umani ad essere versato e scambiato nelle borse e nelle aziende di distribuzione presenti nel mondo di Daybreakers, un po’ come accade per l’approvvigionamento di petrolio e altri combustibili tra il cosiddetto primo mondo e il terzo mondo. Non è infatti difficile sovrapporre alla figura del vampiro quella del freddo capitalista che si cura di mantenere il proprio status e garantire i propri interessi senza concedere spazio a dubbi e questioni morali sull’origine del proprio benessere.
Emblematiche a tal scopo sono le immagini del laboratorio all’interno del quale gli umani vengono mantenuti in uno stato di semi coscienza e, letteralmente, munti per il sostentamento del sistema. In loro assenza crollerebbe tutto un mondo fondato sul sangue, ovvero basato su una costante sottrazione di risorse e forze vitali a quella fetta di umanità considerata inferiore e reietta.
La dicotomia che lo stesso Edward si trova a vivere rimanda quindi ai conflitti etici e morali della nostra attuale società, che non dovrebbe mai scordare da dove giunge quella ricchezza e quel benessere di cui può godere. Il personaggio interpretato da Ethan Hawke è infatti fortemente combattuto, quasi depresso a causa della propria natura di vampiro, soprattutto perché è consapevole dello sfruttamento umano che c’è dietro al mantenimento di un intero contesto sociale di cui fa parte e da cui è quasi impossibile affrancarsi. In un certo senso solo per il fatto di esistere Edward si sente colpevole di violenze, sfruttamento e uccisioni.
Altrettanto significative sono poi gli spunti che scaturiscono nel considerare come la ricerca di un surrogato al sangue sia miseramente destinata a fallire. Soprattutto se viene condotta al solo scopo di trovare un una nuova forma di business. Seppur possa rappresentare un temporaneo palliativo la realizzazione di un ipotetico sostituto sintetico del sangue non va in alcun modo a sanare quelle dinamiche di sfruttamento che sono in atto. Potrebbe quindi garantire la sussistenza dei vampiri per qualche anno o decennio ancora ma non costituirebbe affatto una soluzione definitiva, semplicemente andrebbe a posticipare quelle crisi e quei contrasti sociali che spontaneamente nascono quando una risorsa indispensabile viene meno.
Il sangue come il denaro, o il petrolio, insomma.
L’unica speranza che rimane è invece rappresentata dalla negazione o addirittura distruzione dell’attuale sistema in favore di un’esistenza più naturale, in cui venga annullata la distinzione tra vampiri e comuni esseri umani e la civiltà stessa torni a vivere di eque dinamiche economico-sociali. Niente più rapporti di sfruttamento, niente più caste, semplicemente persone civili che cooperano o, al limite, un sistema nel quale - pochi e scelti - vampiri ed esseri umani abbiano pari diritti e dignità. L’alternativa è invece rappresentata da un mondo abbruttito in cui un nucleo ristretto di individui si contende violentemente le poche risorse disponibili, in una cruenta faida fratricida nella quale non esistono legami di parentela o freni dettati dal raziocinio.
Il passaggio da un’esistenza vampiresca a una più normale, cioè la rinuncia dell’attuale sistema sociale in favore di dinamiche più sostenibili, non è comunque un passaggio semplice o indolore. Nel film infatti assistiamo a sofferenze e dolorose esposizioni al fuoco purificatore del sole oltre che a truculente scene di cannibalismo e massacro: non si può cambiare il mondo senza alcun sacrificio e senza produrre nessuna vittima.
Considerazioni finali
Malgrado la visione di DayBreakers permetta svariate riflessioni su tematiche attuali, il film in sé rappresenta un prodotto che raggiunge la sufficienza.
Il numero dei personaggi proposti non è poi molto alto e l’intreccio si sviluppa in modo piuttosto lineare, talvolta con soluzioni molto semplicistiche e ingenue. Per fare un esempio: sembra infatti che degli esseri umani braccati dalla polizia vampirsca non abbiano alcun timore a salire e a farsi chiudere all’interno di una vettura guidata da Edward, su invito dello stesso conducente; nemmeno li sfiora il pensiero che in un contesto di carenza di sangue come quello descritto a partire dal terzo minuto del film la caritatevole offerta da parte di un perfetto sconosciuto, vampiro, possa rappresentare un insidioso tranello. Analogamente, il modo con cui l’ematologo viene accolto nel covo dei ribelli lascia alquanto perplessi: dopotutto, solo pochi minuti prima era stato pedinato da soldati che avevano attaccato Elvis e i sospetti sul suo potenziale ruolo di spia non sono nemmeno stati fugati o presi in considerazione.
Sebbene il film presti il fianco ad alcune perplessità in termini di sceneggiatura, sotto altri punti di vista risulta invece decisamente migliore.
Nel cast compaiono almeno tre nomi noti, ma nel complesso gli attori che hanno preso parte alla produzione offrono un’interpretazione nella media. Ethan Hawke riesce discretamente a caratterizzare Edward Dalton, un uomo in cerca di redenzione, in conflitto con se stesso e il fratello che l’ha vampirizzato. Il suo personaggio appare stanco, nostalgico, depresso e privo di stimoli ma al contempo determinato, solido e animato da principi morali condivisibili, combattuto tra il proprio ruolo di salvatore degli immortali succhia sangue e l’impulso a rinnegare la propria natura. Sam Neil, nei panni del presidente Charles Bromley impersona invece il ruolo del padre e del leader di una grande multinazionale, un uomo impeccabile, posato, calcolatore, che ama sentirsi superiore e che disdegna la mera condizione di essere umano. Diversamente da lui la pensa sua figlia, umana convinta e ostinatamente contraria alla promessa di immortalità che l’evoluzione in vampiro potrebbe offrire, con la quale vive in perenne conflitto, soprattutto in relazione alla propria posizione di presidente di una società che capitalizza sangue umano. Leggermente spiazzante invece il ruolo di Willem Dafoe: dotato di un volto che ben si presta ad interpretare una creatura della notte qui invece l’attore statunitense veste i panni del leader dei ribelli, un morto vivente rinato alla vita che diventa una speranza di redenzione per l’intera razza umana.
Dal punto di vista dell’ambientazione proposta, invece, il film si articola prevalentemente in contesti metropolitani tranne che in alcune sequenze dove sono gli spazi aperti della campagna e del deserto a farla da padrone. Panorami più naturali e soleggiati che si contrappongono alla cupa oscurità della città, quasi a rimarcare quell’ideale di libertà e di vita che la condizione di non vampiro permette. Nella metropoli invece è predominante il buio, escamotage che però offre ai registi l’occasione di giocare con effetti di luce di proporre sequenze di stampo maggiormente orrorifico o suggestive: le loro iridi rossastre unitamente al pallore cinereo delle carni risaltano nelle tenebre che si vengono a creare in metropolitana. Nella media risultano anche gli effetti speciali a cui si è fatto ricorso, più efficaci in termini di trucco e deformazioni fisiche dei non morti in astinenza da sangue rispetto alle scene in cui i corpi dei vampiri esplodono o bruciano al sole.
Pur non assestandosi ai primi posti delle classifiche di gradimento del pubblico e incassi, complessivamente DayBreakers offre comunque uno spettacolo adeguato e a tratti affascinante, presentando un mondo popolato da vampiri che risulta piuttosto credibile e curato, ammiccante agli scenari che si trovano nelle migliori opere di fantascienza.
Peccato tuttavia per il finale proposto che, seppur conceda spazio alla speranza per un cambiamento globale, non appare particolarmente esaltante, e per la curiosa trasposizione italiana del titolo, non immediatamente traducibile, per carità, ma senza alcun dubbio distante da quel “L’ultimo vampiro” con il quale è stato presentato nelle sale italiane all’inizio del 2010.
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