Apparire, essere un personaggio famoso, mediatico, vivere di fama, vivere grazie alla fama ... tutto ciò riguarda un aspetto molto attuale del vivere moderno.
La ricerca della notorietà e del successo attraverso l'apparire sono comprensibili, più che comprensibili.
In fondo, basta farsi un annetto al GF per diventare più famosi di certi scienziati o illustri letterati che hanno contribuito alla cultura mondiale.
Basta riuscire a diventare un "personaggio", una figura su cui i media possano ricamare storie, approfondimenti, creare interviste, curiosità, morbosità. Suscitare emozioni e solleticare pulsioni irrazionali nel pubblico. Vendere e guadagnare al di là delle implicazioni morali che la speculazione su certe tendenze e certe figure dovrebbe comportare.
Quando però a diventare famosi sono persone che sono state vittime di qualche abuso o violenza, di rapimenti magari, rabbrividisco.
Provo un sentimento a metà tra lo schifo e la vergogna. Quasi uno stimolo al vomito spontaneo.
Quando sento parlare di Sarah Scazzi o di Yara Gambirasio mi ritrovo insomma a pensare male, anzi, malissimo della società contemporanea. E non solamente per la triste sorte di queste due splendide ragazzine, ma per come vengono vissute dinamiche di dolore e violenza come quelle che le riguardano.
Ma soprattutto mi trovo a riflettere sul perché di certe vittime si possa parlare (e speculare...) e di altre no.
Possibile che non ci sia alcun maschietto che sparisce?
Nessun bimbo extra comunitario?
Nessun sordo muto che viene seviziato e magari ucciso?
E se invece fosse un vecchio a sparire?
Tutto invece ruota attorno a quei casi che suscitano attrazione morbosa, che giocano con torbide situazioni passionali, magari incestuose. Macabre dinamiche che creano una certa dipendenza e un certo succube desiderio di conoscere ogni particolare, anche quello più sudicio, da parte del volgo. Che così dimentica altri problemi, altre questioni, e termina la visione del telegiornale rammentando il sorriso di ragazzine scomparse e non la faccia di merda di certi dipendenti pubblici di stanza al Parlamento.
Quasi che ci sia più interesse nel perdurare dei sequestri, come se fosse più redditizia o appetibile una fine tragica che una possibile redenzione o salvezza della vittima. Basti pensare al calendario in memoria di Sarah Scazzi, alla fiction sul caso di Perugia o al bisogno di fama che c'ha il fratello della quindicenne di Avetrana ...
Spero allora che questo nuovo anno rechi con sé una ventata d'aria fresca in questo clima mediatico che gioca con il pubblico e con la cittadinanza, disinformandola e provvedendo a distrarla. Veicolando tensioni e energie verso indagini che spettano alle forze dell'ordine o verso ipotetici nemici dell'uomo comune.
O per lo meno spero che, se proprio si deve parlare per mesi di qualche "fenomeno", se ne parli con la dovuta trasversalità. Anche perché oltre alle "belle ragazzine" della cui sorte si parla a oltranza da un po' (come accadeva tempo fa con il caso di Meredith Kercher o di Raffaele Sollecito, o Cogne addirittura) di bimbi / giovani rapiti ce ne sono ben più di 2 all'anno. Si parla infatti di circa 222 minori spariti nei primi 3 mesi del 2010 mentre ben altre sono le cifre riportate in blog e portali web, più o meno dedicati al fenomeno (come ad esempio missingkids o nocensura).
Oltre a parlare, speriamo che aumentino invece i controlli e la prevenzione al fine di ridurre sempre più questo triste fenomeno. Con buona pace dei guadagni mediatici di chi invece specula e sorride al pensiero di simili disgrazie, o di quelli di delinquenti e criminali che mirano all'avviamento alla prostituzione o alla vendita di organi di cui, purtroppo, sono vittima i bambini.
Ma non c'è solo questo.
Peccato che non ci sia spazio per questo nei telegiornali, che la fama venga tributata ed elargita solo a persone che non hanno nulla da comunicare al mondo oppure a quelle che finiscono vittima di qualche violenza. Per non parlare delle simpatiche troiette e dei baldi maschioni che cavalcano l'onda della propria giovinezza.
Diversamente, parlare anche d'altro, proporre qualcosa d'altro, coraggiosamente, "controcorrentemente", magari potrebbe contribuire all'individuazione di un esempio a cui ispirarsi, un modello di cittadinanza a cui ambire, in cui credere e identificarsi per approdare ad un cambiamento sociale che, soprattutto in questi anni, è tanto auspicabile quando complicato da ottenere. D'altronde, la concorrenza da battere in termini di modelli di vita a cui ispirarsi si difende bene... soprattutto finché certa tv continua a imperversare e a proporre meteore che suscitino "certe" emozioni in ottemperanza ai sacri vincoli delle leggi economiche moderne.
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