Titolo: Il sospetto
Regia: Thomas Vinterberg
Anno: 2012
Genere: drammatico
Cast: Mads Mikkelsen, Thomas Bo Larsen, Susse Wold, Annika Wedderkopp, Lasse Fogelstrøm
La trama in breve:
Lucas ha un divorzio alle spalle e una nuova vita davanti che vorrebbe condividere con il figlio Marcus, il cane Funny e una nuova compagna. Mite e riservato, Lucas lavora in un asilo, dove è stimato dai colleghi e adorato dai bambini, soprattutto da Klara, figlia del suo migliore amico. Klara, bimba dalla fervida immaginazione, è affascinata da Lucas a cui regala un bacio e un cuore di chiodini. Rifiutato con dolcezza e determinazione, Lucas invita la bambina a farne dono a un compagno. Klara non gradisce e racconta alla preside di aver subito le attenzioni sessuali dell'insegnante. La bugia di Klara scatenerà la 'caccia' al mostro, investendo rovinosamente la vita e gli affetti di Lucas. Disperato ma deciso a reagire, Lucas affronterà a testa alta la comunità nell'attesa di provare la sua innocenza. (fonte mymovies)
Il mio commento:
Complessa e molto attuale, candidata al premio Oscar nella categoria Miglior film straniero al pari de La Grande Bellezza di Sorrentino, quest'opera di Vinterberg rappresenta un'ottimo prodotto cinematografico, impegnativo e non banale nella sua fruizione. Uno di quelli da non sottovalutare o da prendere alla leggera, da proiettare in un cineforum e su cui poi dibattere.
La storia, in realtà non così complessa, si svolge in un contesto nordico (la produzione è danese) che forse un po' stride con le solite ambientazioni a cui il cinema ci ha abituato: il paese è piccolo, tutti si conoscono, c'è ordinarietà, non ci sono sparatorie o mirabolanti effetti speciali. E' un sistema chiuso, insomma, forse un po' ottuso, che vive di ritmi e dinamiche sociali semplici ma familiari.
Non mi dilungo su aspetti di fotografia, recitazione e regia, che si assestano su ottimi livelli e che certamente contribuiscono a impreziosire l'opera. Tra l'altro, Vinterberg è uno di quei registi che han dato vita al Dogma 95 per cui nel film non son presenti molti effetti speciali (al di là del trucco e di qualche sostituto per gli animali...) o musiche, ma tutto mira a essere quanto più realistico possibile, con illuminazione naturale, persone e ambientazioni "normali" (a parte la casa di Brunn...caspita, vive davvero in una magione...).
Al di là di questi aspetti, che magari non rappresentano valore aggiunto per tutti gli spettatori, quello che maggiormente colpisce e coinvolge, secondo me, è lo sviluppo della trama che parte da un evento semplice semplice da cui, come una spirale, si innescano complicazioni e conseguenze drammatiche assai. Lo spettatore si ritrova per altro in una posizione diversa da quella degli attori del film, ovvero conosce "di più", sa cosa è effettivamente successo e ha una visione obbiettiva di quello che c'è stato tra Klara e Lucas (su questo argomento, tornerò poi). Nonostante questa conoscenza, lo spettatore si ritrova ad assistere impotente allo sviluppo degli eventi, ad osservare il mutato atteggiamento che i conoscenti di Lucas dimostrano nei suoi confronti in un'escalation di condanna e violenza psicologica, oltre che fisica. Può parteggiare, commuoversi, disprezzare, sperare...ma senza interazione. Quel che capita a Lucas ha la potenza di un tifone e rapidamente l'uomo si trova a perdere tutto, amicizie, lavoro, rispetto, libertà.
E questo a partire da un sospetto. Grave, per carità, da non sottovalutare, ma per quanto concerne le vicende del film rimane un mero sospetto.
Avviene in un certo senso una sorta di processo all'uomo (la caccia?) senza che venga effettivamente accertata la verità. Vengono prese decisioni e misure drastiche, si dibatte e si agisce prima ancora che lui stesso ne conosca il motivo. La vita e la posizione sociale di Lucas vengono prima stravolte e poi, dopo un lungo calvario per il protagonista, ri-considerate, sempre dalle medesime persone, amici e conoscenti con cui è in contatto da tutta una vita. Come se nulla fosse accaduto. Che il fatto (o che la persecuzione del protagonista...) sia successo o meno, alla fine, non ha nemmeno importanza.
Ed è un po' quel che accade, ad esempio, coi fatti di cronaca, dove la corsa allo scoop e alla vendita di notizie non si pongono freni o limiti e rapidamente vengono mostrati in prima pagina uomini e donne ritenuti colpevoli, su cui poi si sprecano commenti, talk show, illazioni. Non importa scoprire se poi siano o meno responsabili, nemmeno conta indagare le dinamiche della vicenda, ci si concentra solamente sul trovare il mostro. Titoloni a caratteri cubitali prima e, magari, trafiletti scritti con font 3 per specificare che la persona in questione non c'entrava nulla.
Ma oltre a concentrarsi su questo aspetto, il film di Vinterberg è efficace nel metter in luce il cambiamento che avviene in Lucas: annichilito, sconfitto, remissivo, nel suo sguardo si legge una certa insicurezza, la fiducia che è venuta meno quando gli stessi amici che lo circondano solamente qualche mese prima gli hanno reso impossibile la vita, pronti a linciarlo.
E nonostante tutto, il sospetto permane. Il dubbio addirittura si insinua nello spettatore che non può dirsi certo della condotta di Lucas. O di chiunque altro. In fondo, non ha assistito ad ogni singolo minuto della vita dell'uomo. O di Klara.
Il sospetto rappresenta quindi una visione impegnativa, che chiama in causa lo spettatore e lo sprona a porsi con spirito critico di fronte a una situazione estrema. Ma è anche una pellicola provocatoria nei confronti dell'essere umano, sulla sua capacità di giudizio o sull'atteggiamento ambivalente che può avere nei confronti del prossimo. A maggior ragione in un contesto in cui i personaggi coinvolti sono amici o comunque legati e, dulcis in fundo, quando il Natale è prossimo.
Non solo, addirittura l'inasprimento dei rapporti coinvolge anche coloro che sono vicini a Lucas, vedasi il figlio Marcus o Nadja. Che poi è un po' poi è quel che accade anche nella realtà, penso, come se avere un padre o una madre "criminali" significhi che anche i figli o i compagni ne condividano la medesima deviazione.
Vero è che quando il branco agisce per condannare o giustiziare (non solo fisicamente) qualcuno, non è facile tornare indietro. Permangono cicatrici, vergogne, ricordi. E sospetti. Il colpo di fucile del finale, immaginato o vero che sia, è piuttosto eloquente: la vicenda non è chiusa, non lo sarà mai.
Difatti, per assurdo, potrebbe anche essersi verificato qualche abuso, qualcosa di spiacevole...che semplicemente non è stato mostrato. Ne dubito, anche perché il focus della pellicola non è esattamente il fatto in sé, però credo sia legittimo domandarselo, visto che in fondo è proprio il medesimo dubbio atroce a cui cedono e da cui si fanno condizionare tutti gli altri personaggi.
Complimenti quindi a Vinterberg e a questo suo film che ha fatto incetta di premi e che al contempo riesce a instaurare un dialogo con lo spettatore, trattando tematiche attuali e dinamiche su cui non sempre ci si concentra a sufficienza. Non tanto in merito alla pedofilia, ma in merito all'azione del branco, ad esempio, al giudicare gli altri, all'indagine della verità, alla tutela dell'individuo o alla sua accettazione qualora esso venga dichiarato colpevole oppure innocente. Complimenti infine anche al cast, in particolare al protagonista Mads Mikkelsen, che non conoscevo (ok, leggo ora che ha avuto una parte in Scontro tra titani) o, ma che ha regalato un'ottima prova.
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