Regia: Bong Joon-ho
Anno: 2013
Genere: sci.fi (forse...), azione
Cast: Chris Evans, Kang-ho Song, Ed Harris, John Hurt, Tilda Swinton, Jamie Bell, Octavia Spencer, Ko A-sung, Kenny Doughty, Ewen Bremner
La trama in breve:
In un futuro non lontano, la Terra conosce una nuova Era Glaciale. Gli ultimi sopravvissuti del genere umano vivono confinati in un treno rompighiaccio in grado di correre perpetuamente attraverso il globo. L'inventore di questa macchina perfetta, il misterioso Wilford, ha anche determinato un sistema sociale su cui si regge l'equilibrio della comunità che abita i vagoni del treno. In coda stanno i miserabili sfruttati che salirono a bordo gratis, verso la testa del treno vivono invece nei privilegi i passeggeri di prima classe. Ma la rivolta degli oppressi dalla coda del treno è oramai imminente e il suo leader, Curtis, attende solo il momento giusto per tentare l'ardimentosa presa della testa del convoglio. (fonte mymovies)
Il mio commento:
Visto qualche sera fa e con discrete aspettative, sono un po' titubante nell'esprimere un commento su questo Snowpiercer, Sinceramente, saranno stati quegli slogan altisonanti usati per pubblicizzarlo ("un cinema profetico che lascerà il segno", "Uno dei migliori film di fantascienza dai tempi di V for Vendetta"), ma mi ero immaginato qualcosa di più strutturato, di più fantascientifico, con meno falle dal punto di vista della trama e delle spiegazioni fornite. Diverso, ecco.
Leggendo qua e là, anche i commenti che si trovano espressi nella rete sono variegati: c'è chi ne parla bene, chi meno, chi si astiene. Due recensioni ben fatte, recensioni strutturate e scritte con cognizione di causa intendo, potete trovarle qui e qua.
Per quel che posso dire io, considerando lo scenario apocalittico proposto e il fascino dell'idea di base (che scopro esser tratta dalla graphic novel francese Snowpiercer - Le Transperceneige), sono molte le domande che mi son cresciute dentro: come si è arrivati a uno scenario da glaciazione perenne? Ci sono altri sopravvissuti? Come hanno costruito il treno? E le rotaie, diamine, i binari, i ponti...come e quando li hanno edificati? E se il treno deraglia? Come fanno per il cibo? E l'energia? L'arte? Il cinema? L'ospedale? Possibile che in 17 anni non si sia mai guastato niente? E se si stacca un vagone? E' l'unico treno o ce ne sono altri? E i controllori? Quanto veniva il biglietto?
Invece, tutto si concentra sul descrivere la ribellione che si scatena all'interno del treno, prima indugiando sulla vita miserabile che vi si conduce (soprattutto nei vagoni della coda, dove sono tutti sfiniti e sudici, e non scendiamo nei particolari approfondendo l'origine delle barrette che usano come alimento...) e poi affiancando i protagonisti nel disperato tentativo di sovvertire un certo ordine sociale che, fondamentalmente, rispetta quello del mondo attuale dove ai molti poveri si contrappone una ristretta cerchia di individui che possiedono comfort e benessere.
Tutto, tra l'altro, sembra esistere in funzione della rivolta di Capitan Curtis, preparato e orchestrato allo scopo, proprio come in un grande fratello (e non a casa Ed Harris impersona il demiurgo di turno).
Che poi, voglio dire, visto che la minaccia di insurrezioni è del tutto irreale e inconsistente (tra le guardie armate, il cibo scadente, la possibilità di venir massacrati all'istante nel caso il treno prevedesse sistemi di difesa quali gassificatori o temibili Ed-209...ma basterebbe anche solo del guttalax nelle barrette alimentari per causare un macello e placare i rivoltosi), perché tenere orde di guerriglieri-boia armati e perfettamente addestrati per la guerra?
E non è manco dato sapere cosa facciano durante tutto il giorno, dove si allenano...anche perché si tratterebbe di un modo di vivere sostenuto per anni, probabilmente.
Che poi è quel che accade con gli eserciti del globo, mi sa.
Ma le molte domande cui mi sarebbe piaciuto trovare risposta, purtroppo, rimarranno solo insoddisfatte curiosità :-(
Solamente al personaggio di Namgoong Minsu sembra importare qualcosa del mondo esterno, non solo perché non scruta il mondo di fuori con l'intento di ammonire o spaventare come accade nel "vagone scuola" dove i bambini ariani vengono istruiti da una pazza invasata, ma perché controlla, osserva, pensa e, soprattutto, desidera uscire.
Uscire da cosa?, altra bella domanda da porsi.
Da un certo sistema economico sociale di cui il treno è esplicita rappresentazione, certo.
Ma anche da certi modi di fare cinema come potrebbe suggerire in qualità di elemento atipico all'interno di una produzione che, seppure coreano-statunitense, tende a protendersi più verso il modo di fare cinema di Hollyood, con tanta azione e ritmo.
Oppure, semplicemente, potrebbe ammiccare al folle desiderio di uscire dal "mondo" per dirigersi verso qualche altra meta.
D'altra parte, nel treno eterno che percorre sempre e sempre la medesima orbita, più che una rappresentazione dell'umanità ci vedo un parallelismo con il nostro pianeta, sistema finito e limitato che potrebbe venir anche spazzato via in un istante (vedasi le sequenze in cui il treno spazza via cumuli di ghiaccio piazzati sui binari o le poderose scene finali, con tanto di valanghe).
Solo che, appunto, anziché organizzarci e dedicare energie a esplorazioni cosmiche (addirittura alla ricerca di altre forme di vita...) o anche solo per prepararsi al peggio qualora una minaccia esterna incombesse (oddio, uno sharknado!!!), l'umanità tutta si concentrano solo su questioni più pratiche e quotidiane, per ottenere giustizia, cibo migliore, spazio, o per godere delle fortune possedute in virtù del nostro diritto di nascita.
Per cui, forse, anche le assurdità che si susseguono sullo schermo mano a mano che Curtis e soci procedono verso quel deus ex-machina che è Wilford, colui che tutto governa e tutto sa, ammiccano a follie e incoerenze che effettivamente ci stanno nel mondo.
E che tutto sommato poi passano o importano relativamente.
Il film possiede quindi tutta una serie di spunti e suggestioni che non possono lasciare indifferente lo spettatore, giocando con svariate emozioni e incalzando il pubblico con colpi di scena, talvolta spiazzanti talvolta discutibili. Vedasi, per citarne alcune, la meraviglia costituita dal vagone acquario contrapposta alla barbarica follia della lotta contro gli incappucciati, interrotta improvvisamente per "festeggiare" il capodanno nonostante la ferocia dimostrata fino a un attimo prima, tra asce, sangue e squartamenti vari.
Toste anche le caratterizzazioni di certi personaggi, di Curtis in primis, un leader, un duro, ma al contempo un uomo dal passato tormentato e che non esita a sacrificar un amico per il bene comune o, forse, una sua personale ambizione. Analogamente affascinanti e memorabili sono Gilliam e Mason, rispettivamente il saggio leader dei poveri che ha letteralmente sacrificato se stesso per il prossimo e la serva del potere, aristocratica, viscida, ma al contempo una pedina di un regime che vive in base a regole ben determinate. Alle quali, stando a quel che viene descritto nel film, o ci si attiene, o si crepa. Tutti assieme, comunque, ma solo se si esagera :-)
Wilford invece risulta meno incisivo, più un insinuatore di dubbi e un elemento necessario alla comprensione dello spettatore che altro. Tutt'altra storia rispetto a Namgoong Minsu e figlia, sfasati, discordanti, incomprensibili e quasi alieni.
Il finale anche mi ha lasciato abbastanza soddisfatto. D'altronde, quali altre prospettive c'erano una volta arrivati a quel punto? Certo, c'era sempre quell'allettante vagone delle ninfomani...ma Curtis ha le sue convinzioni, e i coreani pure.
In ultima analisi, sebbene non rappresenti quella pietra miliare del cinema cui aspirava ad essere, Snowpiercer mi ha comunque convinto, affascinandomi per le sue trovate, per il ritmo narrativo, per l'intensità e la forza delle situazioni costruite.
E forse, anche per quanto non viene spiegato e descritto, per la curiosità alimentata dall'incertezza e dalla mancata comprensione di svariate dinamiche (vedasi Curtis e il tizio impersonato da Vlad Ivanov che si sparano a distanza da vagoni diversi durante l'attraversamento della curva più lunga dell'universo), per la becera disperazione che traspare da un contesto di perenne disfatta (pensiamo all'assenza di tecnologia tradotta in schizzi a carboncino al posto di foto, alla mancanza di igiene o alle pene corporali per i ribelli) e per la forza visiva data dalla scenografia, dai costumi, dalla fotografia e dal cast selezionato.
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