Questi mese è stato abbastanza denso di ritrovi ed eventi "familiari": parenti in visita da Solferino durante la mia prima settimana di ferie, compleanni, cene, ricorrenze, medaglie e, non da ultimo, un anniversario di matrimonio. 50 anni sono un bel traguardo, non c'è che dire, per cui l'occasione è stata colta al balzo per festeggiare parenti che, per quel che mi riguarda, conosco poco.
In fondo, Como, non è proprio dietro l'angolo...
Ma per fortuna esistono i bed & breakfast (come l'ottimo "La chioccia") per cui io e Silvia siamo riusciti a spezzettare un po' lo stress del viaggio. A dire il vero speravo di riuscire a vedere un po' della città, venerdì sera ma, complice un tempo che definirei "vigliaccamente piovoso" e un traffico nei dintorni di Milano decisamente intenso, alla fine ci siamo limitati a scovare il b&b e a cenare presso "IL" birrificio di Como. Speravando che almeno nella giornata di sabato ci riuscisse di girovagare per Como, magari post pranzo e festeggiamenti degli zii di mia madre...e invece amen...Anche perchè c'erano altri zii da riaccompagnare presso Solferino. Almeno un tour per la città ce lo siam fatti sabato mattina, per recuperare un altro mio zio che ha raggiunto Como via treno. Ed è assai simpatico cercare di raggiungere la stazione orientandosi solamente con la segnaletica stradale e la piantina lasciataci dal b&b: in fondo, di stazioni, ce ne sono più di una...ma i cartelli si limitano a indicare "stazione".
Comodo.
Comunque sia, ritrovarsi a partecipare a simili eventi da un lato può sembrare un po' noioso (tra gente che non si conosce o "che sa chi sei tu ma tu non sai chi son loro") ma dall'altro è confortante, rassicurante e addirittura piacevole. In fondo, non tutte le famiglie durano così tante, alcune si sfasciano prima (la mia, ad esempio) oppure sono solo facciate di rapporti forzati e blandi. Anche "scoprire" di avere parenti può essere qualcosa di piacevole, considerando che una delle "cose" che più spesso si danno per scontate sono proprio le relazioni di parentela e la conoscenza dei volti nuovi. Talvolta, quando meno te l'aspetti, magari scopri faccende e aneddoti non propriamente simpatici ma notare come, malgrado tutto, si cerchi di salvaguardare una certa coesione e fratellanza riscalda il cuore.
Perplessità invece è il sentimento che penso di aver provato presso il monastero delle clarisse presso cui lo "zio" Vittorio e la "zia" Adele (che in realtà si chiama Graziella...ma l'ho scoperto solo ieri...) hanno voluto venisse celebrata la messa. Non credo di aver mai presenziato ad una celebrazione presso la chiesa di monache di clausura: la loro presenza mi è sembrata sospesa e aliena, quasi fuori dal mondo. Decisamente collocata in un altro contesto spazio-socio-temporale. Per la prima volta in vita mia ho poi incontrato un'altra zia, Angela Maria, monaca di clausura da ben 51 anni. Non so perchè ma confidavo in qualche emozione particolare nell'incontrarla: invece c'è stata solo freddezza e perplessità. Sarà stato l'effetto della grata/prigione che separa le monache dalla vita del mondo di fuori (quello vero?), sarà stato che non c'era poi molto da dirsi, però, nonostante si cerchi di convincermi che certe scelte sono sostenute dalla fede, credo di aver ritenuto quella vita una scelta "comoda". Ok, entrare in clausura comporta indubbiamente un sacco di svantaggi e rinunce ma, al contempo, ci si accoccola in un contesto protetto, nel quale non è necessario affannarsi per pagare mutui e bollette, senza scadenze per cui correre, senza tutti quegli imprevisti-gioie-dolori-scocciature-sorprese-eventi che la vita lavorativa e familiare e non solo di fuori regala e concede.
Forse ho una visione distorta della faccena "clausura" però, contrapposta all'esperienza di vita testimoniata dalla gente che invece era presente al festeggiamento degli "zii" e che ne ha passate di tutti i colori (magari anche assistendo gente malata oppure superando delusioni profonde) credo sia piuttosto riduttiva. E non sono così certo che nel Vangelo sia esattamente suggerito di vivere così la fede. A meno che non ci sia qualche postilla in quelli apocrifi...
"Va e ama il prossimo tuo", mi pare invece qualcosa di più in linea con lo spirito di Gesù.
E per amare è necessario sopportare, faticare, sforzarsi, pazientare, gioire, litigare, esultare, toccare, accoppiarsi...un mucchio di cose insomma.
Al limite partire per qualche missione in un Paese del Terzo Mondo la vedo già una soluzione più "forte" e autentica e, probabilmente, più rischiosa del classico porta a porta perpetrato dai Testimoni di Geova nei giorni di bel tempo.
Un'ultima considerazione va infine ai "ricordi" dei vecchi. Questo termine è un po' improprio giacchè c'erano pure cinquantenni però è strano sentire rievocazioni di esodi, di passati agresti, di sacrifici, di case costruite nel tempo libero, di viaggi in bicicletta dal Piemonte a Trebaseleghe (PD), di dialetti differenti anche a distanza di pochi chilometri...chissà invece quando la mia generazione sarà vecchia. Chissà che ci si racconterà? Di quando non c'era FaceBook? Dei contatti umani prima dell'avvento dell'iPhone? Dei libri stampati su carta e non sfogliati da eBookReader, PlayBook o iPad? Pensarci fa un po' uno strano effetto: è come se, d'un tratto, avessi realizzato di essere meno "persona con un passato storico" e più "persona condizionata da vincoli consumistici". Che storia...
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