Regia: Francesco Patierno
Anno: 2011
Genere: commedia
Cast: Diego Abatantuono, Valerio Mastandrea, Valentina Lodovini, Renato Nuvoletti, Sandra Collodel
La trama in breve:
Una città del Nordest d'Italia. L'immigrazione incide sul tessuto sociale. L'industriale Golfetto non la sopporta nella maniera più assoluta e scarica tutta la sua xenofobia in uno spazio a lui riservato nella tv locale che finanzia. Intanto fa ritorno a casa Ariele, un poliziotto con madre con Alzheimer e un tempo compagno della maestra Laura che ora attende un figlio da un africano. Un mattino però, dopo un fenomeno temporalesco anomalo, tutti gli extracomunitari e gli stranieri in genere scompaiono dal territorio. Bisogna arrangiarsi da soli. (fonte mymovies)
Il mio commento:
Visto recentemente, sebbene non eccelso né particolarmente pubblicizzato, credo che il film in questione meriti comunque una menzione su questo mio blog sempre più allo sbando e sempre meno frequentemente aggiornato.
In primis perché ambientato qui nel Veneto (ogni tanto qualcuno si ricorda che esiste anche questa regione...) e in secondo luogo perché mira dritto al problema dell'immigrazione e di come, in realtà, questo fenomeno sia sfaccettato e diversamente percepito dalla popolazione "nanica".
Già, perché se dovessi accostare la razza veneta a una razza fantasy, magari attingendo a piene mani ad ambientazioni stile Tolkien, credo che la scelta ricadrebbe su quella dei nani: gente che lavora sodo, che vuole lavorare e che non sta senza far niente, propensa alla concretezza, difficilmente sdoganabile dal proprio territorio, che alla comunicazione, all'arte, alla cultura pensa solamente in termini di usufrutto o che, comunque, per queste non vivrebbe mai.
Me incluso, probabilmente.
Lo so, sono volutamente provocatorio però certe volte davvero mi piacerebbe trovarmi in una regione di "elfi"....
Ad ogni modo, divagazioni a parte, questo "Cose dell'altro mondo" non è l'omonimo film del 1991 con Hulk Hogan e Christopher Lloyd: tra l'altro, in originale, si chiamava Suburban Commando....
Non è nemmeno un film SULVeneto, sia chiaro, sebbene tra le location scelte figurino l'aeroporto di Treviso e Bassano del Grappa, ma che comunque in Veneto trova probabilmente maggior ragione di esistere come, probabilmente, in molte altre regioni del Nord Italia.
In fondo, tra Lega Nord, Liga Veneta, Veneto Stato, Veneto Indipendente, Progetto Nord Est ecc.. si percepisce che la gente di qui ha delle idee ben precise in termini di "territorio" e selezione razziale.
La stessa integrazione e accettazione di extra-comunitari, di qualunque generazione essi siano, è vissuta in modo differente e spesso ipocrita. Da un lato li si addita come IL problema ma dall'altro li si sfrutta, da un lato si condanna e dall'altro si pretende il loro impegno, da un certo punto di vista li si vorrebbe allontanare per sempre ma d'altro canto ne si percepisce la fondamentale importanza.
Come direbbe l'illustre Borghezio: "L'integrazione va fatta a tutti i costi, senza sé e senza ma. Basta che ognuno stia a casa propria!"
Ecco allora che, intelligentemente, il film propone uno scenario paradossale e distopico nel quale, di colpo, tutti gli stranieri del Veneto spariscono portando la regione alla paralisi e alla follia: nessuno si occupa più di svolgere compiti di "basso livello", come pulizie o assistenza ai malati e molte aziende si fermano per assenza di manodopera, comprese quelle dedicate alla produzione alimentare.
Sulla criminalità si parla poco ma, tutto sommato, non è esattamente il focus della narrazione che, invece, si sofferma di più sulle reazioni della società in generale, facendo emergere le dinamiche che si rompono e come queste vengono affrontate. Per certi versi, mi è sembrato quasi che fossero i bambini quelli più indifferenti e cinici quasi che sia venuta meno proprio l'esempio e l'educazione culturale da fornire alle generazioni più giovani.
Nel complesso, seppure non siamo dinnanzi a un capolavoro filmico, e seppure la scelta degli attori possa risultare discutibile (Abatantuono è milanese, Mastandrea di Roma e la Lodovini umbra...) soprattutto se ci si sforza di introdurre la parlata veneta (non era meglio coinvolgere attori veneti? Non per escludere i non autoctoni, sia chiaro, ma solo per una maggior verosimiglianza...), la visione strappa qualche sorriso e, di certo, regala svariati spunti di riflessione.
Riflessione che, tra l'altro, e scusate se insisto, verte anche sulla presenza dei "terroni": non sono leghista o razzista, sia chiaro, però mi son trovato a pensare che il film trascura questo aspetto. Già perché c'è anche questa "spinta" in Veneto, a considerarci noi i migliori dell'universo e gli altri praticamente segatura fermo restando che, a ben guardare, non è che economicamente parlando la mia regione fosse l'ultima delle ultime in termini di occupazione e introiti generati....
Concludendo, se ne avete l'occasione e volete, provate a guardarlo o, al limite, provate con l'opera a cui è vagamente ispirato: A Day Without a Mexican, del 2004, per la regia di Sergio Arau
Da menzionare poi, tra le tracce della colonna sonora, l'omonima canzone firmata da Simone Cristicchi.
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