martedì 19 marzo 2013

..:: Wolf Guy - L'emblema del lupo ::..

Titolo: Wolf Guy - L'emblema del lupo
Sceneggiatore: Yoshiaki Tabata  (soggetto: Kazumasa Hirai) 
Disegnatore: Yuki Yogo, Ayumi Izumitani
Pubblicato in Italia da: J-Pop Edizioni
Numero volumi: 12

Il mio commento:
Quando Akira Inugami arriva nella nuova scuola, dopo essere stato espulso dall'istituto privato che frequentava, cominciano subito i problemi. La classe della signorina Aoshika, la sua nuova insegnante, è sotto il controllo di Dou Haguro, figlio di un dirigente di un potente clan mafioso. Kuroda, scagnozzo di Haguro, attacca Inugami, ma rimane brutalmente ferito dalla sua stessa arma. Haguro e i suoi compagni decidono di vendicare l'amico, attirando Inugami sul tetto della scuola per uno scontro mortale. Ma Inugami non è un ragazzo qualunque ... 


Questa la trama riportata sulla quarta di copertina del primo volume di Wolf Guy – L’emblema del lupo con cui J-Pop ha avviato la pubblicazione italiana del manga sceneggiato da Yoshiaki Tabata, noto per opere quali Akumetsu e Yagyuu Hijouken Samon , su soggetto di Kazumasa Hirai.
La serie si compone di 12 volumi, l’ultimo dei quali distribuito in Italia nel novembre 2012, e rappresenta una sorta di remake dell’omonima serie a fumetti (Ookami no Monshou) realizzata negli anni ‘70, su sceneggiatura di Kazumasa Hirai ma affiancato dal disegnatore Hisashi Sakaguchi. Dalla medesima serie è stato inoltre realizzato, nel 1973, un live action per la regia di Masashi Matsumoto. Accanto alla serie manga, firmata sempre dello stesso Hirai, si collocano poi il ciclo di romanzi Adult Wolf Guy proposti tra il 1969 e il 1980 e una serie anime composta da sei episodi realizzata tra il 1992 e il 1993.
Realizzata a partire dal 2007, questa nuova versione, ovvero Wolf Guy – L’emblema del lupo (Wolf Guy – Wolfen Crest), si dimostra una rivisitazione ben più moderna e violenta dell’omonima serie originale, ma non per questo meno convincente e interessante, sebbene non adatta a tutti i palati.
Disegnato da Yuki Yogo - già assieme a Tabata in Akumetsu - e Ayumi Izumitani, il manga si contraddistingue per tematiche e toni cupi, destinati a un pubblico adulto: non mancano infatti lunghe sequenze di efferata e brutale violenza, con tanto di stupri e soprusi di svariata natura. E’ praticata anche una sorta di autocensura ma questa si limita alla non visualizzazione dei genitali nelle scene di sesso mentre poco o nulla vien fatto per evitare di mostrare torture, mutilazioni o sevizie di ogni tipo.
Ambientata in un Giappone contemporaneo, le vicende descritte si focalizzano sul presente di Akira Inugami, ragazzo misterioso e dal fascino conturbante che nasconde un incredibile segreto. Egli è infatti un licantropo e come tale esercita sugli uomini un impatto ambivalente: da un lato vi è attrazione dall’altro paura primigenia e terrore atavico suscitati a livello inconscio. Si innescano a causa di ciò rivalità e rivalse senza quartiere tra il protagonista e gli sgherri di Dou Haguro, contrasti che sfoceranno, nei volumi finali, in una vera e propria guerra combattuta sul piano fisico e psicologico coinvolgendo compagni di scuola e, soprattutto, la bella e burrosa professoressa Aoshika.
Tra gli aspetti che più di tutto risaltano vi è la buona resa grafica, con un disegno di discreto livello, abbastanza curato e di forte impatto. Lo stile adottato non è tuttavia omogeneo e questo rappresenta al contempo un difetto e un pregio dell’opera: da un certo punto di vista consente di enfatizzare il carattere dei personaggi e le pulsioni che li animano, scurendosi e sporcandosi inevitabilmente ogni qualvolta sono gli istinti e la brutalità a emergere, aspetti che per lo più si accostano al personaggio di Dou Haguro. 
Di contro, malgrado lui stesso non esiti a ricorrere alla violenza e alla propria forza sovrumana, Akira è per lo più reso con vignette dai toni più chiari e definite, senza mai trasfigurarne i connotati, a eccezione delle rare scene in cui muta il proprio aspetto in quello del lupo. Lupo, per altro, dal pelo candido. 
Il disegno suggerisce quindi una certa aura di nobiltà che il protagonista possiede e conserva e che invece gli esseri umani sembrano aver irrimediabilmente perduto, forse a causa del distacco dalla Natura e dall’asservimento a logiche distanti da quelle dell’istinto, condizionate da una certa induzione all’omologazione tipica della società nipponica. Non è propriamente il fior fiore della società quello che ci viene mostrato, tutt’altro: sono infatti le persone comuni, studenti addirittura, a dimostrarsi capaci di nefandezze di ogni genere, dagli atti di bullismo alle aggressioni a mano armata, dagli stupri agli omicidi. 
I lupi, invece, quegli stessi animali che hanno cresciuto Akira tra le nevi dell’Alaska, rappresentano una sorte di elite a cui tendere e che al contempo sperimentano sulla propria pelle solitudine e inquietudine, proprio per l’impossibilità di venire completamente accettati dagli altri e di rispettare la propria natura. Qualcosa che, in parte, richiama alla memoria le vicende di Kiba e compagni, protagonisti della serie anime Wolf’s Rain del 2004. 

In quest’ottica, Akira incarna una sorta di eroe tragico, per certi versi già sconfitto dal fato: orfano, appartenente a una razza in via di estinzione, condannato a essere perseguitato e temuto e, per questo, a non poter stringere legami duraturi per evitare di mettere in pericolo la vita di persone care. 
Malgrado tutto ciò, nonostante un carattere schivo e altezzoso, egli è un lottatore, un personaggio caparbio e tenace, con valori chiari e ben radicati dentro di sé, che non esita a esporsi e a sacrificarsi per punire coloro che osano mettersi contro di lui o a ricorrere alla violenza in modo gratuito e insensato. Azioni che sembra intraprendere non tanto per spirito di giustizia ma per passione e fierezza, forte di una sicurezza che gli deriva dalle proprie facoltà sovrumane, desideroso di affermare un certo ordine sul mondo in cui vive. 
Viene proposto alla stregua di un discutibile paladino, insomma, qualcuno che chiunque vorrebbe accanto, soprattutto in un mondo scolastico come quello proposto che, purtroppo, estremizza un contesto fin troppo noto ai ragazzi giapponesi. Una realtà quotidiana in cui la violenza e il bullismo sono piaghe impossibili da debellare e che, assieme alla pressione che la società stessa esercita sull’individuo, finiscono con il portare al suicidio numerosi giovani studenti nipponici.
Accanto a questo fenomeno, e alla perdita di valori e di riferimenti che questo sottintende, il manga ammicca anche a fatti di cronaca che per lo più sembrerebbero riguardare il mondo della scuola statunitense, ovvero le stragi e gli attacchi armati provocati da studenti. Non vi è però interesse particolare a indagare tali fenomeni o a spiegare l’origine di tanta irrazionale ferinità, bensì vengono presentati in modo quasi “normale” amplificando il senso di critica e contrasto che si innescano verso il personaggio principale, oltre che per favorire lo sviluppo della trama.
Pur essendo un licantropo, una creatura mostruosa e animata dagli istinti, non è Akira il mostro bensì la gioventù stessa che il presente, giapponese e non solo, sta formando.
Una gioventù sulla quale poco o niente sembrano essere in grado di fare gli adulti, qui rappresentati dagli insegnanti e poche altre figure di rilievo. Gli educatori stessi falliscono nel proprio compito anzi, addirittura rischiano di divenire delle vittime. In questo senso, la figura della bella e procace professoressa Aoshika - praticamente l’incarnazione del sogno erotico di gran parte del pubblico di lettori maschi - riassume su di sé il ruolo della fanciulla da salvare e che, da oggetto del salvataggio, diviene occasione salvifica per l’eroe. Si presume comunque che, prima di tornare a condurre una vita serena, la dolce insegnante possa venir quanto meno sostenuta e accolta in qualche ciclo di terapie, psicologiche e non.
A differenza di questi due personaggi principali, che a modo loro incarnano dei modelli stereotipati, la figura di Dou Haguro rappresenta invece qualcosa di differente. Egli è infatti una sorta di creatura spaventosa, un essere unico e solo tanto quanto Akira. Lo si può considerare disumano, soprattutto perché è un adolescente e non un essere immortale, una persona incommensurabilmente forte e carismatica, seppur costituisca l’essenza dell’ ”esempio negativo da condannare”. Malgrado tutto ciò egli è uno dei personaggi su cui più di tutti gli autori del manga hanno lavorato, offrendo numerose occasioni per indagarlo e caratterizzarlo. Attraverso di lui il lettore è portato a riflettere su ciò che può costituire il senso di “essere umano”, sprofondando in buie emozioni e tetre suggestioni contro cui lo stesso ragazzo finisce per scontrarsi mentre conduce la propria crociata per eliminare i mostri “veri”, come Akira e Chiba, persona di fiducia di Haguro tramutatosi in una creatura mostruosa dopo aver ricevuto una trasfusione dallo stesso ragazzo lupo. 
Diversamente, la caratterizzazione del protagonista del manga, risulta meno singolare, sospesa tra l’atteggiamento di dichiarata superiorità – in fondo, possiede capacità sovrannaturali - e il rifiuto della propria condizione, tra la volontà di distaccarsi da tutti gli altri e lo slancio a compiere gesta umanamente impossibili per salvare la vita altrui. Niente di particolarmente nuovo, se non per la formidabile forza di volontà e abnegazione di cui dà prova fino a giungere a un finale dal sapore tragico, ma non chiuso.
Un altro aspetto tramite il quale Wolf Guy attesta la propria modernità è poi la presenza di internet, il web come principale media di comunicazione per diffondere materiali e filmati con modalità analoghe a quelle adottate dai gruppi terroristi post 11 settembre. Ecco allora che la rete diviene una vera e propria arma di diffamazione e offesa contro la quale, in una disperata contro il tempo, dovrà lanciarsi proprio una creatura che dalla tecnologia appare molto lontana: è anche per impedire che i video contenenti gli stupri della professoressa Aoshika vengano diffusi nella rete, rovinandole per sempre l’esistenza, che Akira sceglie di affrontare Haguro e i suoi nonostante il novilunio e la consapevolezza di non poter contare appieno sulle abilità che la propria natura di lupo gli conferisce.
Non è invece riservato molto spazio all’indagine della figura del licantropo in sé: non ne viene spiegata l’origine, né tanto meno si contestualizza la presenza degli uomini lupo nel mondo. Esistono e basta, e l’autore sceglie di non dedicare molto spazio a ipotizzarne origini o quant’altro. Allo stesso modo in cui può esistere qualcuno di crudele e demoniaco come Haguro, può esistere qualche creatura maledetta quale un licantropo. 
Questa scelta potrebbe inoltre essere motivato dal fatto che la figura del licantropo non appartiene alla mitologia e al patrimonio di leggende nipponiche e che quindi sia stata scelta più per il suo fascino letterario e le pulsioni a essa connesse (dalla ferinità alla sessualità) che per altri motivi. In realtà, nella tradizione mitologica del Giappone sono presenti figure similari ai licantropi, come gli Yōkai, creature mutaforma che potevano assumere sembianze umane e che, in alcuni casi, si comportavano da messaggeri degli dei (kami). Lo stesso nome Inugami, traducibile con “cane kami”, è presumibilmente stato scelto in tal senso. 
La stessa mutazione di Akira – sebbene il ragazzo non sia l’unico esemplare della propria specie che compare nel manga – viene poi mostrata con parsimonia, aspetto che, probabilmente, potrebbe far storcere il naso a quanti si sarebbero aspettati una più decisa volontà di portare in scena il mostro dalle sembianze di lupo. 
Non è invece da ricercare un parallelo tra questo manga e la saga di Twilight di Stephenie Meyer: sebbene entrambi incentrati sulle vicende di adolescenti “mostruosi”, la brutalità e le tematiche contenute nell’opera di Kazumasa Hirai sono di ben altra natura, così come il pubblico di riferimento.
Volendo proprio creare un parallelo, Wolf Guy – L’emblema del lupo potrebbe venir accostato a un’altra opera manga di matrice nipponica: Berserk, di Kentaro Miura.
Innanzitutto questo può avvenire sulla base della somiglianza dei tratti somatici del viso dei protagonisti, in secondo luogo per la forza e il destino avverso che entrambi sperimentano, senza dimenticare che la donna amata da entrambi viene seviziata dal principale antagonista e dei suoi sottoposti. Sia Akira che Gatsu hanno infine un legame con la figura del lupo, il primo in quanto licantropo, il secondo per via dell’armatura stregata che utilizza. Malgrado storia e ambientazioni completamente diversi, i due personaggi richiamano l’un l’altro per la medesima crociata che compiono, lottando fino ad un’apparente e inevitabile estinzione di sé. Il finale di Wolf Guy risulta infatti astuto e sibillino e, seppure proponga la conclusione di un arco narrativo, lascia aperta la possibilità per una continuazione del manga.

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