Autore: Adam Hsu
Editore: Tuttle Publishing
Genere: arti marziali
Pagine: 204
Il mio commento:
Questo libro raccoglie gli articoli in lingua inglese scritti dal maestro Adam Hsu e pubblicati con cadenza mensile in alcune riviste di kung fu (ad esempio Black belt) con l'intenzione di ripristinare e chiarire da fraintendimenti e derive quelli che sono i principi e lo spirito originario del kung fu 功夫, inteso come pratica marziale per acquisire abilità e ottenere il miglioramento di sé. Per riferirsi all'arte marziale di per sè sarebbe infatti preferibile il termine wu shu 武术, tuttavia, soprattutto nel contesto occidentale, il termine kung fu viene quasi sempre usato come sinonimo di wushu.
L'idea del pulire la spada, ripresa sia nella copertina che all'inizio di ogni macro sessione rende bene l'idea dell'opera e del suo intento, che mira a prendersi cura di uno strumento elegante e nobile, ma anche pericoloso e letale, per ridonargli splendore e pulirlo da impurità e difetti.
La lettura di questo testo, che mi è stato regalato da un amico, si è rivelata decisamente interessante e scorrevole: mi sento di consigliarvela, a patto che abbiate interesse per l'argomento marziale o per la cultura cinese.
L'organizzazione in brevi capitoli, ovvero gli articoli a cui accennavo poc'anzi, senza dubbio facilità la fruizione del libro e ne permette una lettura a puntate: non c'è infatti una trama che si sviluppa man mano né si tratta di una biografia o di un saggio su di un unico argomento, ma da una raccolta di riflessioni e approfondimenti che riguardano diversi aspetti dell'ambito marziale cinese. Si comincia quindi con brani dedicati alle origini delle arti marziali cinesi, allo scopo di quest'ultime e alla loro contestualizzazione nel mondo moderno. Si continua con riferimenti alle differenze tra stili interni ed esterni e alcuni miti legati al wushu. Quindi si procede con articoli legati allo studio delle forme tradizionali (taolu 套路), all'allenamento fisico e mentale che deve procedere di pari passo, al rapporto maestro e allievi fino ai pezzi conclusivi dedicati al futuro del wushu.
Probabilmente il libro può essere utile e risultare interessante anche a chi non è necessariamente coinvolto nelle arti marziali cinesi (a patto di conoscere l'inglese...), tuttavia è innegabile che il pubblico di riferimento sia proprio quello della totalità di praticanti che, a livello internazionale, fuori dai confini cinesi, si dedicano al kung fu in generale e che potrebbero non essere così allineati su concetti e modi di approcciare quest'arte.
Apprezzato il tono generale dell'esposizione, che cerca di spiegare e chiarire "quello che dovrebbe essere", sia in termini di atteggiamento che di allenamento, il corretto modo di vivere e sviluppare il kung fu che, proprio per il fatto di esser stato sdoganato anche al di fuori della Cina, ma senza particolari controlli e sforzi tesi a uniformare insegnamento e concetti, rischia di essere frainteso o adattato a seconda del caso soprattutto nell'incontro con la cultura e il modo di fare di noi occidentali. Correndo il rischio quindi di impoverirsi e/o di perdersi. A mio avviso va comunque precisato che, rispetto ad arti marziali prodotte da altre nazioni e culture, vedi ad esempio il Giappone, quelle cinesi risultano più variegate e "dispersive", essendoci una vasta pluralità di famiglie, particolarità e tipologie di esse.
Si avverte inoltre la saggezza e l'esperienza dell'autore, che non va tanto a insistere su confronti tra stili o a definire "le 5 migliori strategie" o "i 10 errori assolutamente da evitare" o "le 3 maggiori falsità", come magari farebbero esperti di marketing e di comunicazione moderna per attirare visitatori o lettori e "vendere" la propria formula, bensì si sforza di trovare le linee comuni, i principi e gli atteggiamenti che permettano di trovare uno spirito autentico per vivere il kung fu. O anche solo di approcciarsi ad esso, cercando magari di evitare insegnanti non qualificati o derive che potrebbero procurare solo danno e nessun vantaggio. Anche perché, purtroppo, ci sono pure realtà in cui si propongono concetti sbagliati, alimentando atteggiamenti bellicosi e violenti, magari ostentando pure "livelli" o genealogie di dubbia veridicità o non verificabili.
Da praticante, devo ammettere che in effetti vari concetti e punti chiave magari mi erano noti (magari anche solo a un livello superficiale), tuttavia è sempre utile tornare anche sull'ovvio o sul conosciuto, per approfondire o rinfrescare concetti che magari la memoria ha nascosto un po' in profondità.
Molto valido anche il rimando all'equilibrio, a non trascurare l'allenamento interno in favore di quello esterno, così come l'invito di coltivare sempre la propria educazione mentale e culturale, non solo quella fisica. Anche perché, inevitabilmente, il tempo passa...
Come già detto, mi sento quindi di consigliarlo a chiunque stia studiando arti marziali cinesi, a prescindere dallo stile praticato. Come ben dimostrato dall'esposizione dell'autore, val la pena infatti ritrovare autenticità e punti di coesione più che puntare all'esasperazione delle performance e del business, tenendo bene a mente sia il valore culturale di ciò che viene appreso e tramandato sia considerando la responsabilità verso chi potrà studiare arti marziali dopo di noi, che potrà quindi contare su uno strumento valido e ancora attuale di perfezionamento fisico, mentale e spirituale.
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