lunedì 8 novembre 2021

C'era una volta ... a Hollywood

Titolo:
C'era una volta ... a Hollywood
Regia: Quentin Tarantino
Anno: 2019
Genere: commedia, drammatico
Cast: Leonardo DiCaprio, Brad Pitt, Margot Robbie, Emile Hirsch, Margaret Qualley, Timothy Olyphant, Austin Butler, Mike Moh, Dakota Fanning, Bruce Dern, Al Pacino, Kurt Russell, Damian Lewis, Julia Butters, Luke Perry, Victoria Pedretti, Scoot McNairy, Lorenza Izzo


La trama in breve:
Ambientato a Hollywood, nel 1969, il film segue le vicissitudini dell'attore Rick Dalton (Leonardo DiCaprio), ormai in declino e alla ricerca di nuove parti con le quali riscattare la propria carriera, e della sua controfigura, Cliff Booth (Brad Pitt), che per Rick è anche amico, autista e tuttofare, il quale vive in una roulotte con il suo cane.  
Accanto alla villa di Rick, si trasferisce il regista Roman Planski con la sua bellissima moglie, l'attrice Sharon Tate (Margot Robbie) che sta iniziando a farsi notare nel panorama cinematografico. 
Le loro vicende saranno destinate a incrociarsi la notte dell'8 agosto 1969...


Il mio commento in breve:
Grazie a Netflix son riuscito a recuperare l'ultimo film realizzato da Tarantino, terzo capitolo della sua Trilogia del revisionismo storico (con Django Unchained e Bastardi senza gloria), ovvero film che ammiccano a episodi storici tragici ma che la modificano per rendere (un po') di giustizia alle vittime.
In questo caso, il riferimento è quello dell'eccidio di Cielo Drive compiuto da membri della famiglia Manson. Un episodio che, probabilmente, ha più significato in territorio statunitense che altrove ma che alla fin fine costituisce solo il pretesto per ambientare quest'opera a Hollywood e trasporre in essa la passione che Tarantino nutre per il cinema e la sua storia.
La questione "film" e "cinema" è praticamente sempre al centro della vicenda in quanto si respira, attraverso il declino e la ricerca di ruoli di Dalton attore, un certo cambiamento di tempi e linguaggi che determina cambiamenti anche all'interno delle produzioni. Probabilmente ne è un esempio il fatto che la sua controfigura, Cliff, ha sempre molto tempo libero e non è più impegnato in azioni pericolose come negli anni d'oro e anche il dialogo che il personaggio impersonato da Di Caprio ha con la piccola Trudi Fraser (Julia Butters) rappresenta un punto di svolta per riprendere controllo di sé e della sua carriera, dimostrando di essere un vero attore. Cosa che, in effetti, Di Caprio è: credo sia universalmente accettato che sia un ottimo e valido professionista, capace di recitare. E anche in questo film lo dimostra, con un personaggio ben reso, vulnerabile, emotivo, sfaccettato, un po' in crisi e bisognoso di conferme, ma allo stesso tempo capace e versatile.
Non che Cliff (impersonato da un Brad Pitt che probabilmente viene nascosto dalla presenza di Di Caprio) sia da meno, seppure di un'altra pasta: decisamente più laconico e "fisico" di Dalton, più umile e in ombra, ma al contempo forse più "western" lui, per atteggiamento ed efficacia nelle scene senza parlato, rispetto alla sua controparte dalla quale non riesce a separarsi. Cosa che va nella direzione di confermare l'idea che i due, in realtà, siano un'unica persona e che alcune vicende siano solo "simboliche", con entrata e uscita di scena di atteggiamenti e aspetti caratteriali di Dalton.
Nel complesso, comunque, questo "C'era una volta ... a Hollywood" non mi ha convinto moltissimo: forse non riuscendo a cogliere le innumerevoli citazioni e forse per il fatto di averne spezzato la visione me lo son goduto meno di quel che avrei dovuto. Diciamo che l'ho trovato privo di quella verve e di quel brio presenti in altre pellicole di Tarantino: probabilmente avevo delle aspettative che son state disattese. Ci sono, è vero, dei colpi di genio e delle scene spiazzanti (vedasi quella in cui Bruce Lee vien fatto volare contro un'auto da un tranquillissimo Cliff, scena che penso possa aver determinato le basi per qualche jihad) però è tutto molto lento e, passatemi il termine, stanco. E rassegnato anche. Che forse è l'impressione che magari il regista voleva dare, nel riferirsi al cinema in sè.
Anche l'attesa dell'epilogo, di quell'eccidio di cui so così poco ma che pensavo fosse un punto focale della narrazione, è relativa. In fondo, sembra che la strage venga pensata e organizzata a caso, senza motivazione particolare, e in maniera del tutto slegata dal resto della narrazione filmica dove tutto ruota attorno a Rick e Cliff (che, stando anche ad alcune recensioni, magari potrebbero essere anche la stessa persona...). Vero è che Cliff riconosce Tex, incontrato casualmente dopo aver accompagnato la splendida autostoppista Pussycat (Margaret Qualley) allo Spahn ranch, ex set cinematografico abbandonato e abitato da una comunità hippie, ma si tratta solo di una coincidenza e casualità.
La sequenza finale, quella in cui dovrebbe tenersi l'eccidio ma che, per uno scambio di casa, e una folle dinamica di violenza, non avviene, dà una concreta scrollata al film introducendo violenza e sangue in una storia che fino a quel momento, tutto sommato, era tranquilla e gestita sul piano umano. E' però una sequenza che si genera dal nulla, senza che prima ci fosse una preparazione a quel momento. Probabilmente anche nella realtà, la strage ad opera della famiglia Manson è avvenuta così, per futili motivi, e probabilmente è anche giusto che nel film si presenti così, come una parentesi di follia imprevista però, ecco, non mi ha né sconvolto né comunicato qualcosa di particolare (al netto del fatto che non so se sia normale avere un lanciafiamme in casa...)
"C'era una volta ... a Hollywood" rimane in ogni caso un buon film, con un sapore vintage, ben ricostruito in termini di costumi e atmosfera retrò, realizzato da qualcuno che sa fare cinema e sostenuto da un ottimo cast: in internet potete trovare ottime e approfondite recensioni, che vi invito a cercare (vedi i400calci) e leggere in quanto sapranno darvi molti più elementi rispetto a questo mio commento. Alcune sono anche molto particolareggiate e si soffermano su particolari che magari, per uno spettatore comune, non erano nemmeno rilevanti, del tipo (cito sintetizzando) "in questa scena si vedono le gambe di Dalton che salgono i gradini del saloon e le gambe di una donna - non si sa chi sia e mai lo sapremo - che in realtà è la sua controparte femminile, il suo io fragile, che esce di scena per lasciar posto alla sua parte più spavalda e consapevole di attore". Questo solo per dire che, forse, è necessaria un po' di preparazione e di contesto per apprezzare pienamente quest'ennesima proposta filmica realizzata da Tarantino, che certamente è un omaggio in toto al cinema. E che probabilmente si è un po' fissato coi western.



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