Titolo: Macchine mortali
Titolo originale: Mortal engines
Regia: Christian Rivers
Anno: 2018
Genere: fantasy, avventura
Cast: Hugo Weaving, Hera Hilmar, Robert Sheehan, Jihae, Ronan Raftery, Leila George, Stephen Lang
La trama in breve:
In un futuro in cui le città sono semoventi su cingolati e vagano per la Terra, dopo una catastrofe detta "Guerra dei 60 minuti", Thaddeus Valentine (Hugo Weaving) è l'ingegnere responsabile di Londra, per la quale sogna un futuro di conquista, senza guardare in faccia a nessuno. I suoi piani si scontreranno con una ragazza che arriva dal suo passato, Hester Shaw (Hera Hilmar), e il giovane storico Tom (Robert Sheehan), forse meno imbranato di quel che sembra. (fonte comingsoon)
Il mio commento:
Il film in questione è l'adattamento cinematografico dell'omonimo libro di genere steampunk scritto da Philip Reeve, testo del 2001 che scopro destinato prevalentemente a un pubblico adolescenziale.
Dal trailer però mi ero fatto un'idea di storia un po' più complessa e ad ampio respiro, magari un preambolo per proporre nuove ambientazioni e dare un po' di slancio al genere steampunk che, tutto sommato, tra libri, anime e film è già relativamente noto al pubblico. Invece, nelle quasi due ore di proiezione, tutto sembra iniziare e finire, lasciando un po' di insoddisfazione per il risultato complessivo e per la superficialità con cui si son gestiti aspetti che potevano caratterizzare e dare maggior profondità all'opera stessa: bastavano pochi scorci di piantagioni o allevamenti, per farci capire cosa mangia la gente, oppure come ricavano le fibre tessili per l'abbigliamento oppure l'acqua per abbeverarsi o lavarsi....
Ok, di certo non siamo di fronte a un prodotto che punta agli Oscar, però una maggior cura nella gestione di alcune dinamiche poteva regalare un'esperienza più soddisfacente e completa anche per non avvalorare la tesi secondo cui più il tempo passa e più la civiltà regredisce.
Ma questa impostazione prevalentemente orientata alla spettacolarità - fermo restando che bisognerebbe vedere come viene smarcata nel libro - la si nota partire dalla spiegazione iniziale, l'introduzione necessaria a contestualizzare l'ambientazione proposta: la sequenza occupa praticamente il tempo che ci impiega il logo della Universal Picture a coprire la circonferenza terrestre mentre una voce robotica accenna alla catastrofica devastazione perpetratasi nella Guerra dei 60 minuti.
Poi lo spettatore viene catapultato nel vivo dell'azione e, da quel momento in avanti, è una discreta corsa fino all'epilogo finale.
Di certo non ci si annoia, questo no, sia per gli eventi che si succedono sia per la progressiva proposta di scenari e ambientazioni sia per il brio del gruppo di protagonisti scelto. Da un lato Hester Shaw, che si dimostra combattiva, pragmatica, tormentata e incazzata col mondo, dall'altro Tom Natsworthy (interpretato dal buon Robert Sheehan, già visto in Misfits), storico, provetto aviatore, intelligente e dinamico, caratteri e mondi opposti che inizieranno col piede sbagliato per poi evolvere il rapporto in una relazione più profonda e complice. D'altronde, l'essere costantemente a rischio di morire stimola questo genere di legami.
Che poi, seppur esteticamente non ci azzeccano, un po' mi hanno ricordato il duo Nadia e Jean de "Il mistero della pietra azzurra", anche se è pur vero che ho ricordi confusi e sbiaditi della serie animata targata Gainax.
Sempre in tema di citazioni, pure altri personaggi mi hanno fatto pensare ad altre opere. Ad esempio Anna Fang: nel corso della narrazione i protagonisti vengono infatti salvata da questa pluri-ricercata, capitano della flotta della Lega-Antitrazionista (ve ne parlo dopo), dal look decisamente orientale, che un po' si rifa a Neo di Matrix e a Vash The Stampede di Trigun. E che dire dello Shrike, decisamente un po' troppo Terminator ma dal nome fortemente ispirato al personaggio della saga di Hyperion di Simmons?
Le citazioni in realtà non si fermano a questi aspetti, ci sono pure le statue dei Minions, rinvenute dal vecchio mondo, mentre un po' tutto l'arco narrativo ha qualche richiamo di Star Wars mentre i paesaggi desertici strizzano l'occhio all'ultimo Mad Max.
Tutto sommato, comunque, questi elementi non li considero difetti.
Guardo invece con maggior perplessità ad altre dinamiche che gettano ombre sulla vastità degli spazi e le velocità di spostamento dei personaggi, ad esempio, o alle scelte compiute. Parlo quindi di minuti e minuti di inseguimento di Tom per acchiappare Hester - saltando sopra tetti, poi nelle viscere della città semovente di Londra, rischiando la vita tra salti e aggeggi mortali che sezionano e spaccano materiali vari da gettare nella fornace che alimenta la città - ridicolizzati dall'arrivo di Thaddeus Valentine (Hugo Weaving), per altro ferito, comodamente in ascensore nel punto esatto in cui si trovano i due ragazzi. Il medesimo Valentine praticamente distrugge un'intera prigione (facendo affogare decine/centinaia/migliaia di poveretti...) per coprire l'evasione di Shrike... predatore meccanico che si muove a piedi e che, nonostante i nostri protagonisti si muovano prima e più velocemente di lui, e senza avere addosso gps o altri dispositivi di rilevamento, riuscirà ad arrivare sempre e dannatamente puntuale per rovinare la situazione.
Che dire poi dei 15 anni di lavori super segreti all'interno della cattedrale di Londra, senza che nessuno indaghi? In un mondo post-apocalittico, con risorse all'osso, credo abbia senso quanto meno capire se lì dentro vengano organizzati festini a luci rosse, grigliate clandestine o costruite armi di distruzione di massa stile La Morte Nera (l'hanno mai testata o accesa?). Un'arma che diviene il fulcro delle vicende, in quanto residuo bellico dell'era precedente, una di quelle che 1000 anni prima aveva causato la devastazione del pianeta e che il nostro simpatico Thaddeus, un po' Agente Smith e un po' Walker Texas Ranger, vuole impiegare per distruggere quei maledetti stazionisti che tanto detesta. In un mondo post-apocalittico come quello descritto in Macchine Mortali, ci sono infatti due principali movimenti: i trazionisti, che vivono in enormi città-stato semoventi che vagano alla ricerca di risorse e città minori da depredare, e gli stazionisti, che si sono piazzati in un posto, al riparo di un alto muro, e vivono all'interno di una città come la conosciamo noi. Questi gli schieramenti principali, poi ci sono i classici mercanti di schiavi, i commercianti, i ribelli (loro però vivono in una fragile e precaria città volante...), funzionali a smuovere gli eventi ma transitori.
Comunque, dicevo, la contrapposizione tra questi due diversi atteggiamenti rappresenta la base per muovere la storia verso la battaglia finale in cui, per certi versi, si può vedere anche lo slancio predatorio dell'Occidente verso nazioni più povere e lontane, ma che posseggono risorse. In fondo, tra le file degli stazionisti vediamo principalmente volti asiatici, ispanici, africani... (anche se, per dirla tutta, pure le potenze Orientali, nel mondo reale, hanno i loro interessi e smuovono l'economia a piacimento). Ovvero, nello sviluppo della trama del film, viene enfatizzata questa cieca e insaziabile necessità di approvvigionamento, di predazione e consumo privo di ogni etica e moralità. Addirittura i cittadini seguono la caccia e la cattura delle altre città come fosse un gioco o una trasmissione televisiva, incuranti del fatto che quelli catturati sono persone come loro, che verranno "schiavizzate responsabilmente" e private di tutti i loro averi. L'importante, è star bene, e gli altri chissene. Come accade anche oggi giorno, probabilmente.
Per cui, ecco, nel film ci possiamo leggere anche richiami al modo di intendere la politica e l'economia, all'essere o non essere dentro a un sistema, al volere o meno capire il passato e il presente. Il tutto, come sottotitolo di una sceneggiatura che privilegia l'azione e la spettacolarità, correndo verso un finale in cui ciascuno dovrà mettere in gioco tutto di se stesso per giungere alla vittoria.
Nel complesso non mi sento del tutto deluso dal film, che presenta vari elementi interessanti, soprattutto in termini estetici e visivi, ma al contempo avrei preferito maggior cura e attenzione sia a dettagli che ai personaggi (vedasi il flashback su Hester e lo Shrike, è stato efficace e chiarificatore). Ad ogni modo vedremo se è realmente finita qui o se questo Macchine Mortali rappresenta solo l'apripista per nuove produzioni. Per quanto mi riguarda, mi ha invece fatto venir in mente che non ho più proseguito con la lettura della saga steampunk di Scott Westerfeld, che magari potrei riprendere dopo aver concluso l'ennesimo tomo di George R. R. Martin.
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